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Approfondimenti: Perchè brucia la torcia del Petrolchimico di Brindisi



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Approfondimenti » 05/09/2004

Perchè brucia la torcia del Petrolchimico di Brindisi

Il petrolchimico convive con la città di Brindisi da diversi decenni, da più di quattro per l’esattezza, e le fiammate delle sue torce non sono nuove per le popolazioni locali. Le due più recenti – quelle che hanno fatto cronaca - si sono susseguite a distanza di un mese l’una dall’altra.
La prima nel luglio scorso in coincidenza di un “black out” della corrente elettrica che per diverse ore ha tenuto al buio l’intera città.
La seconda qualche giorno fa. La stampa locale ha riportato che l’azienda petrolchimica proprietaria dell’impianto di “cracking” ha informato l’Arpa, il Comune e la Provincia della sua fermata programmata dal momento che sarebbe stato necessario bruciare in torcia il combustibile residuo sino al suo consumo totale. L’impianto adibito alla produzione di etilene, una molecola base per la realizzazione di numerose plastiche, verrà infatti fermato per tre mesi a dieci anni dalla sua riattivazione. Come si ricorderà un impianto analogo era esploso nella tragica notte del dicembre 1977 in cui persero la vita tre operai.
L’informativa questa volta è stata data perché la torcia ha bruciato con intensità eccezionale ma tutti constatano che la torcia brucia quasi continuamente ad intensità variabile.
E’ lecito allora porsi qualche domanda. L’Arpa ha mai misurato l’emissione della torcia nelle diverse condizioni del ciclo? Il Comune e la Provincia ritengono necessario verificare l’esistenza di autonome misurazioni da parte degli organi di controllo pubblico? Esistono altri sistemi per impedire che gli eccessi di combustibile vadano bruciati in torcia soprattutto quando le situazioni in cui ciò è richiesto non sono accidentali ma vengono programmate? Che cosa si produce in aria quando la torcia brucia più o meno intensamente? La combustione può essere ridotta al minimo?
Si potrebbe infatti ingenerare nei lettori di tali notizie la falsa convinzione che bruciando il combustibile in eccesso si realizzi la sua completa distruzione, una sorta di scomparsa nel nulla tanto rassicurante quanto falsa. Una convinzione che viene confutata dalla famosa e ormai popolare massima scientifica che “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”.
E’ necessario allora che queste domande trovino risposte convincenti e che ad esigerle siano il Sindaco di Brindisi ed il Presidente della Provincia che tanta sensibilità per la salute pubblica hanno dichiarato sin dai primi giorni del loro insediamento. Ma è anche il caso che queste risposte le esigano i Sindaci delle città limitrofe perché le emissioni raggiungono con i venti pure i loro territori.
Che la questione poi sia attinente con la salute pubblica e non solo con le attività di antincendio dentro e fuori il petrolchimico lo dicono gli eminenti ricercatori che all’inizio dell’anno in corso hanno pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica europea lo studio epidemiologico sulla mortalità per zone concentriche intorno all’area industriale. Questo studio, rilevando più decessi per tumore nei primi due chilometri intorno all’area, suggeriva di effettuare misurazioni degli idrocarburi in aria a livello del suolo, cioè dove vengono inalati da donne, uomini e bambini.
Né è necessario possedere chissà quali competenze tecniche e scientifiche o ricoprire particolari incarichi istituzionali per avvertire il cattivo odore che, quando spirano – come nei giorni passati - sulla nostra città venti orientali e meridionali, si avverte in quasi tutti i quartieri della città. Disgustosa e ricorrente esperienza fatta da tutti i brindisini che proprio in questa estate hanno dovuto subire nell’ultima domenica di luglio, una pioggia di ceneri la cui origine è rimasta imprecisata e nella prima domenica di agosto, un afflusso di fumi provenienti dall’incendio all’Alfa Edile.
E’ tempo che i rappresentanti istituzionali alzino la testa e recuperino dignità alla nostra collettività nel rapporto con le grandi aziende dell’area industriale attraverso la sollecitazione e la pretesa di controlli autonomi sulle emissioni e sugli impianti.
Diversamente anche la disponibilità a Brindisi di qualificate cure per i malati di tumore che proprio in queste settimane tutti, industriali compresi, giustamente reclamano potrebbe in un prossimo futuro rivelarsi un “pannicello caldo” se non si affrontano contestualmente le vere cause del cancro e se non si assumono le decisioni politiche in grado di contrastare efficacemente le condizioni ambientali in cui questo male affonda le sue radici.

Maurizio Portaluri


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