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Arte: Massimo Guastella: un giudizio su Tot



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Arte » 30/10/2002

Massimo Guastella: un giudizio su Tot

I giudizi sull'arte visiva contemporanea sono soggetti alla conoscenza delle opere e degli autori e non di meno alle frequentazioni con le esperienze stilistiche più disparate dal figurativo, all'astratto, al concettuale e così via.
Più d'altro possono contare le inclinazioni del gusto, che si dice non è disputabile.
Pur tuttavia l'importanza dell'arte contemporanea e il rispetto e la valorizzazione che le sue testimonianze meritano -al pari dell'archeologia e dell'arte del passato- appartengono a questioni di metodo nell'approccio e di sensibilità culturale, piuttosto che di gradimento soggettivo; specialmente quando le opere d'arte sono di proprietà collettiva e non privata; in altre parole sono patrimonio comune della città e non degli amministratori che si avvicendano, il cui gusto attiene la sfera privata. Tant'é, per dirla con Jean Luc Daval, che "una città contemporanea scopre il prestigio culturale che un investimento artistico può valere per lei".
Così va interpretata correttamente la tutela del valore culturale del bassorilievo delle "maschere" di Amerigo Tot.
Superando finanche il giudizio estetico individuale sull'opera dello scultore di Fehervarcsurgo, in Ungheria; innanzitutto, perché, non dimentichiamolo, quell'opera fu eseguita da un artista di sicuro spessore, che, essendo nato nel 1909, è da considerarsi già appartenente alla Storia dell'Arte.
Intendo rendere noto ai lettori, meno informati o disinteressati alle vicende dell'arte del Novecento, che Amerigo Tot si era formato agli inizi degli anni Trenta alla Bauhaus di Dessau, dove fu allievo di Moholy -Nagy e Paul Klee, mica due maestri di niente! Che aveva sentito i suoi ideali straziati dai fatti d'Ungheria del 1956, ossia da vicende storiche d'Europa. E che la sua fortuna critica si deve, fra gli altri, agli scritti di Carlo Levi, Antonello Trombadori, Alberto Moravia, Giancarlo Vigorelli o vogliamo discutere il calibro di tali firme all'interno del panorama culturale italiano?.
Se non si è artisti di riconosciuto rilievo non si viene invitati alla Biennale di Venezia come è accaduto a Tot nel 1962 -con presentazione di Lionello Venturi- o alla Quadriennale di Roma, del 1971, e tanto meno ti commissionano il Martello e la Cazzuola usati da Sua Santità Papa Paolo VI in occasione, rispettivamente, dell'apertura e della chiusura dell'Anno Santo 1975.
Ci piacciano o no a livello personale, il bassorilievo di Tot e il teatro comunale, ideati e progettati da Enrico Nespega, in un tutt'uno -secondo la legge italiana n. 717 del 29 luglio 1949- valgono quale serrato, inscindibile dialogo tra segni dell'architettura e dell'arte contemporanea; e sottolineo che dal 7 marzo 2002 l'archivio dei progetti dell'architetto Nespega , ivi compreso il teatro brindisino, è stato dichiarato, dalla Soprintendenza Archivistica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di notevole interesse storico.
Non credo di essere lontano dal vero se considero teatro e bassorilievo un'unica ricchezza culturale di cui la comunità, tutta, senza esclusioni, non può che essere orgogliosa.
Difenderne l'autenticità e conservarne l'originalità progettuale sono azioni che afferiscono la sfera etica, molto più di quella estetica!
Non è la verniciatura improvvida, e non senza responsabilità gerarchiche, a rappresentare un vero guaio. Il danno è stato accanirsi in una pulitura riparatrice e senza competenza.
Danno grave perché è da irresponsabili tanto non rispettare il manufatto, quanto non riconoscere il valore culturale d'opera d'arte inserita ab origine nell'architettura. Ciò ha messo a rischio la credibilità degli amministratori costretti a soccorrere a oltranza l'indifendibile, nel mentre si avvicina la data d'inaugurazione del teatro, un impegno che è più d'una promessa poiché l'evento è atteso e agognato da tutti i cittadini. Hanno affermato pubblicamente che non era successo nulla o cose di poco conto e che non v'era stato nessun danno; e "i graffi", di cui chiedeva una giornalista, sono stati tramutati in invenzione di esperti.
Visionari caduti in errore? No.
È invece possibile mostrare a chiunque frammenti della superficie staccatisi dal bassorilievo, una vistosa lacuna e delle fuorvianti chiazze più scure. Ma a chi giova ricercare il plauso di cento per poi non accettare le critiche di uno? Invito i lettori, e non solo quelli brindisini, ad andare a vedere le "maschere" e costatare di persona l'"innato senso del ritmo" e il "controllo tecnico della forma", propri della produzione di Amerigo Tot e del bassorilievo da lui destinato - poco prima della sua morte avvenuta nel 1984- al nespeghiano Teatro Comunale di Brindisi. Con l'occasione potrete serenamente e autonomamente riflettere se quella, che è sicuramente un'opera d'arte contemporanea, vi piace oppure no.

Massimo Guastella


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