Approfondimenti » 23/12/2004
Liberazione: "Il rigasificatore, "bomba" su Brindisi "
Il rigasificatore, "bomba" su Brindisi
La società che vuole installare l'impianto è la British Gas sponsorizzata da Blair Brindisi nostro servizio
Brindisi è una città di passaggio: ci si imbarca per la Grecia, per la Turchia, per l'Albania. Puoi partire per le vacanze o per andare a investire dove ti costa meno.
Una città di passaggio dove ci arrivano, se non muoiono prima, i profughi sulle carrette del mare, i quali subito vanno via, nei Cpt o rispediti a casa, oppure qualcuno, raramente, riesce a filtrare dalle maglie e ripartire per altre destinazioni, l'Europa.
Brindisi è la città dove solo le industrie rimangono salde come cariatidi, i profili delle ciminiere a ricordare un destino che sembra immutabile: le centrali elettriche, il petrolchimico. E i morti, tanti, a causa dell'amianto e del cloruro di vinile. L'area industriale del capoluogo pugliese fu inserita tra quelle ad alto rischio di crisi ambientale nel 1986 e andava non solo bonificata ma anche preservata da altri insediamenti pericolosi.
Proprio lì si vuole costruire un rigassificatore. L'impianto serve a trasformare il gas naturale liquido in forma gassosa, rientra nella nuova politica energetica per l'utilizzo di fonti alternative non inquinanti e serve a diversificare i mercati di approvvigionamento. Una esigenza che non va trascurata, certo, ma il grosso problema con questo tipo di insediamento industriale è, appunto, la localizzazione. Un rigassificatore non produce emissioni inquinanti però è ad alto rischio di incidente rilevante e dunque non può essere concepito in una zona che ha già insediamenti di questo tipo.
Quello progettato per Brindisi, a Capo Bianco, prevede la movimentazione di 8 miliardi di metri cubi di metano con l'affluenza di circa 110 navi gasiere l'anno che arrivano a una stazza di 140 tonnellate. Quando in un porto arriva una nave di questo tipo, con questo carico, non vi può essere altro movimento per questioni di sicurezza e di logistica. Non solo, il terminale sarebbe a ridosso della città e nello spazio operativo dell'aereoporto.
In Italia esiste un solo impianto di rigassificazione, in Liguria; a Monfalcone, nel 1996, un referendum popolare si espresse contro, con il 62% dei "no". Al momento sono al vaglio del Ministero delle Attività produttive diversi progetti: gli interessi economici sono enormi, anche perché il ministro Marzano ha inteso favorire ulteriormente chi investe in questo settore, visto che per 20 anni avrà l'uso esclusivo dell'80% della capacità realizzata. E il via libera viene dato entro 180 giorni dalla presentazione delle domande.
Cosa c'entra Tony Blair in tutto questo? E' semplice: la società che ha proposto il progetto è la British Gas International Holdings. Nel Giugno 2001 è stata costituita la Bg Brindisi Lng SpA, con il 50% di quote azionarie rilevato dall'Enel Trade SpA e Blair ha scritto ben due volte a Berlusconi: "Caro Silvio, mi raccomando il rigassificatore".
L'iter della pratica ha avuto un percorso tanto rapido quanto segreto. L'ex sindaco di Brindisi Giovanni Antonino (indagato e arrestato nell'ottobre 2003 per concussione, corruzione e truffa), l'ex presidente della Provincia Frugis e l'Assessore regionale alle Attività produttive Saccomanno parteciparono a una Conferenza dei servizi che si concluse, nel gennaio 2003, con l'emanazione di un decreto interministeriale di approvazione del progetto. Il Consiglio comunale e i Consigli provinciale e regionale non furono interpellati; il consenso fu dato senza mandato, rispetto a quella che era solo una proposta e non ancora un progetto.
Ma non basta. L'attività di caratterizzazione, necessaria per la bonifica dell'area su cui deve sorgere il terminale, è stata condotta dalla stessa British Gas e la procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) è stata fatta senza contestualizzare l'impianto. Vale a dire che non si è tenuto conto dell'insistente realtà industriale e del traffico presente e futuro nel porto di Brindisi.
Sempre nella procedura di Valutazione di impatto ambientale mancano il pontile e le colmate, poiché la British Gas afferma che erano già previste dal Piano Regolatore Portuale del 1975. Ma proprio l'età del piano regolatore rende la giustificazione banale quanto pericolosa: la normativa sulla Via è successiva di un bel po' di anni e dunque si può affermare, secondo giurisprudenza, che vada comunque applicata. Certo è che l'autorizzazione esiste e che si parla di una piena operatività nel 2007. E' evidente che interessi superiori a quelli dello sviluppo sostenibile, della salute e della tutela dell'ambiente, hanno informato tutta la vicenda brindisina.
Con l'arroganza delle politiche liberiste - che non sono solo di centrodestra, visto che il decreto sulla liberalizzazione del mercato elettrico, per esempio, appartiene al governo D'Alema - si calpesta il diritto dei cittadini di scegliere il modello di sviluppo più congeniale e conforme a una rinnovata coscienza della tutela della salute e dell'ambiente.
Si crede di poter fare impunemente i propri interessi con il ricatto occupazionale, e si infierisce sul Sud per la fame di lavoro che ha un volto antico. Ma il Sud ha una voce nuova, è quella dei lavoratori della Sata di Melfi, quella dei cittadini di Terlizzi, derubati dell'Ospedale dal Piano di Riordino Sanitario di Fitto, quella di Scanzano e della Lucania tutta contro le scorie nucleari.
E il Sud ha la voce, per ora civile e sommessa, dei cittadini di Brindisi contro il rigassificatore. Una voce raccolta dal presidente della Provincia Michele Errico e dal sindaco di Forza Italia Domenico Mennitti. Forse Berlusconi, telefonando al neo eletto primo cittadino, lo salutava con un: "Domenico, mi raccomando il rigassificatore". Ma questo sindaco è d'altra pasta e d'altro rigore rispetto a chi l'ha preceduto; sembra che non senta più tanto spesso il premier e promette tutto quello che è in suo potere contro l'inizio dei lavori per l'impianto: il porto di Brindisi deve conservare una vocazione polifunzionale e non asservita all'industria.
Lo scorso 4 dicembre seimila persone sono scese in piazza in una manifestazione cui hanno aderito numerose associazioni ambientaliste, Confcommercio, Confconsumatori, alcuni movimenti politici come "A Sinistra di Brindisi", Medicina Democratica, i Cobas e molti altri. Uniti per dire no ad un modello di sviluppo imposto dai poteri forti. Contemporaneamente, un'altra manifestazione raccoglieva circa 200 persone: Cisl, Uil e i chimici della Cgil sfilavano a favore del rigassificatore, per difendere i posti di lavoro. Pare che un impianto di questo tipo ne produca non più di 40. La Cisl parla di oltre 500 posti a regime e molti di più in fase di costruzione. Basterebbe pensare alle bonifiche mai iniziate per sapere che il lavoro c'è ed è tanto.
La Brindisi Lng intanto, qualche giorno fa ha comunicato di aver esperito la procedura d'appalto e di aver affidato i lavori ad una associazione temporanea di imprese guidata dalla Tecnimont SpA. Come se non sapesse nulla delle proteste, come se non sapesse degli ordini del giorno votati in Consiglio provinciale e comunale contro i quali ha peraltro proposto ricorso al Tar.
Alla regione Puglia giace da mesi un ordine del giorno proposto dal centrosinistra più Rifondazione, che chiede al presidente Fitto il ritiro dell'assenso dato nella Conferenza dei servizi e la comunicazione della decisione al Governo, anche alla luce delle reiterate proteste dei cittadini e dei pronunciamenti dei Consigli provinciale e comunale. Sarà interessante sentire, quando e se si riuscirà a discuterne in Consiglio, come si esprimeranno le diverse forze politiche e lo stesso Raffaele Fitto. Ma sapendo quale tipo di sviluppo egli predilige non c'è da aspettarsi che una sua strenua difesa del progetto, in nome dei posti di lavoro e della presunta valorizzazione della Puglia che ne potrebbe conseguire. Chissà quante volte avrà sentito al telefono: "Raffaele, mi raccomando il rigassificatore…"
Cinzia Propato
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