Viaggi » 22/02/2005
5 - Dakar 2005: siamo già a Dakar?
SIAMO GIA’ A DAKAR?
Dopo un lungo calvario ero riuscito ad ottenere il visto per gli Stati Uniti, quando la conferma mi arriva per telefono. Si parte per la mitica Dakar, in una veste tutta speciale: interprete del piu’ famoso pilota rally cinese.
Dopo il primo mese di vita nella mia nuova residenza americana eccomi di rientro nel Bel Paese. Mi presento a Como come da copione in abito professionale, giacca e cravatta.
Daniele, il manager della Tecnosport che sara’ anche il guidatore del nissan patrol su cui viaggero’ per l’intero rally, mi accoglie con simpatia. Mette subito da parte i formalismi e nella mia mano le chiavi di un fiammante Nissan X-trail. “Devi andare a Malpensa a prendere il pilota LU, il manager Nissan Cina, ed il manager Nissan Giappone.
Si aprono le porte ed ecco comparire un gruppetto di orientali con le giacche rosse piene di pubblicita’. LU e’ quello piu’ alto e non e’ giovane come immaginavo ( scopriro in seguito che ha 47 anni) ,non parla una parola di inglese ed e’ alla sua seconda Dakar.
Passiamo cosi’ un lungo periodo a Como nel quale tento di creare le basi per una comunicazione tra Lui ed il co-pilota Alessandro Pio , uno che invece di Dakar ne ha fatte 15. Usiamo l’inglese per facilita’ rispetto all’italiano. Left, right, slow, fast, dune.....diventano una litania quotidiana.
Como e’ una bella citta’, ma noiosa come poche. La ricerca di qualcosa da fare per il Natale finisce ancor prima di cominciare. Fortunatamente abbiamo 3 giorni pieni a Barcellona dove possiamo fare i turisti, prima della partenza.
Il team tecnosport quest’anno aveva 5 macchine. Il Nissan Patrol di Lu; il Nissan Pathfinder di Andrei Ivanov, il re del caviale russo, che si diverte a distruggere le macchine ad ogni competizione; Il Nissan Pathfinder di Christian Lavielle che era riuscito addirittura ad ottenere la sponsorizzazione del canale televisivo Antenne 2 /3 e che come contropartita viaggiava con tre mini telecamere a bordo ed un co-pilota giornalista, in un continuo dakar realityshow; Il Nissan Terrano di Salinero, un tenente colonnello dell’esercito spagnolo che come sponsor aveva lo stesso esercito spagnolo : soldados.com; il Nissan Pathfinder di Blasquez un pilota professionista spagnolo che dopo un grave incidente qualche anno fa sta risalendo la china ed al suo fianco il direttore del giornale di automobilismo piu’ famoso di Spagna. Insomma: un cinese, un russo, un francese e due spagnoli....le premesse erano quelle di una barzelletta!
Dopo la kermesse spagnola, con tante strette di mano, incoraggiamenti, autografi, fotografie, passiamo lo stretto e ci ritroviamo in Africa.
Si capisce subito che le condizioni di esistenza e resistenza sarebbero state dure. Siamo infatti accampati tutte le notti nei bivacchi approntati per l’occasione nei pressi degli aeroporti, continuamente sorvegliati dall’esercito per paura di attentati. Maciniamo una media di 900 km al giorno avvolti come un feto nei sedili da piloti e stretti dalle cinture di sicurezza.
Si dorme in tenda, si mangia sotto le tende, si fanno i bisogni e docce fredde all’aperto. Il vento che solleva un cumulo di sabbia complica tutte le operazioni. Montare e smontare la tenda diventa un’impresa che si svolge la sera e la mattina presto. Ed i pasti diventano qualcosa di indefinito coperto di sabbia. Ma si e’ tutti nella stessa situazione. Miliardari e professionisti. Finisci cosi per fare amicizia con i famosi come Edi Orioli, che ha vinto 4 Dakar in moto; cosi come capita di bere un caffe insieme a Clay Regazzoni che si muove nella sabbia nella sua sedia a rotelle.
Si capisce subito che i veri protagonisti della Dakar non sono i piloti ma i meccanici. Questi ragazzi viaggiano durante il giorno dormendo qualche ora con la testa penzoloni che rimbalza ad ogni buca, ad ogni sasso e lavorano di notte. Sono in grado di riconoscere un difetto meccanico dal solo rumore e sono capaci in poche ore di smontare e rimontare un’intera macchina.
Purtroppo diverse macchine del nostro team in un tratto nel deserto sono rimaste senza benzina, come d’altronde molte delle macchine in gara. Questo ha compromesso la loro posizione nella classifica generale, ma non l’arrivo a Dakar che e’gia un bel traguardo.
Arrivare a Dakar vuol dire essere in quel 40% di veicoli che completano la gara.
L’esperienza e’ stata estrema (cosi some viene orgogliosamente pubblicizzata dall’organizzazione d’altronde) ma per me e’ stata anche Unica..... e queste sono le foto!
Gabriele D'Errico
Dakar - Senegal
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