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Arte: "Figli di una Dea gitana" di Domenico Saponaro



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Arte » 15/04/2005

"Figli di una Dea gitana" di Domenico Saponaro

Da sessanta anni si ritrovano, in migliaia, a Saintes Marie de la mer il 24 maggio. E’ il giorno delle “due Marie del mare”, Maria di Giacobbe e Maria Salomè, ma è soprattutto la festa della loro “domestica” Santa Sara, portata in corteo nel ricordo del suo prodigioso attraversamento del Mediterraneo, dalla Palestina alla Camargue, servendosi soltanto del suo velo nero; lei è Sara–la-kali: Sara “la Nera” ma anche “la Tzigana”.
E in suo nome e nel suo ricordo, sulle rive del Mediterraneo francese si radunano ogni anno i tantissimi figli della santa gitana: gli zingari, i nomadi d’Europa che convergono verso un’unica meta per fermarsi a rivivere la magia di una leggenda e perpetuare un atto che ha dell’iniziatico.
Lorenzo Spagnolo si è immerso per un giorno in questa folla, si è lasciato accomunare nel rituale dei “Figli del vento” che si bagnano nel mare dove torna la loro Santa Nera, incedono in processione, danzano, celebrano - tra rito e mito – la congiunzione tra quelle acque e quelle rive.
Fotografo per passione, non per mestiere, egli ha condiviso emotivamente la festa dei gitani, mille anni fa allevatori di cavalli, originariamente respinti e costretti al nomadismo, poi divenuti danzatori, saltimbanchi, divinatori, questuanti.
Il reportage di Spagnolo ha colto quest’anima multiforme del popolo zingaro, e una bella personale allestita nella libreria–caffè Camera a Sud (Brindisi, largo Otranto), a cura di Emanuele Amoruso, ne rende il fascino e la sensualità.
L’energia espressiva del bianco e nero è l’elemento caratterizzante dei lavori in mostra; piani inclinati, controluce e penombre, tagli repentini e contrasti vengono declinati sapientemente in una sintassi emozionante e coinvolgente.
Lo sguardo a volte “strabico” di Lorenzo altera volutamente la visione, quasi a voler dare maggior valenza al realismo dell’istantanea e cogliere l’immediatezza e la fisicità della scena.
L’obiettivo dell’autore, quindi lo sguardo dello spettatore, indugia sugli occhi neri e profondi dei bambini, tanti, sugli sguardi delle donne, tante, sui ventagli e le danze, le fisarmoniche, i violini, i cavalli, il fuoco.
Sono i momenti, le persone, le cose che rendono seducente una festa unica: i simboli e i valori di una cultura misconosciuta, di un popolo che ben conosce – per aver a lungo subito – la persecuzione e la repulsione, di una gente che ha sempre più forte in sé – e porta con sé nel suo incessante girovagare - il senso della comunità.
I ventisei scatti di Lorenzo Spagnolo narrano splendidamente tutto questo.

Domenico Saponaro


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