Stelle e Strisce » 28/06/2005
Il Pericolo Giallo
“Fu Chengyu”, presidente della CNOOC (Compagnia petrolifera cinese), risponde quasi sbalordito alla levata di scudi che si è eretta dopo che la sua compagnia aveva fatto un’offerta per acquisire la UNOCAL (compagnia petrolifera statunitense).
“ Questo affare non mina la sicurezza nazionale degli Stati Uniti! Quotidianamente diverse compagnie americane acquisiscono compagnie cinesi: non credo che questo rappresenti nulla di diverso.”
Obiettivamente il discorso non fa una grinza, soprattutto quando a parlare così è un cinese che si è laureato in america.
Eppure i politici americani, in questi giorni, hanno messo in piedi una vera e propria campagna contro l’invasore asiatico. E’ stato detto che la compagnia cinese è controllata per il 70% dallo Stato e se riuscisse ad acquisire una compagnia americana, questo minerebbe la sicurezza nazionale statunitense.
Il problema ovviamente non è di carattere militare. I cinesi, con la loro offerta, di 18,5 miliardi di dollari hanno sorpassato l’offerta precedente della compagnia americana Chevron, che aveva offerto soltanto 16,3 miliardi. Ma non è soltanto neppure una questione di soldi. La compagnia cinese entrando nel gioco del puro capitalismo americano ha toccato degli interessi molto grandi che nessuno ha il coraggio di ammettere.
Quando una compagnia nazionale (di qualsiasi Paese) fa una acquisizione di questo genere, tutti, ma proprio tutti, sono già d’accordo sulle modalità, prima ancora che si riunisca il consiglio di amministrazione per accettare e quindi formalizzare l’acquisizione. Puo esserci il caso di una controfferta di un’altra compagnia nazionale. A quel punto però la guerra per il controllo piano piano rivela il suo aspetto puramente politico. Se l’offerta viene però da oltreoceano, come in questo caso, i piani vengono sconquassati ed i politici, che sono sempre al soldo di queste grandi realtà finanziare per sponsorizzare le loro campagne pubblicitarie elettorali, danno il peggio di se inventando scenari catastrofici, lontanissimi dalla realtà.
L’america repubblicana nel suo patriottismo “casereccio” e con i suoi toni da combattente in trincea, sembra inventare ogni giorno un nemico, non importa se vero o presunto tale.
Le compagnie americane possono sbarcare oltre oceano con vagoni pieni di dollari. Acquisire imprese straniere e costruire inutili cianfrusaglie a basso costo per il consumo americano. Lo fanno in Cina da anni, con il tacito assenso del governo cinese che non ha mai considerato questo un attentato alla difesa nazionale.
Le grandi compagnie americane si possono permettere di spostare le loro fabbriche in zone del mondo dove la forza lavoro costa un decimo in meno, non importa se questo creerà squilibri nel proprio Paese o se si svilupperanno tecnologie che magari potrebbero veramente ritorcersi contro in un possibile scenario futuro.
Su questo punto nessun politico americano ha da obiettare alcunchè.
La Cina è da sempre l’amico-nemico degli Stati Uniti. Da quando Nixon colse l’opportunità offertagli da una Cina marginalizzata e reclusa di contrastare il blocco comunista dal suo interno, la Cina è stata considerata a tratti patner commerciale d’eccellenza e nemico pubblico numero uno. Sarebbe meglio dire che quando gli Stati Uniti non hanno un vero nemico con cui prendersela e quindi sovvezionare l’industria degli armamenti, ecco che compare la Cina. Basta vedere sui giornali l’antagonismo dei politici americani nei confronti del Paese di Mezzo, prima che il terrorismo islamico non irrompesse sulla scena strappando la posizione sul podio.
Il bombardamento dell’ ambasciata cinese a Belgrado, la sfida nello stretto di Taiwan, l’abbattimento di un aereo spia statunitense, le parole di astio tra i due governi.
Eppure un giornalista fece notare che se è vero che la Cina non può essere considerata un alleato per la sicurezza americana, perchè dagli anni 80’ un’industria americana produce i suoi satelliti spia sul territorio cinese, regalando una tecnologia superiore al nemico?
Il presidente di quella azienda americana rispose candidamente: “ perchè in Cina il lavoro costa meno!”
Gabriele D'Errico
Denver - Usa
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