Isola di G. Sciarra » 30/07/2005
Monsignore, Ferrarese e Giannini
• Il vicario urbano Don Adriano Miglietta, in un messaggio reso pubblico prima della manifestazione di lunedì 25 luglio scorso, affermava: “la volontà di essere vicini alla nostra città anche in questo momento e come Chiesa brindisina ribadiamo che si fa carità anche quando si educa e si spinge all’interesse per la giustizia, per la pace, per la salvaguardia del creato, alla partecipazione, alla cittadinanza attiva e al senso civile.
Vogliamo sottolineare, infine, tre segni positivi che riteniamo valori fortemente educativi;
1) la capacità di lavorare insieme: amministrazioni locali assumono in maniera solidale la decisione sul futuro della città ricercando il bene comune;
2) la testimonianza della amministrazioni di voler mettere al primo posto gli interessi dei cittadini privilegiando il bene primario della salute, lo sviluppo legato alle potenzialità del territorio, il lavoro;
3) la partecipazione che ha coinvolto un numero crescente di cittadini, associazioni, sindacati, forze politiche in un dibattito aperto e rispettoso.
Si auspicano quindi intese e soluzioni con le autonomie locali portatrici di serenità e speranza sul futuro”.
Penso che l’ultimo punto espresso dal vicario non si possa esplicitare con il “suggerimento” del vescovo di Brindisi Rocco Talucci quando si auspica che l’investimento riesca a trovare una qualche “sistemazione” del nuovo scenario cittadino che si vuole progettare. Un suggerimento inopportuno che prefigura la capitolazione di quel segno positivo che il vicario intravede nella vasta partecipazione di cittadini, associazioni, sindacati, forze politiche in un dibattito aperto e rispettoso.
Un dibattito che esprime concetti senza sottintesi, ma che qualcuno tarda a recepire.
Trovo che la sintonia tra il vescovo e l’imprenditore Massimo Ferrarese stia vivendo un momento di sublimazione.
Il sindaco Domenico Mennitti, chiede legittimamente chiarezza al vescovo che, a mio avviso, nel tempo e nei fatti l’ha già fornita da tempo.
Proprio così, ad un attento osservatore delle vicende brindisine il nostro vescovo non pare abbia, nel concreto, manifestato grandi simpatie per i movimenti che reclamavano maggiore rispetto dell’ambiente e quindi dell’uomo, che protestavano contro gl’impianti ritenuti pericolosi e peggiorativi di una situazione già grave. Nonostante varie richieste, di costoro, per un incontro, questo non c’è mai stato, né, d’altronde, si è mai dimostrato interesse verso tali ragioni.
Per altro non si può dire che si sia tenuto analogo atteggiamento con la parte opposta, diciamolo pure, con il potere, evidentemente si è convinti che è possibile debellare l’occupazione con un certo tipo di politica e con quel genere d’investimenti non graditi alla popolazione.
Purtroppo però tale convinzione è contraddetta dalla storia di questa città, che sta invece dimostrando di non voler essere più trattata come un paesino di poco conto dove il curato, il farmacista e il possidente s’incontrano al bar e decidono, bontà loro, delle sorti di tutti.
Sono un credente se pur non praticante ma, come tutti, nei momenti di difficoltà trovo riparo nella fede, ma sono anche un laico, e pragmaticamente considero più importante la sostanza della forma. In altre parole tengo più in considerazione i comportamenti dell’uomo e le sue idee, la capacità di rapportarsi con il prossimo, non l’abito che indossa.
Mi spiace dirlo, ma il nostro arcivescovo pare più propenso al dialogo con i lupi che attaccano il suo gregge. E questo non va bene.
• Il Presidente dell’Assindustria locale, com’è ormai noto, da qualche tempo ha cambiato strategia è passato da una posizione gridata a tutti i venti ad una soft, più di basso profilo.
Ha preferito ritagliarsi il ruolo di regista - evidentemente a lui più congeniale - per stare dietro le quinte e tirare le fila, un sorta di Richelieu nostrano.
E’ onnipresente, dall’incontro dei sindacati col ministro Scajola a quello promosso dalla LNG con alcune aziende per la cosiddetta catena del freddo. Quando rilascia interviste, sempre dai tempi molto generosi, è molto attento alla giusta comunicazione, assume atteggiamenti rassicuranti, abilmente tende quasi a passare come la vittima di un sistema che mette sempre i bastoni fra le ruote.
Dopo aver deciso di non parlare più (in pubblico) di rigassificatore ora coglie al volo, in maniera eccessivamente tempestiva (sembrava quasi ne fosse a conoscenza in anticipo), il messaggio dell’arcivescovo. Si dichiara pronto alla mediazione, intravedendo (lui) la possibilità di trattative, ventilando l’eventualità dello spostamento in altro sito del rigassificatore.
A tal proposito è opportuno sottolineare alcune cose.
Innanzi tutto la società inglese ha sempre dichiarato con fermezza che non intende spostare il sito dell’impianto. Una posizione ferma, come lo è quella degli oppositori. Se Ferrarese si dichiara disponibile a mediare, dovrebbe opportunamente chiarire da chi ha avuto il mandato per tale missione, dalla British Gas? Se è così, gli inglesi farebbero bene - per essere credibili - a parlare in prima persona. Dopo aver, ben inteso, abbandonato ogni velleità sin qui espressa, come si potrebbe discutere con una spada di Damocle di quel genere!
Però, quasi un anno fa, lo stesso Ferrarese, riteneva a differenza d’adesso, l’ipotesi di uno spostamento priva di senso, poiché – sosteneva - che il rigassificatore se è pericoloso da una parte lo è anche da un'altra, non so se è incoerenza o cambio di strategia.
Era il periodo in cui affermava la necessità di affidare il quesito della pericolosità o meno dell’impianto a dei bei professoroni pagati profumatamente. Guarda caso qualche tempo fa la LNG ci ha fatto sapere di aver affidato al Politecnico di Torino e all’Università di Lecce l’incarico di far fregiare l’impianto della certificazione Emas.
Per questo e altro la mediazione di Ferrarese “puzza” lontano un miglio di fregatura, e poi in genere chi media è un super partes. Massimo Ferrarese non credo proprio che lo sia.
Questa città, al punto in cui è giunta, non ha bisogno di compromessi o mediazioni ma di decidere da che parte andare.
• Come ultimo argomento, non per importanza poiché è organico a tutti i discorsi di sviluppo e di progettazione future, parliamo di Luigi Giannini del presidente dell’Autorità Portuale brindisina, responsabile insieme ai suoi collaboratori di tristi vicende portuali.
Non so in base a quale criterio di valutazione a Giannini siano concessi ulteriori e prestigiosi incarichi (CNEL).
Se il criterio è quello della meritocrazia, considerati i risultati del porto Brindisino, allora è tutto definitivamente chiaro, anche per chi avesse gli ultimi dubbi: la sua missione era quella di completare l’opera di Mascolo e Ravedati, affossare il nostro porto.
Personalmente ho sempre sostenuto che prima toglie il disturbo e meglio è per noi, ovviamente, però, è bene che non vada via da solo.
E’ riuscito dove solo la vicenda rigassificatore è stata capace di fare altrettanto, mettere tutti d’accordo - con l’aggiunta del sen. Eupreprio Curto - a dargli il ben servito.
Il sindaco Domenico Mennitti e il presidente della Provincia Michele Errico, quali componenti del comitato portuale farebbero bene a sfiduciarlo senza indugi.
Questo sfacelo dura purtroppo da dieci anni, da quando è in vigore la legge che disciplina le Autorità Portuali. Periodo tragico e lungo, che ci ha visti intraprendere una discesa ripida e inesorabile sino a toccare il fondo, mentre altri porti (Bari e Taranto, per esempio) compivano considerevoli passi in avanti.
Spero almeno che queste lunghe esperienze negative, stavolta, servano di lezione ai nostri politici. Non è più consentito sbagliare, il prossimo presidente dell’Autorità portuale dovrà garantire un serio interesse per la rinascita di questo porto, oltre ad avere serie e collaudate capacità per farlo. Che questa volta non si applichino le autolesionistiche logiche clientelari. Nella ferma speranza che non sia di Bari. Se ci dobbiamo fare male, facciamocelo da noi.
Il porto deve essere quanto mai in simbiosi con quello che la città vuol intraprendere, il porto è innanzi tutto della città specie a Brindisi. Se il porto non funziona ma genera disservizi è tutta la città a perdere la faccia, a sputtanarsi globalmente.
Giorgio Sciarra
|