Brindisi vista da... » 20/08/2005
Risposta a Marco Ingrosso. Di Luigi Gianfreda
Ho avuto modo di leggere la lettera aperta del Signor Marco INGROSSO e, anche se questi si rivolge al primo cittadino della nostra città, che credo avrà modo di rispondere, sento la necessità di intervenire in questo dibattito.
Caro Signor Ingrosso, vorrei innanzitutto ricordarLe che questa città purtroppo non ha mai avuto una classe dirigente di spessore; quando parlo di classe dirigente, evidentemente, non mi rivolgo alla sola classe politica, ma anche alla classe imprenditoriale, sindacale, manageriale, professionale. I risultati di questo assunto sono sotto gli occhi di tutti.
La situazione sociale, economica e politica che viviamo oggigiorno è la conseguenza di scelte scellerate operate nel passato, scientemente sostenute proprio da quelle classi dirigenti che avrebbero dovuto opporsi, per non indurre la nostra città nel vicolo cieco in cui si è cacciata.
Ciò è anche avvenuto per il fatto che essi stessi (politici, imprenditori, professionisti, sindacalisti), attraverso cordate e lobby, avevano ed hanno interessi personali e diretti nella gestione della “new economy” brindisina (spiegherò meglio cosa si intende per new economy, più avanti). Anzi, senza che qualcuno possa smentirmi, oserei dire che, di fatto, non esiste una reale classe imprenditoriale, sindacale e politica, ma bensì queste hanno rappresentato le cinghie di trasmissione di un sistema produttivo ed economico imposto dall’alto.
Tutti al servizio di questo sistema economico e di questi grandi interessi. Un gruppo di amici, che si sono suddivisi i compiti: tu siedi sugli scranni del consiglio comunale od occupi qualche poltrona in giunta, tu farai l’imprenditore e vinceremo insieme gli appalti, tu ti occuperai della “concertazione” sindacale che farai sempre con noi altri.
E’ inutile fare dei nomi, ma dall’era CAIATI in poi la situazione che cerco di illustrare è stata proprio questa (la prego di verificare chi erano ad esempio i costruttori che hanno sfregiato la nostra città, chi i sindacalisti maggiormente rappresentativi al petrolchimico, chi gli imprenditori che rappresentavano l’indotto del nostro sistema industriale. Chi sono oggi!).
Come è evidente da queste affermazioni, non vi è mai stata una vera dialettica tra le parti sociali. Questo ha influito anche sulla capacità di analisi dei lavoratori, ossia sulla consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri, quindi abbiamo una cultura operaia subalterna alle logiche di potere delle lobby, anche perché in perenne ricatto occupazionale.
Allora, in tutti questi anni, abbiamo assistito al perpetuarsi di scelte scellerate. La stessa conformazione urbanistica della nostra città è la conseguenza di quelle scelte. Abbiamo una città di mare che si estende verso l’interno, anziché, come sarebbe stato naturale, verso la costa. Questo perché a levante hanno costruito una immensa area industriale, le cui dimensioni sono spropositate rispetto alle attività esistenti, impedendo uno sviluppo legato alle peculiarità del nostro territorio. Sarebbe interessante per tutti noi conoscere i nomi dei proprietari dei terreni su cui sorse la zona industriale, come anche sarebbe utile conoscere i nomi dei proprietari dei terreni del quartiere bozzano; quartiere, si narra, che nacque per una mediazione politica.
Con la crisi della chimica, si pensò bene di costruire la centrale termoelettrica di cerano; naturalmente tutti d’accordo con questa decisione; tranne, ovviamente, una minoranza di forze ambientaliste, dell’allora Nuova Sinistra e di dissidenti del PCI.
Delle scelte che oggi paghiamo a caro prezzo, atteso che questo modello si sviluppo non ha risolto i problemi occupazionali ed ha prodotto danni ambientali ingenti.
Ripeto tutti d’accordo. Come sono stati tutti d’accordo nell’eludere il rispetto della convenzione stipulata con Enel nel 1996. Quella convenzione prevedeva la chiusura della Centrale di Brindisi Nord e disponeva che l’utilizzo di carbone nel polo produttivo di Brindisi non dovesse superare i due milioni di tonnellate. Bene, oggi si movimentano e si utilizzano nelle nostri centrali circa 8 milioni di tonnellate di carbone.
Quindi un porto che da polifunzionale è diventato un porto carbonifero. Tutto questo a discapito del trasporto passeggeri da e per la vicina Grecia, come Lei ricordava.
A questo siamo giunti nel silenzio assordante di tutte le forze politiche (ad eccezione di Rifondazione Comunista), attraverso una serie di atti amministrativi decisi nel chiuso di una stanza e deliberati dal Consiglio Comunale di Brindisi (mi riferisco alla proroga, concessa ad Enel in modo unilaterale dal Consiglio Comunale di Brindisi nei primi mesi del 2001, che prevedeva l’utilizzo di carbone per ulteriori sei mesi – provvedimento che ottenne un solo voto contrario, quello di Rifondazione Comunista!). Poi, si presentò all’ordine del giorno l’impianto di Rigassificazione. Anche in questo caso, gli unici a far emergere la questione fummo proprio noi di Rifondazione Comunista. Tanto è vero che uscimmo dalla maggioranza di centrosinistra dopo pochi giorni. Non volevamo e non vogliamo quell’impianto perché significa ripercorrere il solito modello di sviluppo che ha prodotto solo danni e miseria.
Il Rigassificatore e il carbone è l’associazione che sta distruggendo il nostro porto, vera fonte di ricchezza della nostra economia.
La verità vera, Signor INGROSSO, è che molte delle forze politiche che oggi marciano contro il rigassificatore, erano forze di governo nella giunta Antonino (sia di destra che di centro-sinistra) e che non hanno avuto il coraggio (o la convenienza!) di abbandonare quella esperienza amministrativa. Pensi se tutte le forze del centro-sinistra storico avessero allora assunto la nostra stessa decisione.
La storia sarebbe stata differente. Fecero finta di sottoscrivere un documento con il quale si affermava che il rigassificatore andava fatto off-shore, senza battere ciglio quando la coppia Antonino – Frugis, sottoscriveva il verbale della conferenza di servizi tenutasi solo qualche settimana dopo.
Ma veniamo alla “New Economy brindisina” (utilizzo il termine inglese, non a caso). La situazione che Lei descrive a proposito dell’aeroporto e del porto di Brindisi, facendo riferimento anche a quelli baresi, è la conseguenza di un preciso disegno del governo Berlusconi e dell’allora governo regionale Fitto, ossia quella di costringere Brindisi a continuare a rappresentare il Polo energetico nazionale.
Tutto ciò per permettere anche a Bari di sostituirsi a Brindisi nella gestione del trasporto passeggero e turistico (non è una semplice coincidenza che i Presidenti della Autorità Portuale di Brindisi sono e siano stati baresi).
Lei stesso ricordava gli ingenti investimenti per infrastrutture (porto ed aeroporto) che si sono utilizzati per permettere questa ristrutturazione economica della Città di Bari.. Fino a qualche anno fa, infatti, Bari non possedeva né un terminal portuale passeggeri, ed un aeroporto internazionale. I soliti noti brindisini (cordata politico-imprenditoriale-sindacale), in maniera trasversale rispetto agli schieramenti politici, hanno capito che gestire questa nuova fase e gestirla direttamente, avrebbe significato ingenti guadagni. In questa logica venivano inclusi anche i soliti imprenditori che in regime di monopolio gestiscono i servizi portuali. Chi osava ribellarsi a questo disegno, come avvenne per esempio per l’allora Presidente della Camera di Commercio, veniva “accontentato” facendogli gestire una fetta del trasporto del carbone.
Per il rigassificatore, solita storia: il grande business (i grandi appalti per la costruzione dell’impianto) opportunamente suddivisi tra i soliti protagonisti locali, consorziati tra di loro.
Una suddivisione della torta che teneva conto delle varie arie politiche di riferimento. Infatti, tra i sottoscrittori di questo consorzio troviamo il Presidente del CNA, il Presidente di Assindustria, etc...
Mi rendo conto che sto descrivendo una situazione di assoluta gravità, per certi versi sconfortante. In realtà lo è. E, a volte, mi creda, anche io stesso sono tentato di abbandonare il mio impegno politico, perché sconfortato da questa situazione. Ma l’impegno civile per la nostra città non devo segnare il passo e consentire a queste lobby di continuare ad arricchirsi mentre il nostro territorio muore.
Insomma, Lei mi chiederà, che fare?
Non credo alle bacchette magiche, ne alla idea che sole, mare, pizza e mandolino possano rappresentare l’unica forma di sviluppo. Ma so bene che per frenare questo degrado occorre cambiare decisamente rotta rispetto al modello di sviluppo. Cambiare modello di sviluppo, significherà, per le ragioni che Le ho sottoposto, far rinascere una nuova classe politica, sindacale ed imprenditoriale. Il nuovo modello di sviluppo per me vuol dire invertire rotta e richiedere una sorta di risarcimento danni al governo. Per intenderci, chiedere un finanziamento per il risanamento ambientale che produrrà lavoro e ricchezza per i prossimi dieci anni. Una sorta di piano marshall, un risarcimento dovuto ad un territorio in cui si è prodotto di tutto, martoriandolo (vedi quello che è avvenuto a Napoli o che avviene in grandi città europee, risanamento ambientale e riutilizzazione del territorio).
In questi dieci anni si può pensare alla trasformazione del tessuto produttivo: industria, certamente, ma anche sfruttando le potenzialità naturali ed incentivando le infrastrutture per consentire a Brindisi di riconquistare il proprio futuro. Condividerà con me, insomma, che in questi mesi stiamo decidendo del futuro della nostra comunità. Noi saremo gli artefici di un cambiamento positivo o di un definitivo collasso della nostra economia.
In questo devo dirLe che nutro qualche speranza. Per la prima volta a Brindisi, migliaia di concittadini sono scesi nelle strade per gridare la voglia di autodeterminazione. Questa situazione nuova può far accrescere la consapevolezza di una “rivoluzione culturale”.
Ci sono tutte le possibilità: per la prima volta, ad esempio, parte consistente del Sindacato, mi riferisco alla CGIL, svolge un ruolo fondamentale e importante. Rompe gli schemi classici che Le ho descritto.
Devo dirLe, anche se ho provato un senso di fastidio nel vedere sfilare insieme a tanti, che come me sono storicamente schierati per “un'altra città possibile”, anche coloro i quali fino a pochi mesi fa condividevano le ragioni della new economy brindisina. Tuttavia, ribadisco, che le ragioni di un cambiamento ci sono tutte. Finalmente, dopo anni di completa solitudine, il mio lessico politico (NUOVO MODELLO DI SVILUPPO – CAMBIARE ROTTA – NO AL CARBONE – NO AL RIGASSIFICATORE) diventa patrimonio della maggioranza di questa città.
Le assicuro che non è una magra consolazione: per anni ho pensato di essere divenuto una sorta di DON CHISCIOTTE. Ora capisco che la nostra azione politica, ha avuto un senso. Ma è necessario che le forze pulite della città, come anche tutte le intelligenze che vivono lontano da questa terra, possano divenire la nuova classe dirigente. Creando le condizioni per far ritornare i tanti e bravi professionisti che vivono all’estero o comunque lontani dalla nostra terra.
In questi giorni ho trascorso una breve vacanza a Stoccolma, dove ho incontrato un amico spagnolo il quale mi ha detto di non comprendere perchè gli italiani non “cuidan” le loro città (tutelano le città). Questo è profondamente vero e Lei che viva a Bruxelles, capirà cosa intendo. Città sporche, i cui servizi sono gestiti male, città decadenti. Infatti è la stessa sensazione che ho avuto, di ritorno da questo viaggio, rivedendo la nostra città. Ho visto una città decadente, sporca, confusa, disordinata, senza un anima. Una Città tendenzialmente bella, ma senza alcuna cura. E allora, oltre ai grandi schemi, dovremmo pensare alle piccole cose. Alla cura del decoro architettonico, per esempio. Ad una diversa mobilità urbana, ad una vera rivoluzione culturale da parte dei suoi abitanti. A pretendere che le opere pubbliche realizzate dalle amministrazioni locali siano di alto livello. Insomma, dovremmo pensare alla convocazione di una grande chiamata generale per ridisegnare la nostra città, con il contributo, dal basso, di tutte e di tutti.
Mi scuso se sono stato prolisso, ma la questione aveva bisogno di questo necessario approfondimento. Mi auguro che questo mio contributo possa indurre tutti ad una riflessione ed ad un eventuale pubblico dibattito.
Luigi GIANFREDA, capogruppo PRC – Comune di Brindisi
Links: Brindisi vista da... Marco Ingrosso
Risposta di Luigi Marco Ingrosso al presente intervento
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