Approfondimenti » 31/08/2005
Oncologia: Milano “raddoppia”, Brindisi non faccia “Autogol”, di M.Portaluri
In questa estate che sta per finire mi hanno colpito due notizie di stampa
riguardanti la sanità. La prima proveniva da Milano ed annunciava che
l'Istituto Europeo di Oncologia, fondato e diretto da Umberto Veronesi, sta
per “raddoppiare”, sta cioè per costruire un nuovo stabile delle stesse
dimensioni di quello originario. L'altra proveniva dalla più vicina Fasano
dove il Sindaco chiedeva l'istituzione nel locale ospedale del reparto di
Oncologia.
L'oncologia è una specialità complessa che vede riunite e interattive almeno
una quindicina di discipline, chirurgiche, mediche, diagnostiche per
immagini e di laboratorio.
Secondo stime pubblicate qualche mese fa il 40% dei ricoveri oncologici dei
brindisini avvengono fuori AUSL e di questi un terzo circa fuori regione. Se
si considera che la nostra AUSL perde ogni anno il 10% del suo budget, cioè
500 milioni, per le cure effettuate dai residenti al di fuori delle sue
strutture (la media regionale è del 6%) e di questa somma buona parte
riguarda le cure oncologiche, ben si comprende che il problema dovrebbe
vedere convergere una fattiva attenzione di amministratori, operatori,
rappresentanti istituzionali, dei lavoratori e degli imprenditori. Il
fenomeno della “migrazione sanitaria” oltre ad impoverire il nostro Servizio
Sanitario Regionale, pubblico e privato, rendendone difficile la crescita e
l'ammodernamento incide negativamente anche sul reddito delle nostre
famiglie. Si tratta quindi di un importante problema politico.
Prima delle elezioni furono avanzate varie proposte tra cui quella della
creazione di un istituto oncologico; qualche anno prima Albano Carrisi
annunciò un accordo con l'ospedale San Raffaele di Milano che andava nella
stessa direzione. Oggi, dopo tanti anni, ci ritroviamo a Brindisi ancora
senza la degenza di oncologia medica. Ma quello che vorrei rimarcare in
questo intervento è che la necessaria - e speriamo imminente - apertura del
reparto di oncologia medica nell'ospedale Perrino non risolverà se non
parzialmente il problema di cui trattiamo che riceverebbe un sostanziale
sollievo dalla realizzare di una strettissima interazione tra le diverse
specialità orientate alla cura del malato oncologico. Sarà altresì
necessario rendere più rapidamente fruibili le sale operatorie, le
diagnostiche e la radioterapia. Bisognerà costituire gruppi
interspecialistici per ciascun organo. Interazioni e disponibilità che
potrebbe avvalersi di collaudati sistemi di teleconsulto o di riferimento
elettronico già sperimentati o da sperimentare, tutti comunque finalizzati
alla presa in cura di un paziente spesso disorientato, spaventato e che
chiede solo di essere guidato con sicurezza dagli operatori a cui si è
rivolto. Ben vengano anche le interazioni con istituzioni di livello
internazionale (proposta Carrisi) o l'idea dell'Istituto Oncologico, ma
soprattutto si attivi una rete tra ciò che già esiste in campo oncologico
sia a livello provinciale che interprovinciale.
In questa operazione devono essere necessariamente coinvolti gli enti locali
i quali devono però superare le tentazioni campanilistiche. Se tutti
vorranno tutto a casa propria, continueremo a rimanere tutti solo con quello
che già abbiamo. I Sindaci dovrebbero comprendere che ciò che migliora il
livello di salute della popolazione in periferia è soprattutto una buona
rete di emergenza, una forte medicina di base e specialistica, un'efficiente
assistenza infermieristica e domiciliare mentre le “alte specialità”, tra le
quali la legge italiana annovera anche l'oncologia, devono essere
necessariamente centralizzate e ciò per ottimizzare le risorse, favorire la
ricerca e migliorare la formazione. Auspico anche un ruolo propulsivo dei
sindacati dei lavoratori e degli imprenditori a favore del rilancio del
servizio sanitario pubblico, a tutela del reddito e per l'ampliamente della
occupazione.
Se Milano “raddoppia”, evitiamo almeno che Brindisi faccia “autogol”!
Maurizio Portaluri
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