Brindisi vista da... » 15/09/2005
Gianmarco Landi
Cari brindisini, seguo da agosto il dibattito sin dal brillante intervento di Marco Ingrosso, e solo ora dopo una lunga e attenta riflessione, intervengo nell’auspicio di una minima considerazione da parte di Brundisium, ormai diventata un’istituzione della nostra città.
Tra i tanti interventi, pur nella legittima e naturale diversità di approccio culturale, mi sembra sia possibile individuare un unico comune denominatore:
Brindisi è in declino economico e allora dobbiamo fare qualcosa per far partire lo sviluppo!
Io penso che questo comune denominatore abbia in sé una visione delle cose sincera, ma profondamente sbagliata. Per questo, non me ne voglia Marco Sgura, ma in una dimensione pubblica non mi cimenterò per ricercare la ‘nuova via’ con la pia speranza di rimanere fuori dai circuiti politici tradizionali.
Non me ne voglia Gianfreda, ma non guarderò ai problemi della città con l’orgoglio di una visione della politica che definisce e racchiude ideologicamente tutto, anche se stessi, con l’epiteto secondo me oggi privo di senso, di marxista.
Non me ne voglia Gargasole, ma non affronterò il dibattito puntando il dito indice contro ogni brindisino chiamandolo peccatore sulla base del falso presupposto di essere tutti vittime dei cattivi pastori (classe dirigente) che ci hanno fatto smarrire la giusta via dell’ovile.
Ed in ultimo, pur amando Brindisi al pari di Aldo Leo e di tutti gli altri intervenuti, non muoverò un dito annunciando di farlo per l’amore della mia città natia innanzi tutto per almeno due serie di buoni ragioni.
Prima di spiegarvele, tengo a precisare che la mia 'uscita' non è una provocazione da Bastian contrario o la sbruffoneria di un brindisino ‘fuori’; la mia e solo un’opinione che come qualsiasi altra che si rende pubblica, presume di dare un contributo critico diverso e migliore rispetto a quello già dato da altri.
La prima, è la constatazione che questa smania ostentata di fare qualcosa di nuovo e di rivoluzionario per Brindisi, scaturisce all’ombra di una congiuntura cittadina impregnata di cattiva cultura assimilabile a quella della lotta di classe, che infatti, da una parte pretende di vedere il bene, cioè il popolo dei brindisini (classe operaia), sfruttati e umiliati dal potere che oggi vuole impiantare il rigassificatore (capitalismo), e dall’altra i cattivi (Berlusconi, Blair, i baresi e i potenti in genere) dal cui perverso giogo i giusti devono sottrarsi. L’altra, è più articolata e complessa, ma in poche parole posso sintetizzarla dicendo che intendo semplicemente rifuggire dal pericolo di sprofondare nella vacua retorica, come purtroppo ho visto alcuni precipitare, e visto anche che non vedo facoltosi miliardario malati di cancro in procinto di prodigarsi concretamente, spiegherò perché chi vuole una Brindisi migliore dovrebbe assumere un profilo come il mio.
Secondo me il vero problema che accentua il declino economico di Brindisi è principalmente questo: il convincimento che la città possa essere salvata da qualcosa o da qualcuno che, se sapremo essere bravi, buoni, ed impegnati civilmente, a noi potrà rivelarsi come una salvifica entità superiore!
Questa sorta di lagnosa attesa messianica del paradiso socioeconomico, nell’attualità quotidiana cittadina costituita da un non identificato modello di sviluppo, in realtà si sostanzia nella mera strumentalizzazione da parte di certa politica che così, per suoi fini elettorali, rafforza se stessa alimentando smanie collettiva.
Io capisco, conosco e comprendo i disagi e il malessere della mia città, ma il poter intraprendere tutti insieme una via politically correct al benessere economico diffuso, è un illusione poiché solo grandi e piccoli imprenditori possono generare un qualche sviluppo, e questi come è noto, non è che possano nascere dall’amore verso Brindisi o da un impegno civile di nuova concezione politica radical chic.
In tutta sincerità penso che questo atteggiamento pubblico, sia la nuova radice dei futuri malesseri brindisini, e quindi rinvigorirlo è grandemente sbagliato, sciocco, ma soprattutto dannoso per il presente e per il futuro.
A questa considerazione, aggiungo l’invito a diffidare dal dare credito a chi ci propina di voler perseguire l’accadimento di eventi risolutori per l’economia della città, di tipo rivoluzionario.
Brindisi e i brindisini hanno la condizione economica che hanno perché sono quello che sono, con tutti i loro difetti e con tutti i loro pregi.
Brindisi è il portato di un cammino di centinaia e centinaia di anni e nessuna nuova pretesa di nuova tipologia di ‘coscienza di classe’ spacciata sotto forma di impegno civile, è in grado di risolverne ancestrali e complesse problematiche.
Solo ad esempio, per considerare alcune specificità brindisini estranee a realtà economicamente più sviluppate, vi invito ad osservare criticamente cosa accade ogni giovedì mattina a Sant’Elia, quando al mercato tutte le nostre mamme si recano armate della ‘furba’ (e brindisina) convinzione di poter fare piccoli affari. Questa peculiarità della vita cittadina, per quanto ad alcuni strano possa sembrare, è una lontana eredità delle dominazioni saracene di svariati secoli fa, e anche se oggi è assolutamente certo che il mercato del giovedì danneggia materialmente l’economia brindisina (i mercatari sono prevalentemente di Bari, Taranto e Lecce) , nessuno si sognerebbe di prendere la nuova via e sradicare ciò che c’è da tempi immemori.
Ed infatti, si potrebbe abolire o colpire, magari aggredendo con fiscalità creativa di livello comunale, il mercato del giovedì senza l’assoluta certezza di fare una cosa contraria al buon senso??? Oppure, secondo voi si potrebbe lanciare un appello in modo che una mamma brindisina che ha la convenienza a comprare le scarpe da uno mercante di Cutrofiano, possa desistere e così, animata solo da impegno civile, soddisfare il suo bisogno in un negozio del Centro ??? Chiaramente no. Scendendo più affondo nell’humus culturale cittadino, tutti sappiamo che negli anni 60 la DC riscosse successo imperversando con pratiche di statalismo e assistenzialismo e tutti sappiamo, che tale fenomeno politico si è poggiato, rinvigorendole, su preesistenti mentalità locali, molto differenti da quelle del centro nord Italia, come insegnò Gaetano Salvemini, che si sono particolarmente allignate a Brindisi a seguito dei successi politici del Regno dei Borboni (circa due secoli fa ad esempio, fu Ferdinando II che risistemò le insenature del porto, diventate due paludi, risollevando Brindisi dal malsano degrado in cui era piombata, così rilanciando il porto e l’economia cittadina). Domando quindi ora, visto che a Brindisi ci sono migliaia di famiglie che sono state abituate per ‘secoli’ a pensare in un certo modo, e quindi ora sanno vivere solo aspettando un ‘intervento sicuro’ calato dall’alto, cosa facciamo: li vogliamo far morire di fame per combattere mentalità sbagliate offrendo loro la luce della una nuova via di sviluppo? In altre parole, si può generare per via politica e per diffusa e proclamata volontà di impegno civile, un effetto concreto risolutore di grandi e complessi problemi??? E’ possibile che qualche ex operaio della Montecatini , accertato che si sia elevato agli altari dei benpensanti appendendo un lenzuolo alla finestra, sappia trasformarsi in un business man in grado di ‘strappare’ turisti ai Valtur della Sardegna creando un villaggio vacanza tra la Conca e la Conchetta ??? Chiaramente ed anche questa volta, il buon senso ci dice no e ciinvita alla moderazione e alla prudenza.
Concludo chiarendo e sintetizzando il mio pensiero per non essere frainteso.
Non ho affermato che i miglioramenti e i cambiamenti non siano possibili, poiché il concetto stesso di vita ha in sé la naturale propensione al miglioramento e al cambiamento, sia che si parli del collo di una giraffa, sia che lo si faccia della propensione futura all’imprenditorialità nel settore turistico o agroalimentare dei brindisini.
Il senso del mio intervento è però questo: se Dio ha tirato il collo alla Giraffa piano piano, in modo che la specie potesse un giorno mangiare all’albero con facilità, vuol dire che i cambiamenti buoni sono possibili solo lentamente, perché a tirare il collo di un organismo vivente pensando di farlo subito arrivare all’albero si può fare solo del male.
In ultimo quindi, ben vengano i dibattiti, i buoni propositi, le iniziative e tutto quanto serva a capire e porre rimedi ai problemi di Brindisi, ma senza smanie collettive semirivoluzionarie e con l’animo moderato di chi non ha la presunzione di agire splendendo della luce dell’ impegno civile, sotto di cui, lasciatemi dire, io vedo luccicare i volgari interessi della bassa politica. Dibattere, ragionare e alimentare inconsapevolmente l’onda di tali infide sortite dal pesante afflato politicante, non solo non è intelligente ma anche e soprattutto dannoso per la mia Brindisi.
Gianmarco Landi
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