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Approfondimenti: "Parliamo di trasporti e non solo". Di Antonio Turco



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Approfondimenti » 01/11/2005

"Parliamo di trasporti e non solo". Di Antonio Turco

I trasporti, per rispondere ai problemi della città, devono diventare un sistema integrato ed intermodale. Ciò significa che occorre combinare secondo una logica unitaria l’uso dei vari mezzi, in maniera da ottenere l’uso ottimale delle risorse ed un trasporto veloce e confortevole, che utilizzi al meglio il progresso tecnologico.
In questo senso i trasporti sono un sub sistema essenziale che interagisce con le altre parti del sistema urbano e deve, quindi, coordinarsi con esse.
La distanza di un quartiere dall’altro, di una zona dall’altra, non si misurano solo in chilometri, ma in tempo di percorso. Nella città intasata dal traffico e male organizzata il collegamento tra due quartieri distanti due chilometri può richiedere un tempo di percorso maggiore che non il collegamento tra due quartieri distanti 8 chilometri in una città ben organizzata.
Dunque il sistema dei trasporti influisce anche sulla collocazione degli edifici residenziali e dei luoghi di lavoro, che a Brindisi non possono essere raggiunti agevolmente dai singoli lavoratori.
Queste semplici verità - il cui accesso non è davvero riservato agli specialisti ma a chiunque compia un minimo sforzo di riflessione, quindi anche agli amministratori ed ai tecnici dell’ufficio traffico - devono portarci subito a concludere che il problema del centro urbano non è davvero quello dei divieti di circolazione o delle chiusure dei centri storici alle automobili o peggio ancora quello dell’istituzione di immense aree come zone a traffico limitato nelle aree commerciali; zona a traffico limitato e non isola pedonale come ancora molti brindisini la ritengono. Queste misure possono diventare necessarie come tamponi di emergenza, oppure hanno un senso nell’ambito di un nuovo sistema dei trasporti, ma in se stesse non sono idonee a risolvere i problemi.
Non voglio dire, con questo, che non si debba pensare alla limitazione del traffico privato nel centro storico, ma che parlare solo di questo vuol dire abbandonarsi al velleitarismo.
E comunque parliamo di centro storico e non di assi portanti e necessari della viabilità quale deve considerarsi corso Roma - corso Garibaldi.
Occorre una politica dei trasporti che affronti insieme i problemi del traffico, dello stress prodotto dalla compressione del diritto alla mobilità, della cause coatte di mobilità, dell’inquinamento determinato dal sistema dei trasporti ( AAA ambientalisti cercansi…). In tal senso appaiono fondamentali due scelte: la rimozione delle cause alienate di mobilità; la scelta del trasporto pubblico collettivo e non inquinante come asse strategico, lasciando il trasporto privato alla sfera delle opzioni individuali non alienate.
Fondamentale è il passaggio alle municipalità, riqualificando l’esperienza assai deludente delle circoscrizioni ed effettuando un vero passaggio di poteri e non una semplice delega ad amministrare. Le municipalità si devono valere di forme di democrazia diretta, di sistemi di vero autogoverno in parti importanti di “progetti per la città”.
Pensiamo ai servizi qualificati (Consultori, servizi per la liberazione della donna o per l’emancipazione dei bambini ecc.), alla cultura, alle forme imprenditoriali per la città che si riuscissero a creare (riattivando il ruolo del sindacato), alla creazione dell’ “effetto urbano” e della cultura di appartenenza (progetti di arredo urbano qualificati e partecipati), alla socializzazione dei servizi più alienanti (lavoro domestico, nettezza urbana, alimentazione ecc.).
Il tema dell’identità, per darsi un ambito strutturale di ragionamento, può essere legato a tre grandi questioni e ad una grande contraddizione.
I temi sono: lo spazio, il tempo, il corpo. La contraddizione è quella tra uomo e donna. Imparare a leggere l’uso dello spazio e del tempo, nonché le condizioni del corpo nella città, è fondamentale per capire, per trasformare, per governare. Il tempo della casalinga, dei vecchi, dei tossicodipendenti emerge come sofferenza e necessità di cambiamento.
Dobbiamo avere la forza di lottare per la città, per una città nuova, sapendo che diventa l’occasione straordinaria per la costruzione di un nuovo blocco sociale e di un nuovo orizzonte di trasformazione. Se diminuiscono gli operai, crescono nuovi soggetti, proprio sul territorio, che sono partecipi di volontà diffusa di cambiamento. La crisi dei luoghi storici (la fabbrica, la famiglia, un certo territorio) ci consegna la necessità di non limitarci più solo a pensarli riformati, ma a pensarne di nuovi e diversi.
A mio avviso va posto il problema fondamentale di ricostruire un tessuto urbano che sia vivibile per i cittadini, capace di soddisfare le esigenze nuove che si pongono nella città, programmato con lungimiranza per durare nel tempo e sia anche capace di salvaguardare i beni ambientali, assicurare in forme nuove la mobilità ai cittadini, fornire certezze alle imprese, garantire più elevati livelli occupazionali, anche di qualità.
Se è più difficile comunicare ed organizzarsi in questa città, cominciano ad essere visibili i fili di una nuova rete di comunicazione e solidarietà. Diritto al lavoro, diritto all’ambiente, diritto all’identità sono i grandi temi intorno ai quali dobbiamo ritrovarci se vogliamo cambiare questa città.
Le forze a Brindisi ci sono, ne sono convinto; ma occorre che scendano in campo, che si facciano riconoscere.
Non è più tempo di lamentele e lamenti. Un’altra città è possibile, una città che sappia parlare, sappia ascoltare e che sappia anche giocare.

Antonio Turco


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