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Teatro: La gatta sul tetto che scotta @ Kennedy - Fasano



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Teatro » 09/12/2005

La gatta sul tetto che scotta @ Kennedy - Fasano

Teatro Kennedy - Fasano
Orari: Porta ore 20.00; Sipario ore 21.00
Prezzi: Platea 1° Settore € 16,00; Platea 2° Settore € 13,00; Platea 2° Settore ridotto € 13,00
Botteghino: Il botteghino del Teatro Kennedy (Via Pepe, 23 – tel 080.4413150) sarà aperto tutti i giorni dalle ore 17,30 alle ore 21,30.

Compagnia delle indie occidentali MARIANGELA D'ABBRACCIO, LUIGI DIBERTI, ISA BARZIZZA, PAOLO GIOVANNUCCI
LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA
regia di FRANCESCO TAVASSI
Genere: Contemporaneo
di Tenessee Williams
e con Antonio Fazzini, Maurizia Grossi, Francesco Tavassi

In gioco il tema dell’incomunicabilità nella famiglia, del pregiudizio, del mal di vivere, l’omosessualità come istinto da reprimere ed infine la malattia che abbrevia il tempo per chiarirsi, per dirsi quello che non ci siamo mai saputi dire, per affermare le differenze.

Note di regia

Una storia americana? Non solo.
La gatta sul tetto che scotta è uno dei testi simbolo del teatro moderno, in gioco il tema dell’incomunicabilità nella famiglia, del pregiudizio, del mal di vivere, l’omosessualità come istinto da reprimere ed infine la malattia che abbrevia il tempo per chiarirsi, per dirsi quello che non ci siamo mai saputi dire, per affermare le differenze.
Le differenze che in Williams affiorano come sempre, anche in questo testo, sottilmente, sfiorano le coscienze del pubblico benpensante, non solo per la presunta omosessualità del giovane Brick, ma anche per come è tracciato il sottile confine tra bene e male all’interno di una famiglia benestante tipo.
Ed è così che io, e penso ognuno, ritrovo fatti che ho incontrato tante volte, come l’ avidità dei figli che sentendo avvicinarsi la morte del vecchio genitore, si affannano per accaparrarsi l’eredità con squallidi e complessi sotterfugi.
Quasi come fenomeno naturale, un istinto primordiale e bestiale che, ad odore di morte, si scatena inesorabile.
Immagino la scena attraverso i segni di una grande architettura moderna: pochi arredi simbolo di grandi designer, tracciano un ambiente impersonale, una elegante e sofisticata prigione bianca, dove le coscienze annegano inesorabilmente.
Implacabili raggi di sole cocente l’attraversano non lasciando tregua al malessere esistenziale di ognuno.
La casa come tempio della famiglia, museo della ricchezza, rappresenta il campo di battaglia dove si incrociano affetti ed egoismi di un nucleo formato da tre donne e tre uomini.
Tempio nell’ atto del passaggio tra passato presente e futuro.
Mi colpisce osservare come questo dramma borghese contenga, mitigato dai dettami del vivere civile, lo schema delle grandi tragedie shakespeariane, fatto di re, regine, cospirazioni, di amletici malesseri esistenziali, di malintesi amorosi, tanto da spingermi a trattare questa messa in scena a anche in maniera epica, cosicchè attraverso la traduzione di Giorgio Albertazzi e la scena di Alessandro Chiti, unire alla potenza della parola, le geometrie dei percorsi, degli spazi, le pause ed i silenzi, i piani visivi in un montaggio drammaturgico più rivolto al disegno di una parabola emotiva, che ad una “comodità” logistica.
Il titolo originale “The cat on a hot tin roof” (La gatta sul tetto di latta che scotta) rende perfettamente l’idea di quale ruolo svolga il personaggio di Maggie “la gatta” all’interno di questa storia, morbida e graffiante, è l’emblema di una femminilità esplosiva, seducente che per quanto attraversi un cambiamento epocale, nel quale, la donna va affermando una personalità che cerca con l’altro sesso, confronto, parità intellettuale, resiste, incassa, lotta per salvare il suo matrimonio.
Nello spettacolo il ruolo è affidato al talento, temperamento, seduzione, bellezza e carisma primattoriale di Mariangela D’Abbraccio.
Big Daddy è il padre, proprietario terriero nel Mississippi, un uomo fatto con la terra e la fatica, insofferente alle attenzioni affettuose della moglie, è brusco e diretto nel rapporto con i figli. Nel venire a conoscenza, attraverso una meravigliosa scena in cui si scontra con il figlio Brick, di essere ammalato senza speranze di cancro, reagisce da vero leone ed ancora una volta tira fuori gli artigli, pianificando il suo breve futuro con coraggio e determinazione.
Isa Barzizza con la classe, la misura, la dolcezza, la sensibilità, il magnifico professionismo, la freschezza, la struggente capacità di accarezzare l’anima profonda dei personaggi e di emozionare, nel ruolo di Big Mamy: la madre che disperatamente tenta di ricucire i rapporti tra i componenti della famiglia, sorda e cieca ai contrasti, anche i più estremi e provocatori, insegue un ideale di felicità e di unità reciproca. Ho scelto per il ruolo del maledetto Brick, Paolo Giovannucci un attore di ultima generazione che seguo da tempo e che mi ha sempre colpito per energia, sensibilità, intelligenza scenica e soprattutto per la capacità che ha nel rapportarsi in scena con gli altri.
Ho chiesto a Maria Rosaria Donadio, che i costumi indossati dagli attori raccontino un lusso ed un eleganza quasi spersonalizzanti, come divise di uno stato sociale che va mostrato, rappresentato: citazioni delle grandi griffes di alta moda anni 50.
Le musiche di Giacomo Zumpano, le luci di Luigi Ascione, fanno parte del bagaglio di collaudate e preziose collaborazioni che mi aiuteranno alla riuscita di questo progetto, insieme al coraggio e la competenza della Compagnia delle Indie Occidentali ed il Teatro di Sardegna.

Francesco Tavassi

fonte: Teatro Pubblico Pugliese


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