Teatro » 25/03/2006
"Il Mercante di Venezia" Shakespeare @ Ceglie Messapica
Diaghilev - Cantieri Teatrali del III millennio
FLAVIO BUCCI
IL MERCANTE DI VENEZIA
regia di NUCCI LADOGANA
Genere: Classico
di William Shakespeare, traduzione di Angelo Dallagiacoma
personaggi ed interpreti, Doge di Venezia - FRANCISCO, Antonio, ricco mercante - LUIGI MEZZANOTTE, Bassanio, giovane veneziano - MICHELE LASTELLA, Graziano, giovane veneziano - FABRIZIO CONIGLIO, Lorenzo, giovane veneziano - CARMINE BALDUCCI, Tubal, Vecchio - FRANCISCO
Lancillotto gobbo, servitore - GIORGIO CARMINATI, Porzia, ereditiera in Belmonte - DIANA DETONI, Nerissa, sua ancella - CHIARA GIONCARDI
Jessica, figlia dell'ebreo - DANIELA MONTEFORTE, Principe di Aragona - FRANCISCO, Shylock, ebreo - FLAVIO BUCCI
Oggi è difficile considerare Il Mercante di Venezia solo una commedia, non solo perché dopo l’Olocausto ne emerge tutto l’antisemitismo, ma anche perché la vicenda umana del pur sempre goffo ebreo è quella di un emarginato. Ma il disprezzo per il mondo e il fascino del male assoluto, rendono il suo riprovevole personaggio più simpatico, perché espressione di un mondo altrettanto discutibile.
Nella letteratura inglese, gli ebrei come personaggi sono presenti fin dal Medioevo, quando non viene detto molto su di loro e sulla loro religione, bensì sono usati per diffondere un messaggio cristiano ad un pubblico dello stesso tipo. Con lo sviluppo dell’individualismo rinascimentale, si comincia a diffondere uno stereotipo basato sulla superstizione popolare, spesso incoraggiato per questioni politiche, in modo da escludere gli ebrei dalla vita economica del paese. Il 31 marzo 1492, la «cacciata dei Mori» dalla Spagna segna l’inizio della diaspora e, in letteratura, l’ebreo comincia a incarnare l’usuraio, l’assassino, persino il cannibale con una spiccata preferenza per vedove e bambini.
La società del Merchant of Venice (Il mercante di Venezia, 1596) di William Shakespeare si muove secondo le regole, ma il disprezzo per il mondo e il fascino del male assoluto, rendono il suo riprovevole personaggio più simpatico, perché espressione di un mondo altrettanto discutibile.
Shakespeare riporta l’esclusione dell’ebreo ai motivi religiosi, ma Shylock, nonostante il celebre discorso finale sui diritti umani del suo popolo, è un personaggio subdolo, mai apertamente cattivo.
Come conseguenza delle leggi razziste allora a Londra non viveva quasi nessun ebreo .
Dopo la rappresentazione dell'Ebreo di Malta di Marlowe certamente Shakespeare pensò ad un suo Ebreo per esempio un Ebreo di Venezia ma poi per evitare guai optò per un titolo neutro come Il mercante pensando certamente a ShyloK ma gli studiosi vedono nell'evanescente Antonio il mercante del titolo e già da questo dualismo si intuisce quanto teatrale possa svilupparsi il testo. Come contraltare all'Ebreo si agita un gruppo di bellimbusti veneziani cinici e spregiudicati tesi solo a raccattar danaro.
Oggi è difficile considerare Il Mercante di Venezia solo una commedia, non solo perché dopo l’Olocausto ne emerge tutto l’antisemitismo, ma anche perché la vicenda umana del pur sempre goffo ebreo è quella di un emarginato.
In più, Shylock è abbandonato e derubato dalla figlia, che si converte al cattolicesimo per sposarsi e migliorare così la propria condizione sociale, entrando a far parte di quella stessa cerchia di persone che rifiutano .
Nel Mercante ci si trova a far fronte ad un testo piuttosto malsicuro e nonostante ciò in questo testo bizzarro , l'attitudine superiore dell'autore , che non ha riscontri nella storia letteraria a donare all'opera una vita propria indipendente da lui stesso, torna a conseguire il grande effetto dell'inesplicabilità.
I singoli momenti sono così persuasivi che la questione della coerenza non si pone nemmeno .
Appunti sulla vicenda
Il mercante di Venezia, (1596-97), di argomento italiano, prende spunto da Il Pecorone di Ser Giovanni Fiorentino, (1558).
Il nobile Bassanio chiede un prestito ad Antonio, mercante di Venezia, per poter corteggiare la ricca Porzia. Per aiutare l’amico, Antonio ricorre all’usuraio ebreo Shylock che pretende come obbligazione, se la somma non sarà a tempo debito restituita, il diritto di prendere una libbra di carne del suo corpo. Bassanio sposa Porzia, superando una prova stabilita dal padre di lei. Nel frattempo, le navi di Antonio fanno naufragio ed egli non può pagare il debito. Quando Shylock reclama la libbra di carne, Porzia, travestita da avvocato, di fronte al Doge accusa l’usuraio ebreo, affermando che egli ha sì diritto alla carne, ma che per prenderla non deve versare una sola goccia di sangue di Antonio; in caso contrario, andrà contro le leggi veneziane, che vietano di attentare alla vita dei cittadini. Il Doge grazia Shylock e gli confisca i beni, devolvendoli in parte ad Antonio, che vi rinuncia in cambio della conversione dell’ebreo al cristianesimo.
La commedia ha una chiara componente antisemita: Shylock è rappresentato come un sordido personaggio pieno di rancore, anche se Shakespeare ne illumina le motivazioni (la plurisecolare emarginazione ebraica). La società in cui vivono i personaggi è estremamente stratificata e gerarchica e tutti sono ossessionati dal denaro: Shakespeare ambienta la vicenda a Venezia, forse per le analogie con il commercio marittimo. L’aria malinconica della laguna trova espressione in Antonio, un ricco mercante che non sembra curarsi troppo dei suoi traffici.
Alla svalutazione dei principi corrisponde nell’opera una svalutazione della parola: chi parla poco, come Antonio, è sincero, mentre Porzia si improvvisa avvocato per poter incastrare Shylock e venire meno ai patti.
Note del traduttore
Non si diventa traduttori di Shakespeare perché si conosce bene l'inglese bensì conoscendo benissimo la propria lingua e sopratutto non si fa una nuova traduzione prendendone brandelli di altre per poi, assistiti dal vocabolario, proporne un'altra; una nuova traduzione si fa pensando che ogni volta che si alza il sipario c'è l'attesa per qualcosa di nuovo e il nuovo in Shakespeare è solo la parola: tutte le possibilità dell'originale devono essere contenute in una traduzione.
Teatro Roma (Ostuni) 22/03/2006 - Porta ore 20,30 – sipario ore 21,00
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