Approfondimenti » 27/04/2006
29 Aprile: Brindisi può vincere. Di Pablo Zito
Quanto più un territorio è povero, tanto più è soggetto alle lusinghe di chi offre alla sua popolazione e ai suoi politici una scodella di lenticchie pur di aggredirlo, consumarlo, trarne profitto.
E’ la storia di Brindisi, città che per la sua centralità nel Mediterraneo con il più grande e sicuro dei porti naturali, povera per decenni di classe politica capace di trasformare lo stesso porto nella ricchezza della sua popolazione, è stata immolata prima agli interessi nazionali della chimica e dell’energia e poi a quelli sempre più privati di energia stessa e rifiuti, sotto la pressione dell’emergenza occupazionale.
Brindisi si trova così area di crisi ambientale sin dal 1990, sito inquinato da bonificare di interesse nazionale dal 1998 e straordinario concentrato di 7 impianti ad alto rischio di incidente rilevante.
Negli anni Cinquanta si ritenne di portare lo sviluppo impiantando uno dei più grandi petrolchimici d’Europa che distrusse alle porte della città spiagge, dune e zone umide portando per un paio di decenni un benessere effimero incapace di sopravvivere a quella stessa generazione, presto colpita dalla espulsione di migliaia di operai dalla chimica in crisi. Cosa fare allora in una città dalla popolazione nel frattempo raddoppiata? Una mega centrale termoelettrica, la più grande possibile, nella cui costruzione impiegare quei disoccupati. A cantiere finito, di nuovo tutti a casa. Tutte le lusinghe di indotto, sviluppo dell’agricoltura con il caldo gratis alle serre e quant’altro, svanite nel nulla: un’agricoltura allo stremo sotto la polvere di carbone; un porto già fiorente monopolizzato dalle navi carboniere; la centrale stessa, che in principio occupava 800 operai, e oggi ne impiega la metà.
Il territorio diventa vittima di un circolo vizioso per cui finisce per accettare tutto quello che gli altri non vogliono: un’altra centrale ancora, un inceneritore di rifiuti speciali pericolosi, una delle 2 discariche italiane di rifiuti tossico nocivi. Questo ha portato a Brindisi una politica poco lungimirante, spesso pressata da parti sociali non pronte a immaginare uno sviluppo diverso perché cresciute nella precarietà e nelle protezioni di un sistema solo apparentemente di mercato. Oggi finalmente a Brindisi si vive una fase di transizione, segnata da una vicenda che comunque finirà sarà una pietra miliare nella storia della città: il rigassificatore voluto dalla British Gas e dal Governo Italiano.
Un impianto ad alto rischio di incidente rilevante da collocare proprio lì, in mezzo agli altri 7, dove una norma del 1998 impone di delocalizzare i rischi industriali esistenti: all’imboccatura del porto, per decretarne la morte per sovraccarico di carbone e gas. Il tutto per un iter amministrativo semplificato al punto da evitare la Valutazione di Impatto Ambientale (da cui la procedura di infrazione a carico dello Stato Italiano avviata dalla Comunità Europea) e da ridurre il ruolo delle istituzioni locali ad un veloce parere in una conferenza di servizi romana. Nella quale 3 anni fa Sindaco, Presidente della Provincia ed Assessore Regionale, quelli allora in carica, si espressero per il “SI” non legittimati dalla consultazione popolare prevista dalla normativa europea per gli impianti a rischio e neppure da delibera dei Consigli Comunale, Provinciale o Regionale, ma ancora una volta suggestionati dai fantomatici “1000 posti di lavoro” per un anno e non invece attenti al fatto che gli effettivi 40 posti a regime non valgono la fine di un porto che da 2 millenni è il pilastro del benessere della città di Brindisi e che oggi si trova in posizione privilegiata per intercettare i traffici mercantili dall’Oriente all’Europa; e non giustificano l’ulteriore rischio industriale in una città che da sola già produce più del 10% dell’energia elettrica nazionale, in massima parte da carbone (il combustibile più economico ed inquinante) e che dunque rifiuta qualsiasi offensiva allusione alla sindrome NIMBY: Brindisi infatti ha già dato.
Questa vicenda è una pietra miliare nella storia di Brindisi perché è stata proprio la città, ben prima della sua classe politica, a rendersi conto della insostenibilità del nuovo impianto e a respingerlo con forza, grazie all’azione di alcune espressioni minoritarie della politica e della cittadinanza attiva che da anni si battono contro l’impennata dei quantitativi di carbone, e che tra difficoltà e ostracismi è riuscita a creare un’ampia coscienza civica con cui dall’inizio del 2004 la classe dirigente ha dovuto fare i conti.
La prima grande manifestazione di popolo – 5000 persone in piazza il 27 marzo 2004 – ha in qualche modo segnato la politica stessa della città, influendo su candidature e programmi. Dalla metà del 2004 Brindisi ha istituzioni locali che, pur governate da maggioranze politicamente diverse, combattono insieme una dura battaglia politica e amministrativa con risvolti anche giudiziari per salvare la città dai nuovi insostenibili danni del rigassificatore, in primis quello di essere privati del porto che invece Provincia e Comune vogliono riportare alla storica vocazione commerciale “canalizzando su di esso, sulla retroportualità e sulle nuove funzioni di logistica ed intermodalità, opere pubbliche e agevolazioni ad investimenti privati, coerentemente pianificati in accordo con la Regione per l’accesso ai grandi finanziamenti comunitari 2007/2013”.
Provincia e Comune rivendicano la competenza, frutto dell’”autonomia” amministrativa costituzionalmente riconosciuta agli Enti Locali, a programmare lo sviluppo del proprio territorio secondo un disegno che - partendo dall’ambientalizzazione degli impianti industriali oggi ancora fortemente inquinanti e da un risanamento generale che non può consentire ulteriori impianti a rischio – crei benessere non con nuove aggressioni ma con le bonifiche, “non con cantieri ma con imprese, non con il carbone e il gas ma con la logistica, non con l’energia non rinnovabile ma con l’industria aeronautica, non con i subappalti ma con l’università, non con le discariche e gli inceneritori ma con l’agricoltura, non con la distruzione del territorio ma con la sua valorizzazione a fini turistici”.
La sintonia di sensibilità ed intenti fra cittadini da una parte e Provincia e Comune dall’altra è stata poi sancita dall’imponente manifestazione popolare del 4 dicembre 2004 e ribadita dalla storica manifestazione del 25 luglio 2005, indetta da Sindaco e Presidente della Provincia con l’adesione della Regione, di tantissimi enti locali, sindacati e associazioni della cittadinanza attiva.
Quella del rigassificatore di Brindisi è una storia emblematica: emblematica della nuova maturità dell’opinione pubblica sui temi dell’ambiente, della sicurezza, della salute, dello sviluppo sostenibile; emblematica del sempre più sentito diritto delle comunità all’autodeterminazione pur nel rispetto degli interessi nazionali; emblematica del rinnovo della politica a partire dai cittadini; emblematica di come il sindacalismo illuminato abbia superato la dicotomia ambiente-lavoro.
Tutto questo cammino deve ora essere portato a frutto con un nuovo grandioso incontro di popolo. A Brindisi il 29 aprile si manifesta per vincere. E, se le nostre popolazioni vinceranno, vincerà la speranza e l’impegno di quanti lavorano per un futuro migliore. Potrà così partire da Brindisi, in questo delicato momento, un segnale forse utile per l’intero Paese.
Pablo Zito
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