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Economia: Ravvedimento operoso: Fare pace con il Fisco



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Economia » 08/11/2003

Ravvedimento operoso: Fare pace con il Fisco

Il fisco è clemente con chi corregge gli errori commessi nell’assolvimento degli adempimenti tributari di propria spettanza: dimenticanze, omissioni od errori in sede di dichiarazione o di versamento, se regolarizzati spontaneamente dal contribuente (entro termini prestabiliti) scontano le sanzioni in misura ridotta, o come vedremo, le correzioni possono essere addirittura gratuite.
Le nuove regole in vigore da ormai da circa sei anni sulle sanzioni tributarie hanno sancito un nuovo patto tra fisco e contribuenti improntato su soluzioni conciliative delle liti, con beneficio di ambo le parti: recupero di maggior gettito per il primo, sanzioni in forma più lieve per i secondi.
Se è vero che il contribuente risulta incentivato da questa procedura che lo porta a riconoscere spontaneamente i propri errori allettato dal pagamento di minori sanzioni, è anche vero che in tal modo il Fisco pur rinunciando a parte delle sue pretese, risparmia in costi di accertamento non essendo costretto a rincorrere chi ha sbagliato per tutelare i propri interessi.
Tecnicamente questo patto è definito ravvedimento operoso (articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997) che, da sempre presente nell’ordinamento, ha forse conosciuto negli ultimi tempi la sua consacrazione.
Pur augurandoci che nessuno commetta degli errori, anche se la cosa francamente è utopistica considerando la rinomata complessità delle norme fiscali italiane (ultimamente poi viviamo un periodo di riforme copernicane ndr.), vediamo a quali errori si può porre rimedio a poco prezzo, come e entro quando.

Chi e cosa si può sanare
Dal 1° aprile 1998 sono applicabili le regole sul ravvedimento stabilite dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, e sono regole che riguardano tutti i contribuenti dalle persone fisiche alle società di capitali.
Per quanto concerne cosa sia possibile regolarizzare, a voler esemplificare le fattispecie “ravvedibili”, si rischierebbe di tralasciarne sicuramente più d’una.
Più semplice allora, salvo specifico divieto, ricordare che tutte le infrazioni tributarie che trovano specifica sanzione nel decreto 471/97, possono essere oggetto di un ravvedimento operoso.
L’unico limite stabilito per poter accedere alla forma conciliativa, è che la violazione che si intende regolarizzare non sia già stata constatata ovvero non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale notifica.

Un’ esempio su tutti: i pagamenti omessi (o carenti)
Passando alle ipotesi più frequenti il primo caso di errore sanabile è quello che concerne gli omessi o carenti versamenti. La sanzione generalizzata per questa violazione è fissata nella misura del 30 per cento di ogni importo non versato. Se però non si attende la contestazione del fisco e si decide di regolarizzare la propria posizione ecco quanto occorre pagare:
• la sanzione del 30 per cento è ridotta ad un ottavo, ossia al 3,75%, se la regolarizzazione si perfeziona nel termine di trenta giorni dalla data in cui occorreva effettuare il versamento;
• se la regolarizzazione si perfeziona entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione la sanzione è invece ridotta ad un quinto (6%).
Oltre alla sanzione occorre logicamente provvedere al pagamento dell’imposta a suo tempo non versata e agli interessi moratori nella misura del 3 % annuo ragguagliato ai giorni intercorsi tra la scadenza dovuta e la data dell’effettivo adempimento.

Gli errori sostanziali in sede di dichiarazione
Le sanzioni che fanno più paura in termini di entità sono purtroppo quelle che si riferiscono ad errori che hanno generato una inferiore determinazione della base imponibile e quindi del debito tributario che si possono compiere in fase di dichiarazione. Sono in pratica quelli che nel gergo si definiscono come errori sostanziali, in contrapposizione con i formali caratterizzati dal non impattare sulla determinazione delle imposta e, come vedremo, dalla oramai desueta sanzionabilità.
Anche in presenza di errori sostanziali, è possibile avvalersi del ravvedimento: gli errori e le omissioni relativi a una dichiarazione validamente presentata possono essere corretti mediante una dichiarazione integrativa o rettificativa.
La dichiarazione sanante deve essere presentata entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Per quanto concerne la sanzione la stessa è dovuta (entro lo stesso termine) nella misura di un quinto del minimo, secondo le regole più sopra richiamate.
E qui esiste una doppia possibilità.
Se gli errori e le omissioni sono rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute (ad esempio errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte; indicazione in misura superiore a quella spettante di detrazioni di imposta, di oneri deducibili o detraibili, di ritenute d'acconto e di crediti di imposta) la regolarizzazione spontanea degli errori in questione comporta il pagamento della sanzione ridotta al 6% (pari a un quinto del 30%), oltre ovviamente al pagamento del tributo e dei relativi interessi moratori nella misura di cui sopra.
Se invece gli errori e omissioni non sono rilevabili in sede di liquidazione delle imposte dovute (ad esempio l'omessa o l'errata indicazione di redditi …) la regolarizzazione spontanea degli errori e delle omissioni in argomento comporta il pagamento della sanzione ridotta al 20% (pari sempre a un quinto del cento per cento), oltre al pagamento della maggiore imposta (o il riconoscimento del minor credito) e dei relativi interessi moratori.

di Gianluca Alparone

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