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Stelle e Strisce: Chicago #2



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Stelle e Strisce » 15/07/2006

Chicago #2


La sera di Venerdi il primo appuntamento con il matrimonio è a bordo di un traghetto. Si fa il giro della baia di Chicago, passando per l’omonimo fiume, tra i grattacieli e sotto i ponti di ferro.

Prima di salire, il capitano ci regala una ghirlanda di fiori (finti) direttamente sul collo. I camerieri circolano zigzagando tra gli invitati con vassoi pieni di leccornie, in porzioni minute, troppo piccole per saziare.
Tra gli invitati riconosco Michael, un amico dello sposo conosciuto a Londra, durante Halloween. Vestiti con sgargianti camicie hawaiane, avevamo fatto il giro tutta la notte dei locali londinesi.

Parliamo dell’America e dell’Europa. Michael mi dice di essere ancora a Londra, che non può più entrare al White China ( problemi con il buttafuori, pare) e che la vita rimane quella di sempre, giovani rampolli americani che gestiscono aziende miliardarie, muovendo ingenti capitali. Di ritornare in America non ha proprio voglia.
Non sente il richiamo della Patria, del Paese in cui tutto e’ semplice o almeno appare tale. Londra, anche per un Americano, è la metropoli in cui tutto è diviso e tutto si integra. Non è una città inglese, è una città che appartiene al mondo. New York, perquanto metropoli è sempre e sarà sempre americana.

Il traghetto, dopo aver attraversato numerosi ponti, entra nel lago Michigan. E la sensazione è di nuovo quella di stare in un mare aperto. Guardiamo la città con i grattacieli illuminati. Rido pensando alla “Chicago di notte”, la scultura di Alvaro Vitali con un cesso ed una candela accesa. Lo spiego a Michael che sorride all’idea, ma non credo che abbia colto il significato del gioco. Il party sul traghetto finisce dopo quasi tre ore di stuzzichini e aperitivi.

Il giorno dopo è quello della grande cerimonia, il giorno del si, ma fortunatamente la kermesse non incomincia prima delle 17.
C’e’ la partita Brasile-Francia e riusciamo a vederla per intero, prima di salire a bordo del “trolley”, un vecchio autobus con i sedili di legno che deve trasportare tutti gli invitati dal centro città fino alla chiesa e da qui fino al ristorante.

La chiesa battista ha un coro formato da ragazze di colore che cantano e battono le mani a ritmo. Mi ricorda il film blues brothers ed attendo trepidante la luce che colpirà John Belushi. Non c’è messa, ma solo una breve funzione ed in meno di mezz’ora siamo di nuovo immersi nel traffico a bordo del trolley.

Il ricevimento è in un locale enorme, su due piani. Nel centro della sala vengono proiettate le fotografie della coppia da quando avevano due mesi al giorno prima del matrimonio. Un’orchestra suona musiche improbabili, mentre in una veranda separata c’è una DJ che mette musica più proponibile, ma il caldo sotto il vestito è opprimente, quindi la veranda sotto il sole è fuori luogo.

Finalmente l’invito a sedersi ai tavoli ornati con centinaia di orchidee di tutti i colori. Quattro diverse isole gastronomiche dove rifocillarsi presentano una varietà di cibi, dal couscous al sushi, ma anche in questo caso si tratta di porzioni belle a vedersi ma inconsistenti.

Nel frattempo la coppia fa il suo ingresso nella sala seguita da quattro fotografi professionisti e dieci amici che si fingono tali.

Il primo ballo è stato studiato nei minimi dettagli. La coppia ha preso lezioni di danza appositamente per il matrimonio e solo per quel primo ballo. I baci ed i caschè si sprecano come i flash dei paparazzi.

Mia moglie ed io, sulla stessa frequenza d’onda, decidiamo di sgattaiolare via ed andarci a mangiare un gelato passeggiando per il centro città.

La terza ed ultima parte nei prossimi giorni

Gabriele D'Errico
Chicago - Usa

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