Approfondimenti » 20/08/2006
Rigassificatore: Via Maestra e strade tortuose. Di Michele Di Schiena
Sul caso del rigassificatore a Brindisi, una questione oramai di rilievo nazionale, vanno poste al centrosinistra e al Governo Prodi alcune domande che possono apparire superflue ma che sono giustificate da quanto di confuso o poco convincente si è detto e scritto a commento di un recente incontro interlocutorio svoltosi a Roma su tale problema per iniziativa del Ministero delle Attività Produttive.
Il voto popolare amministrativo espresso su programmi che rifiutano l’impianto nel porto di Brindisi perché estremamente pericoloso ed incompatibile col progetto di un nuovo modello di sviluppo economico e le conformi ed unanimi decisioni dei rinnovati organi deliberativi degli Enti Locali non determinano una netta discontinuità politico-amministrativa negli sviluppi della vicenda?
E questa discontinuità non rende necessario un riesame da parte del Governo dell’interesse pubblico alla luce delle ripetute denunce da parte delle nuove Amministrazioni dei vizi di legittimità (violazione della normativa in materia) e di merito (contrarietà alle regole di convenienza ed opportunità) dell’atto amministrativo in questione?
E secondo il nostro ordinamento lo strumento appropriato per procedere al riesame dell’autorizzazione non è forse il ricorso ad una procedura di autotutela intesa a verificare se sussistono le condizioni per l’annullamento o la revoca del provvedimento ministeriale?
Ed infine, se – come i fatti dimostrano – tali condizioni vi sono, non è forse giuridicamente corretto e politicamente doveroso rimuovere una decisione amministrativa di forte impatto territoriale in contrasto con l’interesse generale e fondata su consensi espressi senza alcun coinvolgimento delle comunità interessate?
E sì, perché certe cortine fumogene e certi tatticismi non giovano alla positiva risoluzione di una questione che va affrontata e risolta non prescindendo dalle seguenti considerazioni:
§ il Governo nel valutare l’interesse pubblico al fine del ritiro della concessa autorizzazione dovrebbe tenere nel debito conto le scelte degli Enti locali e della Regione Puglia nonché gli impegni della sua stessa maggioranza che prima, durante e dopo la recente campagna elettorale politica sono stati pubblicamente assunti con precisi interventi dei massimi esponenti dell’Unione fra i quali l’on.le D’Alema, l’on.le Bertinotti ed il prof. Prodi il quale, in un messaggio di risposta ad una nota dell’associazionismo locale, così testualmente si esprimeva: «quando ci sono in gioco scelte importanti e a rilevante impatto territoriale, ritengo indispensabile tenere conto delle indicazioni e degli orientamenti delle comunità locali»;
§ la mancanza della Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), prescritta dalla legge nazionale e dalla normativa europea e successivamente ribadita da una legge interpretativa, andrebbe formalmente rilevata con una procedura di “autotutela”. E tale omissione giustificherebbe ampiamente la rimozione del provvedimento autorizzativo alla luce di una corretta riconsiderazione dell’interesse generale senza la necessità di disporre accertamenti integrativi. Scelta questa ineccepibile per la rilevanza di siffatta omissione e per le tante altre irregolarità segnalate dagli Enti locali e presenti in un procedimento sul quale indaga ad ampio raggio la Magistratura penale con inchieste che hanno già fatto registrare avvisi di garanzia, perquisizioni e sequestri nelle sedi della società costruttrice;
§ una Valutazione d’Impatto Ambientale postuma ed espletata fuori da una corretta procedura di autotutela appare impropria ed esposta al rischio di serie contestazioni giudiziarie qualora tale adempimento venga disposto senza il preventivo consenso della società costruttrice che verosimilmente si indurrebbe a prestarlo solo se rassicurata (da chi ed in quali oscure forme?) dell’esito favorevole ai suoi interessi dell’accertamento in sede di VIA;
§ non è vero che il provvedimento di rimozione dell’atto amministrativo comporterebbe necessariamente esosi esborsi da parte delle nostre Istituzioni dal momento che, per il caso di annullamento determinato da vizi di legittimità (provvedimento appropriato nella questione in esame), la legge non prevede alcun indennizzo che invece significativamente prescrive solo per il caso di revoca motivata da ragioni di merito. C’è inoltre da considerare che la società inglese non potrebbe comunque avanzare consistenti pretese risarcitorie essendo stata resa edotta sin dall’inizio dei lavori preparatori, anche attraverso atti formali, dei rilievi mossi dagli Enti locali e dalla Regione alla regolarità dell’atto autorizzativo. Né può infine sfuggire l’inaccettabilità di un cinismo economicistico per il quale gli interessi vitali di una comunità potrebbero essere disinvoltamente sacrificati allo scopo di evitare spese erariali (in ipotesi peraltro abbastanza contenute);
§ le preoccupazioni per danni di immagine che sul piano internazionale potrebbero ricevere le nostre istituzioni a causa di un provvedimento di autotutela sono strumentali e prive di qualsiasi giustificazione. E’ vero invece il contrario in quanto la malaugurata conferma di un atto palesemente illegittimo e rifiutato dalle comunità locali e dalla Regione accrediterebbe la mortificante opinione per la quale nel nostro Paese lo “stato di diritto” è un optional destinato a tutti i disinvolti accantonamenti imposti da intese verticistiche patrocinate da poteri forti nazionali e stranieri.
E’ inimmaginabile che il centrosinistra, dopo aver a tutti i livelli manifestato la sua contrarietà alla realizzazione del rigassificatore a Brindisi in aperta polemica con la precedente maggioranza, possa oggi cambiare atteggiamento e, da una posizione di governo, finisca per permettere la costruzione dell’impianto. Sarebbe un vero e proprio Tsnunami di delusione e di disorientamento per le popolazioni interessate, una paurosa caduta di coerenza e di buon senso, un pernicioso attacco alla vivibilità del nostro territorio ed ai suoi progetti innovativi con l’effetto collaterale di favorire la restaurazione di vecchie e fallimentari politiche. E sarebbe anche l’apertura di un conflitto dalle pesanti conseguenze con gli Enti locali e con la Regione Puglia che ha escluso categoricamente la costruzione dell’impianto a Brindisi (con un’unanime mozione del Consiglio e nel Piano Energetico regionale in via di approvazione) ed aveva chiesto con due chiarissime note al Governo Berlusconi di attivare le procedure per il superamento della relativa autorizzazione.
La via da seguire non è perciò quella che può sbrigativamente portare ad una irresponsabile conferma del provvedimento autorizzativo o tortuosamente condurre alla sua “convalida” attraverso una postuma ed addomesticata Valutazione d’Impatto Ambientale che, conservando la concessa autorizzazione, aggiunga ad essa il contentino di alcune rituali quanto inutili prescrizioni di cautela. Significherebbe far passare l’abuso attraverso l’imbroglio aggiungendo al danno le beffe. La società inglese deve essere invece messa di fronte ad una precisa scelta: o “concordare” col Governo e la Regione Puglia la “rinuncia” all’originario progetto o prendere atto, a seguito di un corretto procedimento di “autotutela”, dell’annullamento dell’autorizzazione per difetto della prescritta “VIA” e per tutte le altre violazioni di legge alla luce di una concreta ed attuale valutazione dell’interesse pubblico.
Michele DI SCHIENA
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