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Approfondimenti: Ricordi e Pensieri. Di Enrico Sierra



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Approfondimenti » 01/11/2006

Ricordi e Pensieri. Di Enrico Sierra

Ogni qual volta vengo a Brindisi, la mia città, sento il bisogno di andare "sobbra a Cristu", per vedere l'Istituto Commerciale "Guglielmo Marconi", ed ogni volta mi pervade una grande commozione e tanta nostalgia per i tempi passati.
Ed allora affiorano alla mente ricordi e ricordi, immagini, volti, pensieri di circa sessanta anni fa.
L'ultima volta che ci sono andato è stato a maggio scorso. Mi sono seduto sugli scalini d'ingresso dell'Istituto, e, pensando sono andato indietro nel tempo.
Davanti ai miei occhi sono apparsi i vecchi amici di classe: Carnevale, Miniati, Lippi, caro amico che non ci sei più, Vantaggiato, Greco, Pedio, Asciano , Toto' Nigro, Rotondo e tanti altri dei quali ho viva la fisionomia, ma non ricordo il nome. Molti di essi non vivono piu' a Brindisi, molti, purtroppo, ci han lasciato per sempre, ma tutti sono vivi nel mio pensiero e nel mio cuore.
E, come non ricordare le professoresse: Salerno, Biasi, Gabellone, Romano, e poi i professori Coccopalmeri, Baldini, Palumbo, Scanni e, quanti altri? Ed ancora i bidelli, che oggi si chiamano operatori scolastici, Pignataro, Oreste e Margherita, che erano anche amici per tutti noi. Segretarie dell'Istituto, mi sembra, fossero le due sorelle La Forgia, e preside era il Prof.Amato, o forse il Prof. De Vito? Ahi ahi, gli anni, circa sessanta, sono troppi per poter ricordare tutto lucidamente.

Nel 1947 arrivarono da Pola, Fiume, Zara tanti giovani che erano stati mandati via dalle loro case per accordi politici.
Venivano a Brindisi per studiare ed erano alloggiati al Collegio Tommaseo al Casale. Ricordo il giorno che il Preside li accompagnò in classe, presentandoceli. Si guardavano intorno incuriositi ed attoniti e nei loro occhi c'era tanta nostalgia e tanta tristezza. Era come, se guardando intorno, vedevano solo i loro cari, e poi il vuoto.
A casa ne parlai con mia madre e con mio padre. Mia madre disse solo, con un velo sugli occhi: chissà cosa dicono il cuore e gli occhi delle loro madri.
Allora capii che noi eravamo fortunati e che dovevamo dare tutto il nostro affetto a Decio, Antonio, Ottavio, ed a tutti gli altri. Dovevamo far sentire il nostro calore e la nostra amicizia.
In città li chiamavano "i profughi giuliani", ma noi amichevolmente ed affettuosamente li indicavamo come "i giuliani".
Non fu facile, per essi, ambientarsi, adattarsi alle nostre usanze, ai nostri cibi, ma ci riuscirono ben presto. Accettarono la "puddica", "lu pani cu li pumbitori", la" frisedda", e, sienti sienti, li "pettuli", e come li gradivano si li "strafucavunu".
Totò Nigro aveva l'abitudine di portarsi per colazione, "nu filoni" grande cosi, con pomodorini a "pendula", condito con olio, sale ed origano, ma quasi mai riusciva a farlo fuori da solo. Sembra quasi, per affettuosa complicità, che ogni volta cercasse di addentarlo, il Prof. Coccopalmeri, lo chiamava per l'interrogazione, in diritto od in economia, e cosi il filone, di mano in mano, o per meglio dire, di bocca in bocca, in un secondo era sparito. E, Totò tornando al suo posto diceva: "puru sta fiata, ma tu frigatu la mirenda".

Tutti i professori avevano in simpatia i giuliani, non che avessero delle preferenze nei loro confronti, ma capivano le loro situazioni, i loro pensieri, e, cercavano di confortarli in un modo che a noi non dava fastidio. Anche la città li aveva adottati, ed un giuliano, Rudi DeCleva, in un suo articolo intitolato I MULI DEL TOMMASEO, descrive l'amicizia e l'amore dei brindisini nei confronti di tanti ragazzi, lontani da casa, ospiti del Collegio al Casale.

La vita studentesca era fatta anche di corteggiamenti ed innamoramenti, per cui se al Commerciale studiavano poche ragazze, che si potevano contare con le dita di una mano, ci trasferivamo al liceo ginnasio.
Così, ogni mattina, appuntamento a Piazza Vittoria e tutti insieme verso il liceo Benedetto Marzolla, in Corso Roma. Poi dopo il saluto ed il bacio di alcuni alle loro ragazze del cuore, costeggiando il Parco della Rimembranza, di corsa al Marconi, dove ci aspettava Oreste per dirci che la prima campanella era già suonata.
"Dai sbrigativi, sempri l'ultimi siti, qualche giurnu vi lassu fori". Ed iniziavano le lezioni.

Il Professor Coccopalmeri, dopo aver pulito, con il suo fazzolettone, gli occhiali, il naso e le orecchie, iniziava le sue lezioni di Economia. Il suo principale argomento era il Punto di Cournot, che ci spiegava con una mimica particolare, che poteva sembrare scurrile, ma ci metteva di buon umore.
Il Professor Baldini ci faceva capire la poesia come nessun altro, e ce la faceva amare. Ed il Professor Palumbo che ci spiegava , con schizzi e schemi, l'inglese.
Con molti ci riusciva, con me no, io le lingue non le ho mai digerite!
E gli altri amici di classe?
Gianni, Franco, Toto', con i quali mi sento spesso, e, poi Asciano, che da Ostuni arrivava a Brindisi inforcando la bicicletta, e mi han detto che ancora oggi, non piu' sbarbatello, a Roma fa le sue uscite in bici. E, poi Salvatore Pedio, Omero Greco, Domenico Rotondo "lu francaiddesi", e Lino Lippi. Ma, ricordo con nostalgia e dolore Antonio Varisco che ci raccontava le sue barzellette senza ne' capo ne' coda, che duravano minuti, minuti e minuti. La sua allegria ci contagiava: era un amicone. E, per Antonio ho pianto, quando anni fa, ascoltando la radio, alle 7 di mattino, venni a sapere che il Colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco era stato ucciso a Roma dalle brigate rosse.
E, poi ancora Pillepich, Pinetta, Vastano, Chiurco, Wild, che ancora oggi non so se si chiamasse Uaild o Uild, ed il piccolo Steffè, che lasciò Brindisi dopo pochi giorni perchè non riusciva a stare lontano dai suoi cari. E chi poteva dargli torto?.
Quanti di noi avrebbero resistito ?

E come non ricordare le cenette fatte a casa di Gianni, i balli pomeridiani al Circolo dei Ferrovieri, e quelli serali, del sabato, al Circolo della Marina, ospiti del padre di Edoardo, il Maresciallo Celentano? Ed i bagni alla indimenticabile spiaggia di Sant'Apollinare? E le partite di pallacanestro tra istituti alla Palestra Galliano, dove imperava Spiditu Pennetta? E le partite di calcio al campetto del Collegio Tommaseo? Sono ricordi che riempiono di nostalgia e di gioia, e ce li teniamo stretti stretti!

Erano gli anni in cui si aveva una grande voglia di serenità, di divertimento e, soprattutto, si voleva dimenticare il passato. Venivamo fuori da una guerra che anche a Brindisi aveva portato rovine e lutti.
Eravamo passati dal pane nero dei tedeschi al pane bianchissimo degli inglesi e degli americani, e poi, finalmente, ai nostri filoni.
Erano gli anni in cui si passeggiava per il corso, con amici, e si chiacchierava su tutto e di tutti, mangiando "li castagni di lu previti " e li "spassatiempi" che Ciullo vendeva all'angolo del Cinema Mazari.
Erano gli anni, in cui la domenica si decideva se andare al Cinema o mangiare la frittella di Romanelli. Erano gli anni in cui gli acquisti di cancelleria si facevano presso il negozio di Anelli. Ma era tale la confusione che si cercava negli scatoloni o a terra, tanto che diventava difficile, per tutti i clienti, trovare l'articolo che si cercava!
Mi piace pensare che Giovanni Anelli, inanovibile nella sua sedia alla cassa, sia stato il primo ad inventare, nel commercio, il "self-service".

E così gli anni passavano ed arrivò il giorno degli esami di Stato, e poi il giorno dei risultati.
In attesa che Pignataro o Matilde esponessero gli scrutini con i risultati, tutti noi eravamo seduti sugli scalini, ed aspettavamo con ansia, impazienza mista a speranza. Poi, ecco, all'aprire del portone, gioia, delusione, e, programmi per il futuro. Ma, prima di andare via, abbracci a tutti, promesse di rivederci, di scriverci con chi tornava a casa.
Ma, poi, il lavoro e gli avvenimenti della vita, ci impedii di mantenere le promesse, e, sono passati tanti e tanti anni senza un saluto.
Con qualcuno mi son rivisto, ma con molti, forse i più, silenzio assoluto. E me ne faccio anche una colpa. Nella vita si diventa anche egoisti, e si dimenticano tante cose, e tante amicizie.
Ma ci conforta il fatto che il ricordo e' sempre vivo.
E, così, dopo quasi sessanta anni mi sono ritrovato seduto su uno scalino a ricordare tanti cari amici, tanti aneddoti, tanti fatterelli. E, mentre pensavo, il portone si aprii ed uscirono una decina di ragazzi, che vedendomi li seduto che sorridevo, avranno certamente pensato: " Quistu è pacciu".
Si, e' vero, sono pazzo, ma questa pazzia mi fa stare bene. E, continuando a sorridere, desidero salutare i tanti amici di Brindisi, di Pola, Zara, Fiume e Trieste, ed anche quelli che oggi sono sparsi in tutta la penisola ed anche all'estero, con i quali ho condiviso anni di serenità, di amicizia e di amore fraterno.
Desidero salutare anche gli amici che oggi non ci sono più. Ed a tutti chiedo scusa per il mio dialetto brindisino, imbastardito per il mio peregrinare in tutta l'Italia.
Ciao a tutti.

Forse anche Voi, giovani che venite dal Marconi, fra sessanta anni, passando vicino al Commerciale, il vostro istituto, vi verrà in mente "quiddu nunnu" che sorrideva, e, forse, parlava da solo.
Ma, con un pizzico di nostalgia, voi con il senno di poi, ne sono certo, mi capirete. Grazie.

enricosierra@tiscali.it


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