Approfondimenti » 16/06/2008

E' stato il Papa. Di Emanuele Amoruso

Ho guardato le persone, i loro gesti, la loro attesa. Ho visto i giovani, sui volti la speranza dell’avvenire. Ho visto gli umili e i semplici, sui volti la gioia che anche per loro c’è il giorno di festa. Ho visto gli anziani, sui volti l’invito a non arrendersi. Ho visto i bambini festanti, sventolando bandierine. Ho visto gli ammalati grati per il conforto. Ho visto i tanti offesi dalla vita abbracciati dall’amore di familiari e volontari.
Sui volti di questi ho visto la forza della fede. Negli occhi dei non udenti ho visto le parole a loro tradotte in gesti. Sui volti delle autorità ho visto il rispetto verso l’altro da se. Sui volti dei giovani sacerdoti ho visto la gioia nel vedere il successore di Pietro. Sui volti dei comunicati ho visto la dolcezza del cibo sacro. Sui volti degli uomini e donne addette alla sicurezza ho visto la pazienza di cui è fatto l’ascolto. I volontari, tantissimi, avevano in volto il sorriso della fraternità. Sul volto degli operatori della comunicazione ho visto parole di meraviglia e stupore.
Ho visto il cuore della città che mostrava la sua bellezza mediterranea. Ho visto la città rinfrescata dal vento che, accavallando le alte nubi, la mostrava con luci ed ombre. Ho visto in tutti un bisogno d’affetto, di comprensione, di appartenenza. Ho visto tutti disponibili a stare con l’altro, a donare anche solo un gesto d’amicizia.
Quell’uomo candido, dalla veste bianca ha fatto sentire tutti come appartenenti ad una comunità, ad un corpo collettivo che sente il gaudio di un giorno speciale.
Abbiamo atteso, ognuno di noi ha vissuto l’attesa come gioia compita.
Poi è arrivato, e le mani si sono alzate nel saluto e le voci hanno gridato il benvenuto. Poi è arrivato è ha portato speranza e incoraggiamento. A tutti perché questa comunità sappia essere artefice dei propri progetti, dacché essere nell’amore è già un dono trascendente.
Poi è arrivato con il suo sorriso gentile e la voce ragionata. Poi è arrivato dando a tutti un segno di riconoscimento nell’esserci e nell’essere. E’ arrivato ed è come se i luoghi, complici noi tutti, siano stati sacralizzati. Per un giorno ci siamo interessati più al senso d’ogni cosa che al suo disincanto.
Poi è arrivato e poi è passato.
Su quell’auto con la targa numero uno della Città del Vaticano, accompagnato dal nostro Vescovo, è passato svoltando nelle strade lasciando, Suo vero messaggio, all’orizzonte il coraggio della responsabilità verso se stessi e verso ogni altro.
Sarà così?
La speranza è fatta anche di etica della convinzione. E questi nostra terra resti almeno per un po’ luogo che dell’alleanza conservi la memoria.

Emanuele Amoruso