Approfondimenti » 17/01/2008
Articolo 33: "al buon pastore poche parole"
“Se si usa la parola «libertà» come etichetta per le preferenze morali o politiche di ognuno, l’impegno di ognuno alla libertà sarà vano”.
(Felix E. Oppenheim, Libertà, in Dizionario di Politica a cura di Bobbio-Matteucci-Pasquino)
A poche ore dall’inizio della Settimana Ecumenica di Preghiera per l’Unità dei Cristiani la notizia della decisione di papa Joseph Ratzinger di non recarsi all’università “La Sapienza” di Roma per il programmato discorso accademico mi sembra “decisamente saggia”; “decisamente più saggia” rispetto alle tante troppe occasioni del passato in cui il papa “teologo” ha superficialmente messo in un angolo i suoi “doveri pastorali” nei confronti della Chiesa Cattolica per avventurarsi in discutibili ed inutili se non addirittura dannose diatribe culturali che, già prima della lettera dei 67 esponenti “galileiani” dell’ateneo romano – contenente l’invito a non presenziare alla cerimonia alla quale era stato peraltro invitato – lo hanno visto protagonista e destinatario di altre “dolorose” lettere che, in una prospettiva non solo scientifica, ma anche multiculturale ed interreligiosa, hanno profondamente ferito decenni di faticoso cammino del corpo ecclesiale sulle vie del dialogo ecumenico, interreligioso ed interculturale.
Considerando come credente e come praticante, ancora prima che come cittadina la costituzione della nostra repubblica ed in particolare l’art. l’art. 21 – che tutela e promuove la libertà di espressione – la sua specificazione nell’art. 33 – che tutela e promuove della ricerca artistica e scientifica – e l’art. 19 – che tutela e promuove la libertà di fede religiosa e di pratica religiosa - un valore “laico” inderogabile, mi chiedo se papa Ratzinger sarà capace di trarre, al di là delle strumentalizzazioni politiche sul caso da parte degli agguerriti “teo-con” (leggi in particolare Buttiglione, Ferrara e tutta l’allegra compagnia che sin dalle prime ore si è prodigata ad amareggiare ulteriormente i toni già aspri della questione), la “dovuta” lezione magistrale dalla vicenda; mi chiedo se sarà capace già da domani di “leggere” non filosoficamente e teologicamente ma più “semplicemente” da cristiano “i segni dei tempi” che stiamo vivendo e dare così, soprattutto attraverso la ricerca e l’utilizzo più attento delle parole e dei mezzi di comunicazione di massa una vera e genuinamente evangelica lezione di “sapienza”; una conversione del papa in quanto capo della Chiesa che possa essere letta come segno di una volontà profonda di “ripulire” i sentieri conciliari dell’apertura e del dialogo dai cumuli di immondizia che atavici, sterili, controproducenti ed autolesionistici personalismi producono a danno del progresso sulla via di un’integrale sviluppo umano, culturale e sociale della Chiesa cristiana.
“A buon pastore poche parole”.
Ma.Ma.
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