Approfondimenti » 19/03/2008
Gocce della nostra storia (3). Di Marco Martinese
3° APPUNTAMENTO: MEDIOEVO E CROCIATE
Ho voluto dedicare questo terzo appuntamento di “Gocce della nostra Storia” ad un altro periodo ricchissimo, non solo di personaggi ed avvenimenti estremamente importanti, ma, credo, oltremodo affascinante e, per molti versi, ancor oggi avvolto nel mistero.
Con questo, non possiamo dimenticare che dopo la caduta dell’Impero romano e la sua frammentazione, la “Città di Bacco” sprofondò in un periodo di crisi sotto tutti i punti di vista…
Carestie e pestilenze (il porto fu spesso ridotto ad un acquitrinio malsano nel corso della sua storia…) la fecero da padrone, il tutto condito da un susseguirsi di dominazioni che portarono più volte alla distruzione della città.
Senza addentrarci troppo in questi eventi, diciamo che nel 395 Teodosio I divise l’Impero tra i due suoi figli, ad Arcadio assegnò l’Oriente e ad Onorio l’Occidente, avviando l’Impero stesso ad una lenta ed inesorabile decadenza.
L’Impero d’Occidente non ebbe lunga vita. Nata l’avventura romana con Romolo nel 753 a.C., essa terminò per mano del generale germanico Odoacre, che depose Romolo Augustolo nel 476 d.C.
In Europa si formarono i regni romano-barbarici, ed in Italia, dopo la breve parentesi di Odoacre, si affermarono gli Ostrogoti (493-553), che capeggiati da Teodorico, stabilirono a Ravenna la loro capitale e ben presto si trovarono a fronteggiare una serie di guerre mossegli con Giustiniano che nel frattempo aveva cercato di ricostituire il vecchio Impero d’Oriente.
In questo contesto, Brindisi si trovò frequentemente contesa tra i due schieramenti, ed, addirittura, un valoroso re degli Ostrogoti, Baduila, detto Totila, rase al suolo la città nel 540. I Bizantini ebbero, comunque, la meglio decretando la fine del regno ostrogoto e subentrando agli stessi fino a quando non dovettero cedere all’avanzata di un altro popolo barbaro: i Longobardi.
Sotto il re Romualdo caddero nel 668, Taranto e Brindisi, che ne uscì nuovamente distrutta.
Essi rimasero in Italia circa due secoli, fino al 774, ed anch’essi lasciarono la loro eredità, ad esempio, in alcuni cognomi…come ci spiega il Vacca (BRINDISI IGNORATA), se infatti un cognome termina in –ardo o in –aldo, è quasi certamente d’origine longobarda.
Ancora distruzione subì Brindisi con Saraceni, Pirati Slavi, per tornare in mano ai bizantini (nel frattempo nella basilica di S. Pietro a Roma, Carlo Magno era stato incoronato imperatore da papa Leone III…era la notte di Natale dell’800…era nato il Sacro Romano Impero).
Questo rapido, ma necessario percorso, ci porta al secondo millennio ed ai Normanni, con i quali la città visse un nuovo periodo di prosperità, a loro, infatti, si deve la ricostruzione della stessa.
Mi soffermerò un tantino su questa dominazione poiché il loro passaggio ha lasciato, più di altri, segni tangibili. Ed ora comprenderete il perché.
Quando Roberto il Guiscardo (cioè l’astuto), divenne duca di Puglia e Calabria nel 1059, il pontefice Nicolò II, in cambio del suo giuramento di fedeltà alla Chiesa, lo autorizzò ad occupare le terre che erano dei Bizantini e dei Musulmani. Il Guiscardo iniziò una vasta campagna di conquiste puntando anzitutto (indovinate?) su roccaforti quali Brindisi e Taranto, ancora in mano bizantina.
Brindisi cadde in mano normanna nel 1070 con Ruggero, fratello del Guiscardo.
Grazie alle munificenze di Ruggero, si costituì nel sito attuale, la Cattedrale (distrutta poi dal terremoto del febbraio 1743), utilizzando ciò che restava del tempio di Apollo e Diana.
Ma fu sempre un re normanno, Tancredi, a far costruire, su un precedente esemplare romano, la fontana a lui intitolata, in occasione del matrimonio del figlio Ruggero con Urania (Irene) di Costantinopoli, precisamente nel 1192.
Infine le Rughe, ossia, le vie. Le antiche vie, proprio grazie alla ricostruzione normanna devono il loro nome, che palesa l’origine linguistica francofona (Ruga=Rue, ovvero, via in francese).
Così, ad esempio, la Ruga Cambii, era la via dove risiedevano i banchieri, i cambiavalute, gli agenti commerciali, ecc., la Ruga Longobardorum era la via assegnata, probabilmente, alle superstiti genti longobarde dagli imperatori bizantini dopo la riconquista di Brindisi, la Magna Ruga Scutariorum era la grande via degli scutari, ossia degli armaioli, dei fabbricanti di scudi, i fonditori di bronzo, gli spadari, ecc. (localizzata, precisamente, nell’attuale via Cesare Battisti), la Ruga Cellariorum, o ruga dei cellari, ossia, la via delle cantine, la Ruga Magistra, ossia, la via principale, quella che oggi chiameremmo il corso della Brindisi medievale (coincidente con l’attuale via Filomeno Consiglio), e così via.
Veniamo ora alle Crociate con particolare riferimento alla nostra città, ancora una volta protagonista.
Quando nel 1095 papa Urbano II chiamò alla prima Crociata giunsero a Brindisi, attraverso la via Traiana, molti crociati per imbarcarsi verso la Terra Santa. E proprio di questo periodo è quell’edicola votiva che a partire dall’età angioina era dedicata alla Madonna del Gallico.
Qui essi si fermavano a pregare prima di partire. Teniamo presente che soprattutto agli inizi, molti di questi crociati, provenivano dalla Francia (Gallia), la Madonna di Jaddico o Gallico, infatti, si ritiene costruita proprio dai Cavalieri Canonici Regolari del Santo Sepolcro. Ragion per cui, la teoria più accreditata, è che l’appellativo potrebbe derivare dal titolo originario di “Madonna dei francesi o dei Galli”, quindi del Gallico, trasformato, poi, nella forma dialettale (gallo = jaddu…).
Un’altra teoria porterebbe all’ebraico, il cui termine “Jadd” significa sepolcro.
La terza spiegazione è invece la più affascinante anche perché incredibilmente attuale, e porterebbe a far derivare il nome addirittura dall’arabo (Jhiad = guerra Santa, Crociata).
In realtà il termine dovrebbe essere “il Jhiad” poiché, come mi ha spiegato un’amica conoscitrice dell’arabo, il termine arabo è maschile (e non come erroneamente ci viene propinato in TV…) e significherebbe “sforzo, impegno morale”.
Il 5 aprile del 1097 partì da Brindisi per Durazzo il principe normanno Boemondo da Taranto. La spedizione si sarebbe unita a Costantinopoli alle truppe capeggiate da Goffredo di Buglione…sarebbe stata la prima crociata che avrebbe portato alla conquista di Gerusalemme (1096-1099).
Durante la terza crociata (1189-1192), Riccardo “cuor di leone”, in sosta a Messina, decise d’incontrare a Brindisi la madre, Eleonora d’Aquitania, e la promessa sposa, Berengaria di Navarra (1191), dimorando in casa dell’ammiraglio Margarito da Brindisi (ecco spiegato il nome di un’altra nostra via…).
Il 15 luglio partì da Tiro, diretto a Brindisi, il re di Francia, Filippo Augusto, a capo della crociata insieme a Riccardo e Federico I “Barbarossa”. E nel 1197, sempre dal nostro porto, salparono trenta navi di crociati tedeschi.
Durante la quinta crociata (1217-1221), Brindisi e Messina furono porti di ritrovo e partenza verso i luoghi santi, e fra il 1219 e il 1220 ci fu il tentativo di san Francesco di convertire il sultano… lo ricordo poiché di ritorno dal pellegrinaggio, sarebbe approdato, guarda caso, a Brindisi.
E giungiamo a Federico II di Svevia, il grande imperatore (illuminato) che, nel meridione d’Italia, tanto fece e nei più svariati campi.
Federico venne incoronato imperatore il 22 novembre del 1220 a Roma. Nel marzo del 1221, da Brindisi inviò a Damietta una flotta di 40 galere, ben armata, ma la campagna fallì con la sconfitta dell’8 settembre 1221. Nel 1227 finalmente organizzò la crociata promessa da tempo al papa. Nel porto si radunarono cinquanta navi, ma una pestilenza (come sappiamo all’epoca frequente…) la fa fallire. Questo costituì il pretesto di papa Gregorio IX per scomunicare l’imperatore Federico.
Detto questo, faccio un brevissimo passo indietro. Federico, oltre per le sue riforme e innovazioni, lo ricordiamo anche per un altro episodio…
Infatti, egli amava a tal punto Brindisi, che proprio qui si sposò (si, proprio nella nostra Cattedrale), in seconde nozze, con Isabella di Brienne, figlia di Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, precisamente nel 1225.
La decisiva partenza per la sesta Crociata (1227-1229), l’unica interamente partita da Brindisi, avvenne il 28 giugno del 1228, e si concluse col pacifico accordo del febbraio 1229 col sultano Malik al-Kamil (trattato di Jaffa) ed il ritorno di una parte di Gerusalemme, Betlemme e Nazareth ai cristiani.
Sempre al periodo svevo sarebbe da datare la traslazione in Brindisi delle ossa di San Teodoro d’Amasea che composte successivamente nell’omonima arca argentea, avrebbero costituito oggetto di culto patronale solo dal XVI secolo in poi.
La partecipazione di Brindisi alle crociate, vede come ultimo atto l’episodio dello sbarco di Luigi IX re di Francia nella settima Crociata (1248-1254), ricordato dalla tradizione locale, che vede l’episodio collegato alla processione del “Cavallo Parato” in occasione del Corpus Domini.
Il Medioevo è, però, anche culla degli ordini cavallereschi alcuni dei quali son giunti, anche con trasformazioni, sino ai giorni nostri.
Il primo di questi fu l’Ordine di San Giovanni (dei Cavalieri di Amalfi) nel 1050, seguito dall’Ordine del Santo Sepolcro del 1099, mentre nel 1190 nacque l’Ordine dei Cavalieri Teutonici.
Ma l’Ordine che più di tutti ha affascinato da sempre l’immaginario collettivo e che è rimasto avvolto in un alone di mistero, è senza ombra di dubbio l’Ordine dei Cavalieri Templari del 1118 (Il Codice Da Vinci di Dan Brown insegna…).
Fondati da Hugues de Payns, da un primo nucleo di nove cavalieri, con lo scopo di vegliare le strade percorse dai pellegrini per recarsi nei luoghi Santi, essi divennero, in pochissimo tempo, una potenza non soltanto militare, ma anche economica … grazie ai loro commerci, ai loro prestiti e all’invenzione del sistema di cambio-valori (un pellegrino poteva versare una somma, dietro rilascio di un documento/ricevuta, per non aver denaro contante con sé. Presentando il documento, una volta giunto a destinazione, esso poteva esser riconvertito in denaro contante … un po’ come gli attuali travelcheque…)
In breve, giunsero a possedere una loro flotta, ad infiammare gli animi ed a reclutare con un ritmo impressionante al motto di: “Non nobis Domine, non nobis: sed nomine tuo da gloriam…” (“non a noi Signore, non a noi: ma al nome tuo dà gloria…”).
Ed anche a Brindisi lasciarono tracce del loro passaggio.
Mentre la presenza dei Canonici Regolari del S. Sepolcro è documentata in Brindisi nel 1144, quella dei Cavalieri Teutonici nel 1191 e dei Gerosolimitani nella seconda metà del XII secolo, per i Templari non disponiamo di fonti cronologiche certe, ma, con buona approssimazione, la domus templare brindisina può esser datata alla seconda metà del XII secolo, in un momento storico di grande fermento e sviluppo socio-economico. La chiesa di S. Giorgio del Tempio è documentata in un elenco di rendite della cattedrale brindisina del 1260, ed il tributo che la stessa pagava era tra i più ricchi pagati alla chiesa matrice … il che è indicativo.
Nel 1275, per espresso volere del sovrano una delegazione templare venne inviata a sovrintendere i lavori per la ricostruzione della torre del Cavallo, opera fortificata con funzione di faro sulla punta estrema dell’omonima penisoletta appena fuori il porto.
Solo ipotesi e congetture possono esprimersi circa la casa templare brindisina e la sua ubicazione.
Secondo il Vacca, la denominazione di S. Giorgio data al bastione più grande delle mura che cingevano la città dal versante di terra in epoca spagnola, sarebbe riconducibile alla presenza in quel sito della omonima casa templare. Il Moricino (medico e storico locale autore del manoscritto inedito: Dell’antichità e vicissitudine della città di Brindisi descritta dalla di lei origine sino all’anno 1604) attribuiva ai Templari il possesso della chiesa e ospedale del S. Sepolcro.
Per il Casimiro (notaio e storico locale autore del manoscritto inedito: Epistola Apologetica Jo. Baptistae Casimirii civis brundusini ad Q. Marium Corradum), invece, i Templari avevano la loro casa presso il castello di terra, in prossimità di quella parte indifesa dello stesso che ancora nel XVII secolo concordemente col Della Monaca, mostrava nelle sue cortine le tracce dell’attacco delle artiglierie della Lega (1528) piazzate per l’occasione lungo il pendio di S. Aloy o Croce del Castello.
La “colonizzazione” monastico-cavalleresca della Brindisi normanna, pertanto, si orientò verso aree periferiche ancora “degradate”della città. In tale ottica di necessità vanno considerati i nuovi edifici di culto per l’epoca quali S. Giovanni al Sepolcro dell’XI secolo, ricostruito sulle basi di un precedente tempio e documentato per i Canonici Regolari del Sepolcro nel 1144, S. Maria Veterana (S. Benedetto) già documentata nel 1089, la chiesa ed ospedale d’Oltramontani di S. Martino, località documentata nel 1107 e la più lontana ed isolata S. Maria Alemanna dei Teutonici nel sito destinato alla posteriore piazza d’arme del castello, costruita poco prima del 1191.
Basandoci, quindi, su questi dati, ipotizziamo, vista la vicinanza delle chiese di S. Croce e del S. Sepolcro, l’ubicazione della casa templare nei pressi dei due citati edifici, lungo l’attuale via Marco Pacuvio. Un dato a favore di quest’ipotesi (pensate…) è nel fortuito rinvenimento, durante lavori di ristrutturazione di un antico edificio tra il vicolo e la chiesa di S. Giovanni al Sepolcro, di un’interessante bifora murata in intonaci posticci. La bifora priva, della colonnina centrale, reca nella lunetta superiore a pieno centro una croce trecciata con rebbi racemosi quasi a sottintendere una T, sovrastante un tempio la cui stilizzazione in tre moduli sovrapposti esplicita il riferimento al Tempio di Gerusalemme (Giuseppe Maddalena, PAVALON, Laboratorio di Studi Templari per le Province Meridionali, Atti 1° Convegno Nazionale, a cura di Giuseppe Giordano e Cristian Guzzo).
Non si può chiudere la puntata, senza citare uno dei nostri gioielli più ammirati che, fortunatamente (questo si…) è giunto sino a noi e valorizzato ampiamente a differenza di tanti altri: la chiesa di “S. Maria del Casale” (Santa Maria del Casale in Brindisi, Silvia Palano).
Essa è uno splendido esempio di architettura dell’ultima luminosa fase del romanico pugliese cui s’intrecciano motivi goticheggianti che la rendono elegante ed unica nel panorama regionale.
Alcune memorie popolari tramandano che qui si sia soffermato a pregare anche san Francesco d’Assisi di ritorno dal già citato viaggio in Oriente.
La leggenda narra di un ragno che aveva ricoperto con la sua tela l’immagine votiva della Vergine (la chiesa sorge nel punto in cui, secondo antiche tradizioni, era una cappelletta votiva con un’immagine della Vergine miracolosa), san Francesco lo avrebbe, perciò, redarguito: il ragno umilmente, disfece così la sua tela per rendere visibile l’affresco.
Purtroppo, non si conosce la data esatta dell’edificazione della chiesa ma, dal momento che tutti i documenti che ne attestano l’esistenza sono datati posteriormente al 1300, la chiesa doveva già esser stata costruita nei primi anni del secolo o al limitare di quello precedente.
Nel 1310 fu utilizzata, proprio, come cancelleria del processo ad alcuni cavalieri templari del Regno di Sicilia che, in seguito, vennero condannati in contumacia.
Nel XVII secolo il monumento cominciò ad essere gradualmente trascurato e deturpato: vennero chiuse le splendide monofore, furono aggiunti numerosi altari barocchi ed in seguito ad una violenta epidemia diffusasi nel Salento, fu adibito a lazzaretto; fu proprio in tale occasione che gli splendidi affreschi vennero scialbati, cioè ricoperti di calce e dimenticati.
Nel 1866 i Padri riformati, dopo circa tre secoli di permanenza in Brindisi, dovettero lasciare la chiesa. Nello stesso periodo si procedette alla demolizione di parte delle sovrastrutture barocche e allo scalcinamento delle pareti, operazione che portò (pensate…) al ritrovamento fortuito dei meravigliosi affreschi: e fu proprio un francescano (che coincidenza…) battendo sulle pareti dell’abside a scoprire casualmente l’ANNUNCIAZIONE.
Da quel momento gli affreschi costituirono l’elemento portante della chiesa che già nel 1875 (avete ben compreso?…) fu dichiarata MONUMENTO NAZIONALE grazie all’intervento di un arcidiacono archeologo brindisino: Giovanni Tarantini.
Nel 1954 il Genio Civile si prodigò per la riparazione dei danni bellici derivanti dall’uso improprio dell’edificio durante le due guerre mondiali (deposito di armamenti).
Vorrei accennarne una breve descrizione.
Monumento artistico di eccezionale valore raccoglie in sé le eredità del romanico pugliese, che nella sua ultima fase si sono arricchite dei nuovi apporti gotici.
L’impianto è a croce latina con unica, ampia navata, tipologia prediletta dagli ordini mendicanti perché atta ad accogliere grandi masse di fedeli non frammentate da vezzose divisioni.
L’orientamento spaziale segue, invece, l’asse Est-Ovest, secondo i canoni orientali, in modo tale da permettere al sole nascente di illuminarne l’interno. La struttura a capanna esalta l’eleganza del fabbricato nobilitato ulteriormente dalla delicatissima cromia della cortina muraria in arenaria bianca e carparo dorato. Ad illuminare l’interno concorrono sei monofore ogivali, quattro delle quali si aprono in navata (due per parte), una in controfacciata e l’ultima nell’abside.
Questo stratagemma, soprattutto in certe ore del giorno, permette un’illuminazione che crea suggestivi giochi d’ombra, infondendo nel visitatore un senso di raccoglimento mistico.
Ma il maggior pregio dell’edificio sono le meravigliose pitture che ne decorano le pareti. In alcuni punti si distinguono, addirittura, fino a tre strati di colore. L’originalità della decorazione risiede nel tipo d’illustrazioni riprodotte, tra cui scene desunte dai Vangeli apocrifi ma, soprattutto, molteplici armate al cospetto della Vergine in ricordo dell’importanza che il porto di Brindisi ebbe come snodo strategico per i Crociati in partenza per la Terra Santa.
Così, affinché il fedele uscendo dall’edificio non dimenticasse le esortazioni evangeliche e scegliesse una vita morigerata, l’ultimo sguardo doveva cadere verso una scena che servisse da mera esortazione: il Giudizio Universale.
Sulla parte sinistra della navata, all’interno di una preziosa cornice a rombi, mutila purtroppo della parte inferiore, è dipinto il Lignum Crucis, l’Albero della Croce o della Vita.
Lo ricordo per un semplice motivo, così che la prossima volta che ci capiterete ci farete senz’altro più caso e possiate guardarla con occhi diversi …
Nel contorno della figura c’è infatti il primo stemma della nostra città … l’insegna con le due colonne …
Possano i brindisini andar sempre fieri dei loro gioielli ...
Grazie ed alla prossima.
Marco Martinese
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