Approfondimenti » 21/04/2008
Gocce della nostra storia (4). Di Marco Martinese
4° APPUNTAMENTO: DALLA FINE DEL MEDIOEVO ALL’ETA’
MODERNA
Proseguiamo il nostro percorso storico non senza tracciare un breve “excursus” che ci faciliti la comprensione del come si è arrivati a certe situazioni che han lasciato segni quanto mai profondi nella storia, certo, ma anche nella fisionomia della nostra città.
Nel 1250 muore il grande FedericoII, col quale la casata degli Hohenstaufen, raggiunse il massimo splendore. I titoli passarono, per diretta discendenza, a Corrado IV e subito dopo (per la prematura morte di quest’ultimo) all’illegittimo Manfredi che morirà in battaglia nei pressi di Benevento nel 1266, quando Carlo d’Angiò sarà stato già incoronato re di Sicilia a Roma.
Per mantenere i possedimenti, scese in Italia il giovane Corradino (figlio di Corrado IV), ma la spedizione fallì tragicamente con la sua decapitazione dopo la sconfitta di Tagliacozzo(1268).
Si era concluso così, il periodo Svevo, ossia, anche un capitolo importante della storia brindisina.
Pare, infatti, che tutti gli Svevi abbiano avuto in molta considerazione Brindisi, ma soprattutto con Federico II, si dovette un periodo di pace e di ripresa generale in ogni campo, da quello economico a quello culturale.
Ad esempio, s’intensificarono i traffici commerciali con Venezia, tanto che addirittura, durante una carestia (1225/28) , fu Brindisi a rifornire i territori veneti di grano e di altri generi alimentari.
Conseguentemente a tale rinascita, Brindisi assunse un aspetto regale.
Federico II migliorò la cinta muraria, restaurò il porto e lo dotò di un arsenale e costruì, infine, un grande castello, che sarà detto “Svevo”, proprio dalla sua casata.
Inserisco un paio di curiosità di questo periodo.
Pare che Luigi IX, re di Francia nel tentativo di strappare agl’infedeli il Santo Sepolcro (Aprile 1250) sia caduto prigioniero del Saladino, che si dichiarò però disposto a ridargli la libertà dietro riscatto in denaro che il re si sarebbe dovuto procurare personalmente. In ostaggio al Saladino sarebbe rimasta l’Ostia consacrata che, per concessione speciale, il devotissimo re di Francia portava sempre con sé. Sbarcato a Brindisi, fu aiutato da Federico che subito fece coniare nella sua zecca il denaro occorrente, 30.000 marche d’oro. Queste furono rifiutate dal Saladino, perché impressionato dalla lealtà del re Luigi, e rimandate indietro…ecco perché nel nostro dialetto i soldi vengono spesso detti “TURNISI”, cioè derivanti da “TORNESI”, ossia “DENARO CHE RITORNA…”
La bella storia, però, non finisce qui. Si narra, infatti, che Luigi IX sia capitato nuovamente a Brindisi…la sua nave si sarebbe arenata su uno scoglio a tre miglia dalla città(Torre Cavallo).
L’Arcivescovo in persona Pietro II, pensando alla presenza dell’Eucarestia a bordo, volle recarsi sul posto accompagnato dal clero e dal popolo. Per l’età avanzata, si servì di un cavallo, giunto sul luogo del naufragio, si accostò alla nave e prese in consegna il prezioso calice portandolo trionfalmente in cattedrale tra il tripudio del popolo. Fu quella la prima volta in cui l’Eucarestia fu processionata al di fuori delle mura di una chiesa. Ecco spiegata la tradizione, unica in tutto il mondo, del “cavallo parato”. La zecca di Brindisi, infine, secondo il Dell’Erba, insieme a quella di Messina, sarebbe stata la più attiva. Qui si coniavano i tarì, gli Augustali d’oro, i denari apuliensi(uno dei quali messo in circolazione in occasione del matrimonio di Federico con Isabella).
Con Carlo d’Angiò re di Sicilia dal gennaio 1266 iniziò in Italia il potere angioino, resosi subito impopolare a causa della politica eccessivamente fiscale attuata per finanziare le sue imprese espansionistiche nel bacino del Mediterraneo. In funzione di queste mire, Brindisi assunse immediatamente una nuova, grande rilevanza politica e militare. Si provvide al potenziamento delle sue fortificazioni, di cui si giovò il castello svevo e che vide l’innalzamento di una torre d’avvistamento(Torre Cavallo, appunto) nello stesso punto dove si sarebbe arenato Luigi IX.
Fu inoltre migliorato il porto ed ampliato l’arsenale svevo. Pensate che in quest’arsenale verrà allestita la flotta con cui Carlo raggiungerà la Sicilia per fronteggiare la rivolta che, scoppiata il lunedì di Pasqua del 1282, passò sotto il nome di “vespri siciliani”.
In seguito con Carlo II, all’imbocco del porto verranno realizzate nel 1301 due torrette collegate da una catena di ferro che avrà il compito di precludere l’accesso alle navi indesiderate(oggi, parte della catena è conservata nel castello svevo). La zecca, durante i primi anni del potere angioino, tornò in piena attività, poiché Carlo I aveva fatto chiudere prontamente quella sveva di Manfredonia, anzi, c’era l’ordine perentorio che fosse usata soltanto la moneta coniata a Brindisi, pena il marchio sulla fronte della moneta proibita. (Il Camassa individua la sede della nuova zecca nell’attuale loggia balsamo) .
Senza dilungarci ulteriormente, dopo alterne vicende, la corona napoletana passò ad Alfonso d’Aragona nel 1442, dopo esser stato più volte adottato e revocato da Giovanna II della casa di Durazzo(ramo secondogenito degli Angioini). La “città di Bacco” in questo periodo subì un notevole e generale arretramento. Fu, anzi, proprio con Alfonso d’Aragona che visse anni più tranquilli. I Turchi minacciavano nuove invasioni e nel 1480 furono ad Otranto. Ferdinando I ritenne, perciò, opportuno migliorare le difese delle città costiere e, per Brindisi, ordinò al figlio Alfonso duca di Calabria, di dotare il castello sull’isola di S. Andrea (già costruito da Alfonso I, da cui ne deriva il nome che ancor oggi usiamo di “Castello Alfonsino..:” ) di nuove costruzioni: antemurali e bastioni si allinearono seguendo la configurazione a triangolo isoscele ed il castello stesso fu ampliato con un bastione triangolare sul lato del mare ed uno circolare nella zona ad ovest (il perché delle diverse forme va ricercato nella diversa funzione:il bastione triangolare per resistere al mare e all’artiglieria,l’altro doveva permettere alla batteria di pezzi sistemati in copertura, di colpire in ogni direzione). Fortunatamente, dopo tanti anni di abbandono, la struttura è stata restaurata e recuperata.
Le offensive agli Aragonesi, prima ancora che dai Turchi, vennero dai Francesi.
Li cito per un altro episodio che vi farà comprendere l’origine di un’altra scritta a noi familiare, ma che a molti risulta, magari, sconosciuta.
Carlo VIII nel 1495 scese in Italia per far valere i suoi diritti sul napoletano, quale discendente degli Angioini. Nella lotta, Brindisi fu accanto agli Aragonesi. Per aver fatto prigioniero presso Mesagne un famoso condottiero francese, precisamente il Duca d’Asparre, rinchiuso nel castello svevo, Ferdinando d’Aragona (figlio e successore di Alfonso II), fece coniare per l’occasione una moneta.
Da una parte era incisa la frase “FIDELITAS BRVNDVSINA”(Fedeltà Brindisina), e dall’altra riportava lo stemma della città con le due colonne(Della Monaca e Camassa). L’avvenimento fu talmente importante per i Brindisini che lo rievocarono ogni anno nella “cavalcata di S. Giorgio”, poi soppressa nella prima metà del ’600 per motivi di ordine pubblico.
Morto nel 1516 Ferdinando il Cattolico, il regno di Spagna, di Napoli, di Sicilia, di Sardegna, ed i possedimenti oltre Oceano, andarono al nipote Carlo d’Asburgo, che con i Paesi Bassi e le terre degli Asburgo, creò un vasto Impero su cui nel 1519 dominerà col nome di Carlo V, Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico(ed è per questo che fu detto:“l’Impero dove non tramonta mai il sole”).
Non appena entrato in possesso del Regno di Napoli, Carlo V mandò un’ispezione nelle città costiere per verificare lo stato delle opere di difesa. Quelle di Brindisi risultarono insufficienti.
Furono perciò costruiti i torrioni di S. Giacomo, di S. Giorgio e quello di Porta Mesagne(sul quale ancor oggi possiamo ammirare lo stemma reale, inciso nella pietra, di Carlo V…). Si realizzò infine, Porta Lecce e parte di una poderosa cinta muraria.
Francesco I, re di Francia, non potendo tollerare d’esser accerchiato dai possedimenti di Carlo V, ingaggiò con lui una lotta estenuante che sarà conclusa soltanto nel 1556 dal suo successore e figlio, Enrico II. Infatti, nel 1556, Carlo V aveva diviso finalmente il suo Impero.
Al figlio Filippo aveva dato la Spagna ed i possedimenti in America e in Italia, mentre al fratello Ferdinando aveva concesso le terre degli Asburgo ed il titolo di Imperatore. Ed è del 1559 la pace di Cateau-Cambrèsis che decreta per l’Italia la presenza degli Spagnoli, che vi si fermeranno per un secolo e mezzo, fino al 1714, ed il loro governo sarà caratterizzato da una grave crisi economica.
Brindisi nel 1526 fu colpita da una grave pestilenza, a causa delle soldatesche che non seguivano precise regole sanitarie. Ma è nel 1528 che crolla inspiegabilmente una delle due colonne romane(presagio di sventura…).
Nel 1558 per difendersi da eventuali attacchi dei Turchi, fu costruito, sull’isola di S. Andrea, il Forte, cioè l’attuale opera a corno che assunse la forma di un triangolo isoscele agli angoli della cui base sorsero due baluardi: “Intavolata e Tramontana”.
Nel frattempo Brindisi continuò ad arricchirsi di chiese e monasteri. Nel 1568 l’arcivescovo Bovio concesse ai minori osservanti di San Francesco di Paola, S. Maria del Casale, perché vi edificassero un monastero(rimpiazzati poi dai padri Riformati della medesima regola di S. Francesco).
Nel 1609 si costruì S. Maria degli Angeli. Mentre è del 1618 la famosa fontana Dè Torres(oggi in Piazza Vittoria). A volerla, infatti, fu il governatore Pietro Aloisio Dè Torres.
Gli spagnoli a Brindisi avevano il loro quartiere intorno all’attuale chiesa di S. Teresa e molti furono quelli che contrassero matrimonio con giovani del posto. Anche di questi se ne conserva l’eredità in molti cognomi tutt’ora riconoscibilissimi(Vacca): Arilianos, Cafarellas, Caravalios, Lafuentes, Lopez, Martinez, Piliegos, Scivales, Sierra, ecc.(solo per citarne alcuni, anche se molti di essi han perso la lettera finale del cognome…). Dal popolo erano chiamati “Iannizzi”, cioè Giannizzeri probabilmente per il loro incedere eccessivamente spavaldo, e sempre nel quartiere degli spagnoli, sorse nel 1671, la chiesa e il monastero di S. Teresa dei Carmelitani Scalzi, oggi sede dell’Archivio di Stato.
Ricordiamo, per dover di cronaca, che nel 1657 i rocchi della colonna rovinata a terra nel 1528, furono offerti dal sindaco Carlo Stea alla città di Lecce per erigere una colonna col compito di sostenere la statua di S. Oronzo, a cui fu attribuita la preservazione del Salento dalla pestilenza.
In realtà, i sindaci successivi non ratificarono l’offerta e si opposero al trasporto, come ci racconta il Camassa.
Ma nel frattempo credo sia il caso di segnalare un altro piccolo record della nostra città risalente, per la precisione, al 1627 : il primo libro stampato a Brindisi (ben 4 anni prima di Lecce…).
Fu stampato nel palazzo dell’episcopio da Lorenzo Valeri, un colto tipografo romano invitato a Brindisi dall’arcivescovo Falces per stampare una sua opera : “Pratica brevis ac universalis”, di cui 2 esemplari sono custoditi nella Biblioteca Provinciale di Lecce e uno da quella Arcivescovile di Brindisi.
Intanto la città, verso il 1650, aveva registrato una cospicua immigrazione di Schiavoni, a cui era stata assegnata un’intera zona nel cuore della Brindisi più antica e nella quale pare sorgesse una chiesa intitolata a S. Pietro(di cui non v’è traccia). Da cui il nome al quartiere: San Pietro degli Schiavoni. Infine, nel1664, Francesco De Estrada istituì le Scuole Pie nel restaurato convento dei Celestini, col fine di istruire i giovani “nelle scienze e nel timor di Dio”. In seno a quest’istituzione sorse anche un’Accademia degli “Erranti”, che curava la prosa, ma soprattutto la poesia(ne è stato ricreato da poco l’auditorium).
Per i trattati di Utrech e Rastadt, agli Spagnoli subentrarono gli Austriaci, che giunsero a Brindisi precisamente il 4 giugno 1715. In seguito alla guerra di successione polacca(1733-38) l’Austria è costretta a cedere il Napoletano e la Sicilia, territori che, con Carlo di Borbone, formeranno un regno indipendente che dal 1734 al 1759 conoscerà un periodo di dispotismo illuminato.
Molte infatti furono le riforme che Carlo III varerà in questi anni. Ricordiamo che nel 1754, in particolare, fece ultimare la costruzione del Seminario, il più bell’esempio di architettura barocca a Brindisi(vedi palazzo del Seminario a piazza Duomo).
Il 7 Ottobre 1762, durante i lavori in Largo S. Paolo, fu ritrovata la statua in marmo dell’ERCOLE BRINDISINO, dimenticata per lungo tempo in uno scantinato del museo di Napoli e potuta riammirare soltanto ultimamente dai brindisini, per un prestito concesso dallo stesso museo.
E qui nel 1798 per volontà dell’arcivescovo Annibale De Leo, sorgerà con Regio Decreto LA PRIMA BIBLIOTECA PUBBLICA DEL SALENTO E DI TUTTA QUANTA LA TERRA D’OTRANTO. Il prelato brindisino prescrisse nel testamento che essa fosse d’uso pubblico, collocata nei locali a piano terra del palazzo del Seminario Arcivescovile di Brindisi ed amministrata dagli arcivescovi pro-tempore nonché dalle quattro dignità del capitolo della basilica cattedrale e fu egli stesso a designare il primo bibliotecario nella persona di Giovan Battista Lezzi.
Ma certamente di eccezionale rilevanza è la figura di Giovanni Tarantini(1805-1889), collaboratore del Mommsen(premio nobel), che di lui tracciò un pubblico elogio nel nono volume del “Corpus inscriptionum latinarum”. Fu nel 1882 che Gregorovius definiva la De Leo come “la più copiosa di tutte le biblioteche salentine”.
Ed è doveroso soffermarmi un attimino su quest’altro nostro gioiello, perché, purtroppo, tutt’oggi, molti brindisini non hanno idea del tesoro che hanno la fortuna di avere a disposizione…
Io stesso restai colpito quando mi trovai ad assistere alla visita di uno studioso medievalista tedesco venuto nella nostra città per visionare documenti custoditi nella biblioteca in oggetto…già…perché di tale importanza ed unicità è il patrimonio che abbiamo…
IL RARO ED UNICO PATRIMONIO LIBRARIO.
I MANOSCRITTI : il fondo comprende 230 codici la cui importanza non è limitata a particolari epoche o ambienti circoscritti. Interessano il Meridione e il Settentrione d’Italia, la storia del Sacro Romano Impero e la storia della chiesa, le scienze fisiche e l’astronomia, la letteratura latina, greca, italiana e vernacola, il diritto, la filosofia, la geologia, l’agricoltura, l’araldica, la storia dell’arte.
Importante perché da questo fondo hanno attinto in varie epoche studiosi celebri anche stranieri come il Kehr, Lenormant, Gregorovius. Tra i manoscritti va necessariamente menzionato il “Codex Diplomaticus Brundusinus”, compilato proprio da Annibale De Leo in tre volumi più un’appendice con documenti che vanno dal 492 1499. Fra i codici pergamenacei sono di rilevante interesse il “Decretum Gratiani”, redatto tra il XIII e XIV secolo; le “Postillae super Ysaiam” di Alessandro di Hales, attribuibile al XIV secolo, OPERA MAI STAMPATA DI CUI ESISTONO DUE SOLI ALTRI ESEMPLARI CONSERVATI ALL’AMBROSIANA DI MILANO E AD OXFORD (vi rendete conto???).
GLI INCUNABOLI : la biblioteca conserva 17 incunaboli tra i quali il libro di maggior pregio secondo Dennis E. Rhodes, direttore della British Library di Londra, è il Confessionale Defecerunt, di Sant’Antonino arcivescovo di Firenze, stampato in Italia nel 1472 di cui si conoscono solo altri 15 esemplari.
LE CINQUECENTINE : Le edizioni del XVI secolo, con circa 267 unità, comprendono studi antiquari e filologici di diritto e amministrazione dello Stato ed infine i classici italiani, latini e greci. Sempre il Rhodes ha segnalato come dell’edizione italiana della “Syntaxis linguae grecae” di Jean Varen, SIA QUI CONSERVATO L’UNICO ESEMPLARE INSIEME AI PIU’ ANTICHI MATERIALI TIPOGRAFICI BRINDISINI OSSIA I PRIMI LIBRI STAMPATI IN BRINDISI NEL CORSO DEL XVII SECOLO: da Lorenzo Valeri nel 1627 e da Tommaso Mazzei nel 1699 e 1700.
LE LEGATURE : ricca è la presenza di legature di pregio…9 risalgono ai secoli XV-XVI, 25 al secolo XVII, 58 al secolo XVIII, 17 al secolo XIX. Le legature dell’Ottocento sono quasi esclusivamente italiane, il che sta a significare che gli acquisti, rivolti spesso in campo europeo da mons. De Leo, si sono poi orientati essenzialmente al mercato nazionale e più propriamente centromeridionale. Fra le legature d’Oltralpe vi sono testimonianze della produzione olandese del XVII-XVIII secolo; fiamminga con una legatura dell’officina di Anversa del Plantin(1607?); tedesca, in pelle di scrofa impressa a secco, con decorazioni a rullo, di argomento biblico o mitologico fra cui è da segnalare quella, probabilmente eseguita a Praga, sul finire del XVI secolo; francese di Lione e Parigi. Fra le legature pugliesi del Settecento ve ne sono di orientaleggianti secondo la moda allora imperante delle persianerie e delle indianerie.
Il 20 Ottobre 1999 la Biblioteca è stata riconosciuta dalla CEI, Ufficio Centrale per i BB.CC., QUALE ISTITUZIONE CULTURALE LAICO-ECCLESIALE TRA LE PIU’ ANTICHE DEL MERIDIONE ED, IN ASSOLUTO, LA PIU’ ANTICA DEL SALENTO E DI TUTTA QUANTA LA TERRA D’OTRANTO.
Marco Martinese
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