Arte » 16/05/2008
Marcello Avenali a Brindisi, un gradito “ritorno”. Di Domenico Saponaro
Ha suggellato tre decenni di tormentati restauri, tra lunghe interruzioni e varie riprese dei lavori, l’apertura al pubblico del cinquecentesco palazzo Granafei - Nervegna, a Brindisi, fortemente voluta dal sindaco Domenico Mennitti.
Il piano nobile dell’edificio – una delle più insigni dimore storiche della città – ospita ora una bella mostra antologica di Marcello Avenali, dal titolo “Opere 1933 - 1981”, inaugurata da Vittorio Sgarbi sabato 29 marzo 2008 in occasione appunto della riapertura del palazzo.
Mariastella Margozzi, curatrice della rassegna, ripropone un’esperienza espositiva già tenuta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 2001; nondimeno il tributo brindisino si connota sul piano storico per il particolare legame dell’artista con la città pugliese, instauratosi nel 1979 in occasione della realizzazione del monumento ad Aldo Moro e ai Caduti di Via Fani.
Nato a Roma nel 1912, Marcello Avenali esordisce precocemente, appena iscritto all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1929, con una serie di disegni a carattere faunistico che esporrà l’anno successivo al Giardino Zoologico in occasione della I mostra nazionale dell’animale nell’arte. Ma l’attività pittorica prende effettivamente avvio nei primi anni Trenta, con prevalente dedizione ai ritratti delle sue sorelle Anna Maria e Renata: opere di piccolo formato che impronteranno, non tralasciando frequenti momenti vedutistici, questo primo momento di pittura da cavalletto. Si assiste a una stagione giovanile fondamentalmente ispirata all’ideologia della Scuola Romana, “fronte figurativo” di punta dell’arte italiana dell’epoca, in chiave di un moderato espressionismo - nel caso di Avenali ancor più stemperato e composto.
Viceversa, una pennellata ampia, pastosa, liberata dal disegno (ma pur sempre fortemente ancorata alla figurazione) e meno ponderata, informerà la sua pittura negli anni successivi, a sancire – negli anni Quaranta – la piena maturazione espressiva.
La stretta frequentazione con Fausto Pirandello, i contatti con Mafai, Fazzini, Guttuso, Cagli, Gentilini, Afro, corroborano difatti l’adesione a quei canoni, sia ideologici sia squisitamente formali, che condurranno gradualmente la pittura di Avenali - ma l’orientamento è generale - verso l’astrazione.
Nei nudi e nelle nature morte eseguiti tra il 1953 e il 1958 (nutritamene presenti in mostra) si avverte una tendenza che vedrà compimento nel 1960: la figura, l’oggetto, il paesaggio vengono a scomporsi fino ad estinguersi completamente nelle linee, nei segni, nelle campiture; la tavolozza si arricchisce di tinte primarie che, con l’impiego della tempera e degli inserti materici (sabbia, carta, colla) apportano tonalità vibranti di nuova luce.
La ricerca espressiva di Marcello Avenali muove da queste riflessioni per svilupparsi ulteriormente, giacché l’artista amplia tale esperienza informale e polimaterica volgendo lo sguardo al di fuori della pittura; i primi anni Sessanta lo vedono infatti alle prese con decorazioni architettoniche di particolare rilevanza: una tra tutte, la stupenda vetrata per la chiesa dell’Autostrada del Sole, di Giovanni Michelucci.
Vedono la luce anche le prime sculture e gli arazzi, cui si aggiungeranno in seguito i patchwork (particolarmente interessanti, anche per la veduta d’insieme, i lavori in tessuto ordinati nelle sale di palazzo Granafei - Nervegna); segnatamente le opere plastiche costituiranno il secondo pilastro portante - essendo la pittura il primo - del suo fare artistico negli anni a venire.
Mariastella Margozzi, nel testo critico in catalogo, evidenzia appunto questa fase di “avanzamento stilistico e poetico nella sua produzione. Avenali – prosegue l’autrice – scopre l’anima del faber che alberga nel suo essere artista. Come faber, come artigiano, comincia a concepire la sua opera: la materia è veicolo dell’espressione artistica, la condiziona e la sostanzia.”
Nei manufatti scultorei, frutto della meditata e approfondita attività dell’Avenali faber appunto, vetro e metallo sono i materiali individuati per dare forma, con successo, alle sue sperimentazioni: forme astratte che interagiscono con la luce e lo spazio in un accattivante rapporto tra vuoti, pieni e trasparenze.
Visitando la mostra viene in mente il tagliente pregiudizio di Baudelaire nei riguardi della scultura, che ebbe tra l’altro a definirla qualcosa in cui si inciampa indietreggiando per vedere meglio un quadro …; banalizzazione a parte, questa personale di Avenali contribuisce a sconfessare la salace boutade del critico parigino, atteso il risalto dato dalla curatrice alle qualità estetiche e spaziali delle sculture selezionate, ben collocate non solo in relazione alle fonti di luce naturale ma anche nel cercare un’interazione filologica con i dipinti.
Se nei dipinti, verso la metà degli anni Settanta, si verifica una riapparizione della figura – sebbene trasfigurata e, almeno in un primo tempo, appena leggibile nella dimensione astratta del quadro, la scultura continua a caratterizzarsi per l’astrazione delle forme che costituisce oramai la cifra dell’arte plastica di Marcello Avenali.
In questo solco si inserisce un’opera, come accennato, per molti aspetti importante: il monumento ad Aldo Moro e ai Caduti di Via Fani, commissionatogli nel 1979 dal Comune di Brindisi, e portato a compimento l’anno successivo (Avenali si spegnerà a Roma nel 1981).
La scultura, in acciaio, si protende verso l’alto per dodici metri con le sue due fasce morbidamente ritorte e parallelamente slanciate, in un gradevole effetto di riflessi ed assimilazione della luce naturale; uccelli stilizzati si staccano in volo, in alto, dall’interno delle “convergenze parallele” che svettano dal rondò stradale in cui è sistemata la struttura. Il risultato è ottimo, vuoi per la cospicuità del manufatto, vuoi per la sua collocazione; il monumento è uno splendido esempio del rapporto tra bellezza intrinseca dell’opera e sua contestualizzazione: la collocazione in un sito vissuto pienamente dalla comunità ne fa un eccellente segno di relazione polisemica tra opera d’arte, evento storico, stratificazioni storico-sociali e contemporaneità.
Il monumento brindisino rappresenta certamente una delle opere fondamentali di Marcello Avenali, figura che ha vissuto ed operato suo malgrado nel cono d’ombra di assoluti protagonisti del novecento italiano. La mostra personale di Brindisi si ripropone giustamente di riaffermarne l’interesse, contribuendo ulteriormente a storicizzarne in modo adeguato le qualità e il percorso di artista di indiscussa levatura.
La mostra di Marcello Avenali “Opere 1933 - 1981”, a cura di Mariastella Margozzi, resterà aperta fino al 15 luglio 2008. Orari: da martedì a domenica 10,00-13,00 e 17,00-20,00.
Catalogo disponibile in mostra (Martano editrice, pp. 144, € 10,00)
Estratto dal bimestrale AltreStrade (n° 7) attualmente in distribuzione:
www.altrestrade.com
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