Approfondimenti » 20/05/2008
Gocce della nostra storia (5). Di Marco Martinese
5° APPUNTAMENTO: LE DUE GUERRE MONDIALI
Per concludere questo breve, ma spero, interessante viaggio nella nostra Storia, giungiamo al secolo appena concluso, al cosiddetto “Secolo breve”, e alle due guerre mondiali con particolare riferimento al vissuto locale.
Certo, il periodo Rivoluzionario e Napoleonico non lasciò immune anche Brindisi. La repubblica partenopea, come le altre nate in seguito alla campagna d’Italia, fu sorretta dai Borboni finchè non si schierarono contro i francesi, e fu lo stesso Napoleone a insediare, dopo aver espulso i Borboni,Giuseppe Bonaparte, suo fratello.
A lui successe Gioacchino Murat, re di Napoli dopo Giuseppe Bonaparte, appunto, e la sua amministrazione risulterà positiva per la città, favorendo la sua rinascita economica, potenziando il porto, iniziando le opere di bonifica dell’agro brindisino, istituì un collegio elettorale di commercianti e rese la città centro del 4° quartiere marittimo con una capitaneria di porto di prima classe. Inoltre, fece restaurare il castello federiciano che da allora fino al 1890 svolgerà la funzione di carcere giudiziario.
Tramontato Napoleone, col Congresso di Vienna (1814-15) si decretò il ritorno degli antichi sovrani sui propri Regni. Nel Regno delle 2 Sicilie, ritornarono, perciò, i Borboni con Ferdinando IV.
Nascono le socieà segrete, la carboneria, il Risorgimento, durante il quale Brindisi si distinse particolarmente con la figura di Cesare Braico (altra nota via), medico delle “Camicie rosse”, nella spedizione dei “Mille”, eroico combattente nella seconda e terza guerra d’indipendenza, e deputato al primo Parlamento, dopo l’Unità d’Italia.
Decisiva per la ripresa di Brindisi, fu l’apertura del Canale di Suez nel 1869, per la quale il porto di Brindisi, essendo il più vicino a quelli orientali, riacquistò la sua antica e naturale importanza.
Divenne, infatti, scalo della famosa “Valigia delle Indie”, il servizio di comunicazione veloce per posta e passeggeri, che s’instaurò tra l’Inghilterra e l’India (Londra-Brindisi-Bombay).
Proprio per quest’evento si era realizzata nel 1865 la Stazione ferroviaria che avrebbe collegato il Nord al Sud, e per la quale a Brindisi fu anche demolito inspiegabilmente il Torrione S. Giorgio.
Per il notevole transito di passeggeri, si rese necessaria anche la costruzione di un grande albergo : l’“Albergo delle Indie Orientale”, trasformato poi nell’attuale “Hotel Internazionale”.
L’inizio del novecento, perciò, fu caratterizzato da una tendenza contraria al resto di molte aree del Meridione. Mentre nel resto del Sud aumentava l’emigrazione, infatti, a Brindisi cresceva il fenomeno dell’immigrazione, visto che Brindisi richiamava manodopera dalle zone limitrofe per (neanche a dirlo…) la coltura intensiva della vite.
L’aspetto della città migliorò, arricchendosi di edifici ispirati allo stile liberty e di opere pubbliche.
Di questo periodo è, infatti, la gradinata antistante le colonne romane, il mercato, il ponte De Gasperi, le prime scuole elementari, ecc.
Nel 1903, durante l’amministrazione Balsamo, s’inaugurò a piazza Cairoli il famoso “Teatro Verdi”(che sarà poi, inspiegabilmente abbattuto nel 1960 perché considerato pericolante…).
Arrivò poi l’attentato all’Arciduca d’Austria che decretò l’inizio della Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, come fu detta.
Brindisi si distinse compiendo numerose azioni navali ed aeree, subendo eroicamente le rappresaglie nemiche per il concentramento nel suo porto di unità navali italiane ed alleate, e contribuendo in modo decisivo al salvataggio dell’esercito serbo.
Quando passeggiate lungo l’ultimo tratto di Corso Garibaldi e svoltate a sinistra per incalanarvi su Viale regina Margherita ed il lungomare, appena lasciate i giardini incontrate la sede della Dogana, alzate lo sguardo e leggete l’epigrafe incastonata nella parete che ricorda quell’impresa e che recita: “Da dicembre MCMXV al febbraio MCMXVI le navi d’Italia con cinquecentottantaquattro crociere protessero l’esodo dell’esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila dei centottantacinquemila profughi che dalla opposta sponda tendevano la mano”.
A riconoscimento del suo importante ruolo durante la guerra, Paol Thaon di Revel(altro nome di nostra via…), Capo di Stato maggiore, nel primo dopoguerra, concesse alla città la croce al merito di guerra, con questa motivazione: “Alla gloriosa città di Brindisi, la cui generosa popolazione, nonostante le replicate offese dal mare e dal cielo, le numerose vittime della ferocia nemica e le privazioni indicibili causate dalla sospensione di ogni traffico, mai piegò l’animo, conferisco la croce al merito di guerra, e perché con la fierezza efficacemente contribuì al raggiungimento della vittoria finale” .
La Prima Guerra Mondiale, però, noi brindisini la ricordiamo per un altro avvenimento avvolto, a questo punto per sempre, nel mistero, avvenuto, per la precisione, il 27 settembre del 1915.
Le corazzate erano ormeggiate nell’avamporto, tra il canale Pigolati e Forte a Mare; erano ormeggiate tra le altre, la “Dante Alighieri”, la “Nino Bixio”, la “Emanuele Filiberto” e la “Benedetto Brin”(all’altezza di quella che sarebbe poi diventata la spiaggia di fontanelle) .
Sulla banchina di Viale Regina Margherita, si era radunato un certo numero di persone per assistere alla cerimonia dell’alzabandiera, considerato un appuntamento da non perdere per l’emozione che la cerimonia suscitava. Nel porto c’erano navi francesi, inglesi ed italiane.
Alle otto in punto gli equipaggi si erano radunati per la suddetta cerimonia, e fu proprio mentre si eseguivano gli inni, che senza alcun preavviso, la grande nave, la Benedetto Brin (altro nome di altra nostra via…) improvvisamente esplose…
Terrificante e tragica, l’onda d’urto seminò distruzione e morte. Il bilancio in vite umane, nonostante la buona efficienza dei soccorsi, fu terribile : 456 uomini su 943 d’equipaggio, precisamente, 433 marinai e 23 ufficiali (Antonio Caputo, MEMORIE BRINDISINE)
Come fu appurato in seguito, l’esplosione della Benedetto Brin non fu dovuta a cause esterne come avrebbe potuto essere il siluramento da parte di un sottomarino, poiché l’accesso subacqueo al porto di Brindisi era completamente ostruito da una rete metallica verticale tenuta tesa da galleggianti e costantemente controllata. Il difetto proveniva infatti dalla cattiva ventilazione della Santabarbara che faceva salire oltre il limite di sicurezza la temperatura interna, ma ciò che colpisce, è che ciò era stato denunciato un anno prima dal comandante della nave il Capitano di Vascello Gino Fara Forni.
La lettera, inviata alla Divisione Generale di Artiglieria ed Armamenti del Ministero della Marina a Roma, segnalava una “Deficienza di ventilazione e di refrigerazione della Santabarbara”.
La propaganda pensò bene, poi, di far passare la tragedia come un “vile attentato del nemico”.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Gli anni post-bellici videro Brindisi riprendere il difficile cammino verso la normalità, il sorgere di numerose fabbriche e la necessità di realizzare anche per via aerea un servizio di comunicazione con il Mediterraneo. Così, tra il 1924 ed il 1926 ad opera dell’Aereo-Espresso Italiana, fu costruito a Brindisi l’aeroporto civile.
Ma gli inizi degli anni venti segnarono il declino dello stato liberale e la formazione del governo fascista prima e del regime poi.
A Brindisi l’impianto del fascismo fu alquanto rapido poiché riuscì a raccogliere un largo numero di consensi soprattutto tra i contadini che rivendicavano un miglioramento dei salari e delle condizioni lavorative. Qui, il primo fascio di combattimento sorse il 1 gennaio 1921, con 124 soci e nel dicembre dello stesso anno nacque anche la sezione femminile del partito fascista.
L’attenzione del regime, quindi del prefetto e del podestà, s’incentrò subito sull’importanza del porto e dei traffici economici che ne sarebbero potuti derivare.
E, infatti, in linea con questa politica, con Decreto Legge, il 2 gennaio 1927, Mussolini, riordinando la circoscrizione di alcune province, eresse Brindisi capoluogo di Provincia (podestà di quel periodo fu Serafino Giannelli, incarico che ricoprì,con un secondo mandato, fino al 1934).
Il 15 Gennaio egli, ricevendo al Viminale le rappresentanze di Brindisi, Taranto e Lecce usò tali parole : “La Provincia di Brindisi l’ho voluta per vari motivi : per i meriti acquisiti dalla città durante la Guerra Mondiale, per cui ho deciso che debba sorgere a Brindisi, il Monumento al Marinaio italiano ; perché il suo porto, conosciuto da tutti i navigatori del mondo è ritenuto il più sicuro di tutti i mari e di tutti gli Oceani ; perché Brindisi è destinata ad un’alta missione per la nostra espansione ; ed infine perché Brindisi, potente al tempo dell’Impero romano, dovrà ritornare al suo antico splendore. Epperò non è senza significato che oggi la città riprenda il posto che le compete nella storia d’Italia”.
Il suddetto Monumento che domina dall’altra sponda il nostro porto, fu inaugurato il 5-6 Novembre 1933 con una grande cerimonia pubblica (di cui esistono filmati) alla presenza di molte e note personalità.
Tralasciando le note vicende belliche, compreso il terribile bombardamento del ’41 che provocò numerose vittime e seminò distruzione ovunque, passiamo all’altro importante evento della seconda guerra mondiale : “i 150 giorni di Brindisi”, ossia “Brindisi Capitale del Regno del Sud”.
Ancora una volta uno scorcio di storia che ha visto Brindisi protagonista della scena nazionale e internazionale.
Già la sera dell’8 settembre 1943, Radio Londra aveva diffuso la notizia che l’Italia aveva firmato l’Armistizio. Il Capo del Governo, Pietro Badoglio, annunziò nel suo comunicato: “Il Governo Italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto l’armistizio al Generale Eisenhower, comandante delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accettata. Quindi, ogni atto contro gli alleati da parte italiana deve cessare, ma esse reagiranno ad eventuali attacchi da qualunque parte provengano”.
Il caos fu immediato. Badoglio non si era preoccupato di dare preventive istruzioni alle forze armate italiane, che, prive di ordini, si lasciarono sopraffare e disarmare dai tedeschi, che invece avevano avuto, alla notizia, il preciso comando d’invadere l’Italia. Il caso dell’eccidio di Cefalonia è emblematico in tal senso.
Il re e il Capo del Governo, nel timore di cadere in mano nemica, pensarono di partire la sera del 9 settembre per raggiungere una località non occupata. La prima tappa fu Pescara da dove s’imbarcarono.
Il pomeriggio del giorno dopo l’Ammiraglio Luigi Rubarteli, comandante della piazza militare marittima di Brindisi, ricevette via radio un chiaro messaggio: “Invito Bottiglione ad andare incontro alla Baionetta, vi troverà un fraterno amico”.
In realtà si temeva che le 2 unità navali, l’incrociatore Scipione l’Africano e la corvetta Baionetta pur battendo bandiera italiana fossero in mano tedesca e volessero tentare la conquista della base brindisina. Rubarteli aveva, perciò, dato ordine che i cannoni della difesa costiera brandeggiassero in direzione delle 2 navi. Il telegramma lo rassicurò, poiché capì che a inviarglielo era stato il suo compagno di studi accademici, l’Ammiraglio Raffaele De Courten, ministro e Capo di Stato Maggiore della Marina, che il giorno prima gli aveva inviato l’ordine di partenza della corvetta “Scimitarra”, soprannome conosciuto solo dai 2 ex compagni.
La piazza di Brindisi era in ordine e la guarnigione tedesca era andata via la sera stessa dell’8 settembre. Appena salito sulla nave, Rubarteli vide il re Vittorio Emanuele III, la regina Elena, il principe Umberto, il Maresciallo Badoglio, il Ministro della Real Casa Pietro Acquarone e l’Ammiraglio De Courten. Dopo i primi attimi di confusione, s’iniziò ad organizzare gli alloggi per la famiglia reale, furono,perciò, condotti al Castello Svevo, dove aveva sede il comando della Marina. In realtà, il re e Badoglio si resero subito conto che il territorio su cui essi potevano estendere i loro poteri, era limitato alle 3 province di Brindisi, Lecce e Taranto ed alla Sardegna.
Alcuni giorni dopo fu inserita la provincia di Bari, grazie alla decisione del Generale Bellomo di impedire con un gruppo di soldati, l’occupazione tedesca del porto.
Ebbe così inizio, sia pur tra mille difficoltà e mancanze, il Regno del Sud, alla prima riunione del quale erano presenti : il re, il principe Umberto, Badoglio ed i 3 ministri che avevano seguito il re, ossia, De Courten, Sandalli e Acquarone, ed i generali Ambrosio e Roatta.
Il prefetto di Taranto fu il primo ad essere convocato. A lui spettò il compito di costituire l’Ufficio Affari Civili, embrione della futura Presidenza del Consiglio, subito dopo fu inviato un telegramma al comandante Eisenhower per informarlo dell’accaduto e del trasferimento a Brindisi.
La reazione alleata non fu positiva, ed il Comando Supremo Alleato, già il giorno dopo inviò una Missione Alleata di Controllo di alti ufficiali a cui capo c’era il Generale britannico Mc Farlane, col compito di, appunto, controllare l’operato del Governo italiano.
Il primo a giungere a Brindisi, come detto, fu il prefetto di Taranto, Silvio Innocenti, che ebbe come primo incarico quello di proteggere le opere d’arte dell’immenso patrimonio italiano, per cui compilò una “List of protected monuments of Italy”, che fece stampare in milioni di copie e fatta circolare tra i comandi alleati e soprattutto tra i piloti.
Si provvide a richiamare anche molti giovani diplomatici che contribuirono a formare il primo apparato burocratico. Badoglio pensò bene, infatti, di ricostituire il Consiglio dei Ministri con i sottosegretari aventi funzioni di Ministri.
La prima riunione del Governo si tenne nei locali della Prefettura il 24 novembre 1943.
Il Governo Badoglio promulgò nel suo periodo brindisino alcune leggi che vennero pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, stampata, per l’occasione, in una tipografia tutt’ora esistente, la tipografia Ragione.
Una delle prime leggi fu proprio quella sul bando di arruolamento dei volontari; fu poi la volta di quella per lo scioglimento della Milizia Volontaria Nazionale; inoltre quella della defascistizzazione dell’Amministrazione dello Stato, degli Enti locali e parastatali, delle aziende private esercenti servizi pubblici e d’interesse nazionale.
Per qualche mese Brindisi fu teatro di operazioni diplomatiche e della stentata formazione di una nuova classe dirigente, rappresentante dei rinati partiti politici (Liberale, Democristiano, Democratico del Lavoro, Azionista, Socialista e Comunista).
Sembra a questo punto, opportuno, chiarire come mai fu scelta proprio Brindisi.
Subito dopo l’armistizio e lo sbarco alleato a Salerno, i tedeschi cominciarono a temere di restare accerchiati dalle truppe anglo-americane nel Sud Italia. Brindisi, solo dopo poche ore la divulgazione dell’armistizio, come detto, fu abbandonata dai tedeschi, ma la cosa più importante era che Brindisi aveva un Comando Marina, in grado, cioè, di fornire al Governo fuggiasco una infrastruttura organizzativa preziosa.
Mi soffermo un attimo sugli allocamenti dei vari ministeri poiché ci capita spesso di passarci davanti senza sapere cosa essi hanno rappresentato, per guardarli, magari, con occhi diversi la prossima volta che ci capiteremo davanti.
1) Il Governo e la Commissione Alleata nel palazzo della Provincia;
2) Lo Stato Maggiore e il Comando Supremo nelle case INCIS (svoltando per l’ex parco delle rimembranze);
3) il piccolo Quirinale nella palazzina Rubartelli;
4) il Ministero della Marina a Taranto;
5) il Ministero della Guerra prima a Brindisi poi a Lecce;
6) il Ministero dell’Economia, 7) dell’Agricoltura, 8) delle Ferrovie, 9) delle Poste, 10) della Giustizia, 11) dei Lavori Pubblici e 12) dell’Aeronautica tutti a Bari.
A Brindisi si adattarono i restanti ministeri:
13) Ministero degli Esteri a Palazzo Tarantini (Piazza S. Teresa, di fianco al Palazzo della Provincia, quasi di fronte alla ex questura);
14) Ministero della Pubblica Istruzione a Palazzo Crudomonte(allora sede del Provveditorato agli Studi);
15) Ministero della Real Casa, a Palazzo Caravaglio (divenuto poi sede della rivista L’UNIONE);
16) Ministero degli Interni, al Palazzo della Provincia;
17) e 18) Ministero della Guerra e sede del Governo, nel Castello Svevo (il primo, come detto, poi trasferito a Lecce).
L’opera legislativa del Governo di Brindisi è rintracciabile e ricostruibile attraverso, proprio, la Gazzetta Ufficiale. Ad esempio, in quei mesi si decise proprio a Brindisi, la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati di “razza ebraica” o considerati di “razza ebraica”. E, particolarmente interessante, trovo la seduta del 15 dicembre 1943, nella quale si discusse dell’adesione (pensate…) dell’Italia alla Carta Atlantica al fianco delle Nazioni Unite.
Proprio in occasione di una delle poche uscite del sovrano, nel dicembre ’43, in un Hangar dell’aeroporto, durante una funzione religiosa (di cui esiste molto materiale fotografico), l’Arcivescovo De Filippis, che celebrò la messa, durante l’omelia, oltre ad esprimere solidarietà per le vittime di guerra, ebbe parole al contempo di preoccupazione e conforto per i sovrani, pregando per la loro figlia Mafalda nelle mani dei tedeschi, che sarebbe morta da lì a breve, nel campo di concentramento di Buchenwald dopo lunga e terribile agonia(Marco Martinese, Chiesa e potere politico a Brindisi durante il ventennio fascista).
Ancora una volta, però, tutto passò su Brindisi e sulla sua capacità di sfruttare le occasioni, spero che i brindisini riescano ad invertire di tanto in tanto questa nostra triste caratteristica, smentendo chi ci considera solo una “città di passaggio” ma facendo di tutto per trasformarla, una volta tanto, in “città obiettivo”.
E chissà se, sia pur in minima parte, sia riuscito, in queste piccole puntate, a contribuire in questo. Ma mi piace pensarlo.
Ringrazio Dario Recchia, Serena Carlucci e tutti gli amici che con la loro spinta ed il loro entusiasmo mi han convinto a far questo.
Ad majora.
Marco Martinese
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