Approfondimenti » 06/09/2008
Quando l'Urna di San Teodoro divenne d'oro. Di Aldo Indini
Come premessa sulla custodia dei resti mortali di San Teodoro d’Amasea, Patrono di Brindisi, è necessario che mi riferisca all’agiografia e liturgia redatta dai Proff. G. Andriani e G. Carito, nell’edizione “Amici della De Leo”, a cura del Comitato feste patronali, finito di stampare il 13 luglio 1973.
Inizialmente la cassa in legno adorna di lamine d’argento era “l’arca d’argento” che accolse le reliquie del Santo martire.
A partire dal 26 aprile 1899 i resti mortali sono custoditi in un nuovo reliquario. Al termine di una pergamena in esso custodita si legge:
”… Gli Amministratori che oggi reggono le sorti di Brindisi, sotto il Sindacato del Sig. Balsamo Cav. Federico, perché la vecchia cassa degna più non parea di custodire il corpo del Santo; Unanimemente Deliberando: Hanno fatto costruire la cassa in cristallo di Boemia, ricca per lavori di argento,nella quale riposano ora gli avanzi mortali del nostro protettore.” .
La pergamena, oltre la firma del Sindaco e di tutta la Giunta Municipale, è firmata dall’arcivescovo Salvatore Palmieri.
La parte agiografica, Andriani Carito, termina alla pagina 35 con il culto di San. Teodoro che è praticato in Brindisi nella Cattedrale, ove sono custodite le ossa, proprio sull’altare della cappella omonima, in una “cassa dorata”.
Da quanto detto, scaturisce che le casse che hanno custodito le ossa del martire sono tre: “l’arca d’argento”, “i cristalli di Boemia” e “la cassa dorata”., ma ritengo opportuno chiarire che le casse sono due e non tre.
Nell’interno di un deposito retrostante l’allora ufficio parrocchiale, nel quale si accedeva dal salone San Michele e dal cortile dell’arcivescovado, sede degli scout, don Teodoro Caravaglio, parroco della Cattedrale ed Assistente ecclesiastico degli scout, dietro un grande armadio, in un vano praticato nello spesso muro, prospiciente il vico Guerrieri, custodiva il reliquario composto da una cassa i cui cristalli erano sorretti da una struttura in legno ebano, con all’apice una corona dalla quale fuoriusciva una palma, il tutto in argento e la scritta Città di Brindisi.
La cassa, dopo essere stata collocata sotto l’altare del Santo, al tempo dell’ Arcivescovo Palmieri (1893-1905), venne rimossa e custodita nell’incavato muro, al tempo dell’Arcivescovo Valeri (1910-1942), a causa degli eventi bellici, in attesa di ritornare al suo posto per desiderio dell’Arcivescovo De Filippis (1942-1953).
Nel periodo ricadente sotto l’Arcivescovo De Filippis, il parroco don Teodoro aveva già provveduto a far rivestire in argento, (elettrolisi) da alcuni artigiani di origine orientale, la croce ed i grandi candelieri dell’altare maggiore della Cattedrale e prima della sistemazione definitiva della cassa sotto l’altare del Santo, aveva espresso il desiderio, sentito l’Arcivescovo, di poter ricoprire il sostegno in legno del “reliquario di cristallo” in lamine d’ oro zecchino, da parte di un orafo del leccese.
A ritorno dell’urna da Lecce don Teodoro ripose nella custodia muraria la cassa, ricoperta in lamine d’oro, come appare oggi, ponendo una pergamena sottostante il drappo sul lato dell’urna delle ceneri con firma, come teste, di don Daniele Cavaliere.
Don Teodoro era preoccupato nel riporre il reliquario sotto l’altare del Santo, visto anche l’apparente valore degli ex voto donati dai brindisini per grazia ricevuta, custoditi nell’urna, ma questa venne ugualmente ivi riposta, per espresso desiderio dell’Arcivescovo De Filippis.
I timori di Don Teodoro divennero realtà quando, all’inizio del 1970, mani sacrileghe asportarono tutti i preziosi contenuti nella cassa di San Teodoro, unitamente allo stupendo e pregiato « paliotto d’argento a sbalzo» dell’altare maggiore, realizzato a spese di Monsignor Barnaba De Castro nel 1704.
Aldo Indini
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