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Libri: "Il Treno dell’Ultima Notte”, un viaggio nella memoria. Di Alessia Coppola



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Libri » 13/10/2008

"Il Treno dell’Ultima Notte”, un viaggio nella memoria. Di Alessia Coppola

Un incontro con il passato…
Il Treno dell’Ultima Notte”, un viaggio nella memoria.
La scrittrice Dacia Maraini ci presenta il suo ultimo libro.

Sabato 11 Ottobre, le porte dell’Aula Magna del Liceo Scientifico Monticelli, si sono aperte ad un evento che certamente saprà farsi ricordare per coloro i quali vi hanno preso parte. Erano le diciassette quando ha fatto la sua entrata uno degli esponenti più rinomati e prestigiosi del panorama letterario dei nostri tempi, la scrittrice Dacia Maraini.
E’ uno scroscio di applausi quando la scrittrice scende i gradini che la separano dal palchetto allestito per presentare la sua ultima opera, “Il Treno dell’Ultima Notte”. E al termine della presentazione, ci si accalca al banchetto per conquistarsi la firma autografa dell’autrice sulla propria copia. Quando mi avvicino a lei, scopro una donna con limpidi occhi chiari e l’entusiasmo di una bimba nel firmare le copie. Colgo commozione nel sentirsi tanto amata, ci sono persino ragazzine con il proprio libro da far firmare. Il mio l’ho qui, “Ad Alessia Dacia Maraini”…
L'incontro organizzato dall'UCIM di Brindisi, dal Presidio del libro di Fasano, dal Caffè libreria Camera a Sud e dal Liceo Scientifico "Teodoro Monticelli", è stato presentato dalla docente dello stesso istituto Annamaria Tramacera, con la sinergia del Dirigente scolastico Salvatore Amorella e della prof. Annamaria Toma in rappresentanza del Presidio del libro di Fasano.
La scrittrice scrive per il Corriere della Sera, inoltre è autrice di poesie, opere teatrali, romanzi, racconti, saggi, tutti tradotti in venti paesi ed editi da Rizzoli. Insignita del Premio Campiello per “La lunga vita di Marianna Ucrìa” nel 1990 e del Premio Strega per “Buio” nel 1999, Dacia Maraini ha tracciato segni indelebili nel pensiero dei suoi lettori, soprattutto donne che mirabilmente la sua penna ha connotato con innumerevoli sfumature.
Figlia di padre per metà inglese e l’altra metà fiorentino e di nobile madre siciliana, la scrittrice ha avuto un’infanzia del tutto lontana da ciò che una normale bambina si trova a vivere. Il padre Fosco Maraini, oppositore dell’Italia Fascista, si trasferì con la sua famiglia in Giappone, dove vinse una borsa di studio. E’ qui che la bambina Maraini conosce l’orrore compiuto dagli uomini. Venne internata a soli sei anni con la sua famiglia in un campo di concentramento, poiché suo padre si rifiutò di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Quei due anni in campo di concentramento ricorda la scrittrice, l’hanno resa forte alle difficoltà della vita. Probabilmente il dolore e gli stenti da lei patiti, hanno fatto germogliare in lei il seme della sua sensibilità e genialità. Quell’esperienza racconta, le è stato fondamentale spunto per quest’ultima struggente e delicata opera.
Tornata in Italia, la sua famiglia si trasferì in Sicilia, luogo in cui Dacia Maraini prosegue i suoi studi. Da qui in poi si snoda la sua vita, la cui storia non ritengo opportuno rammentare qui, ma è mia volontà portarvi a conoscenza di ciò che si cela dietro la figura della celebre scrittrice e soprattutto avvicinarvi alla lettura de “ Il Treno dell’Ultima Notte”.
Dacia Maraini ci mostra la sua semplicità, il suo fermento per gli ideali in cui crede, le sue convinzioni, i suoi pensieri, i ricordi e il suo entusiasmo per la scrittura. Ci parla di alcuni aspetti della sua vita e ricorda il padre di gesti spartani, ma di grande integrità morale. E’ proprio questo che si evince dalla Maraini donna, la sua integrità e levatura morale. Ogni sua parola risuonava tra le mura di quella sala, sospinta dalla forza disarmante del suo pensiero, fiero e intoccabile.
Nell’incontro si sfiorano molteplici argomenti, tratti dallo spunto delle domande dei partecipanti. Si confrontano le idee, si parla del passato, delle ultime vicende accadute in Italia, si parla della perdita di un’ utopia. Utopia, parola che ricorre sovente nelle frasi della scrittrice, rammaricata che la società odierna l’abbia perduta e forse dimenticata. Ci rinnova il fervore della ricerca di un’ utopia e l’importanza che i giovani in particolare, la ritrovino. Avverte anch’ella sfiducia e decadimento dei giovani, così diversi da coloro che negli anni ’60 avevano combattuto per ottenere i propri diritti. Ci esorta a migliorarci e a credere nelle nostre utopie.
Ma c’è un argomento che viene trattato con particolare zelo: La Guerra Fredda. Tema su cui gravita la storia del suo ultimo libro, viene presentata dall’autrice con forza, sgomento, ma altresì con dolcezza e grazia. Sembra quasi che la scrittrice ci conduca per mano alla lettura di tale opera. Un viaggio dunque che Dacia Maraini lascia intraprendere ad un altro dei suoi complessi personaggi, Amara Sironi. Amara è una giovane giornalista di ventisei anni. Su raccomandazione del direttore del suo giornale, intraprende un viaggio. Esso è lo strumento per la sua crescita professionale della giovane, in quanto giornalista alle prime armi. Non si tratterà di un viaggio qualsiasi. Amara ha avuto il compito di riscoprire i luoghi protagonisti della guerra fredda, parlare con la gente, carpire le loro impressioni.
Siamo nel 1956. Nel corso del suo viaggio, la protagonista ha modo di incontrare moltissimi personaggi che daranno a questo romanzo una connotazione del tutto reale. Tra questi, incontrerà colui che la giovane definisce “l’uomo delle gazzelle”(detto così dal decoro che indossava sulla maglia) , un uomo che l’accompagnerà in questo viaggio. Amara ritrova i volti del suo passato con la memoria, mentre ne conosce di nuovi. Ricorda i gesti amorevoli del padre e quell’amico d’infanzia mai dimenticato.
Sarà proprio il suo amico il filo conduttore del suo viaggio. Ricorda quel bambino, Emanuele, ai tempi in cui giocavano assieme; ricorda le sue lettere puntuali e inestimabili. Già, Amara ed Emanuele intrattennero per anni una corrispondenza epistolare, ma accadde qualcosa che la interruppe nel 1943. Amara non ricevette più lettere del suo adorato amico. Fu solo dopo del tempo, che per mano di anonimi, le giunse un pacco. In esso era contenuto il diario di Emanuele. Tra quelle pagine Amara vi ritrovò il suo carissimo amico e scoprì ciò che gli era accaduto. Emanuele e la sua famiglia erano stati internati nel campo di concentramento di Lodz. Era da li che Emanuele continuava a scriverle quotidianamente, anche se non poteva farle pervenire nulla.
Amara vede il suo viaggio di lavoro, come il mezzo tramite cui poter ritrovare il suo amico. Ripercorrerà i sentieri della storia, nella speranza di avere sue notizie e ricongiungersi a lui. Sullo sfondo, l’orrore di una guerra e l’empietà di uomini soggiogati dal potere e dalla corruzione.
Fa visita ai campi di concentramento Amara, certa di ottenere tracce di Emanuele. Si apre così uno scenario di desolazione, atrocità e impotenza.
Dacia Maraini percorre questi passaggi con superba minuzia di particolari. C’è una frase che ha colpito non solo la sottoscritta. Ciò dimostra la delicatezza stilistica dell’autrice che lascia i partecipanti senza fiato: Amara sta visitando un campo di concentramento, ammassati per terra vi sono innumerevoli paia di occhiali, li osserva la giovane, nell’intento di trovare quelli che qualche volta Emanuele portava. E’ qui che la scrittrice ci mostra la sua sensibilità, paragonandone le metalliche stanghette, a libellule dalle ali vibranti. Con la stessa sensibilità e cura ci propone i suoni e gli odori di ciò che circondano Amara nel suo viaggio. Leggendo il suo libro, sembra di avvertire sul serio tali odori, come quello di Emanuele, quello del treno in cui incontra l’uomo delle gazzelle, l’odore dei luoghi, delle case, di ciò che la gente si trascina dietro, l’odore della libertà, tanto anelata e inneggiata.
Non posso spingermi oltre quanto già anticipato, in quanto priverei nuovi lettori al piacere di scoprire parola per parola, attimo per attimo, quest’opera. Posso personalmente caldeggiare tale lettura, anche se invero non ve n’è alcun bisogno, dato il successo di cui gode la scrittrice. Tale lettura potrà rinnovarci l’orrore di un passato che non deve tornare. E’ la stessa Maraini che confessa di averlo scritto, soprattutto per ricordare di non dimenticare… Ciò che è accaduto per mano del nazismo, del fascismo e di coloro che tanto poco rispetto hanno avuto della dignità e della vita umana, non deve essere ripetuto. Aggiunge anche che deve essere ricordato, per essere di monito e far comprendere ai giovani la verità troppo spesso occultata.
Non si ricorda infatti, che nella sola Italia, vi erano trenta campi di concentramento e tre di sterminio. Dovrebbero esserci più pubblicazione atte a documentare queste stragi, ci dice, ma non ve ne sono che sparuti esemplari. Perché? Ci interroga…
Probabilmente si ha timore di ricordare o vergogna nel farlo.
Vi lascio con una riflessione sul passato e spero di avermi fatto avvicinare a questo libro che merita di essere letto non solo perché opera di Dacia Maraini e sarebbe tutto dire, ma soprattutto per ricordare…

Alessia Coppola


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