Approfondimenti » 26/03/2010
Realtà e verità @ Teatro Comunale - Ceglie M.ca
• 26/03/2010 - Teatro Comunale (Ceglie Messapica) - Porta ore 20.00 - Sipario ore 21.00
Il botteghino sarà aperto per la prevendita di ciascun spettacolo i martedì e il giorno prima dello spettacolo dalle 18 alle 20 e il giorno dello spettacolo dalle 18 ad inizio spettacolo. Per informazioni: 0831.377863 e ceglieteatromediter@libero.it
Teatro del Banchéro
Alessio Boni, Marcello Prayer
REALTÀ E VERITÀ - serata per Pasolini in 21 movimenti e chiusura
di e con Alessio Boni e Marcello Prayer
Quello di Pasolini resta un mondo impossibile da abbracciare e restituire totalmente. Boni e Prayer tentano di dare voce alla poetica profetica del grande artista del nostro tempo. Due voci si alternano e si intrecciano, cadenzando la ritmicità del verso, lasciando parlare la parola, cercando di ridare in maniera semplice, schietta, diretta la profondità di un poeta internazionalmente riconosciuto come uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo.
Dalla recensione di Maria Lucia Tangorra
Un progetto-omaggio al poeta, scrittore, cineasta e critico Pier Paolo Pasolini, particolare e pienamente in
linea con la sua direzione artistica, oltre che di vita. I due attori ne ripercorrono la poetica attraverso ventuno
movimenti intrecciati ed intrisi di realtà e verità (ndr. tema della serata) del suo tempo, ma ancor più
prefigurazione dell'attualità. Pasolini si proponeva una riproduzione totalmente mimetica della realtà
circostante: l'autore doveva svestire i panni della propria cultura e classe per identificarsi con un altro "tipo"
umano, con annesse le motivazioni elementari (fame, soldi, sesso) che permettono la sopravvivenza.
Questa sua visione sembra aderire ad una messa in scena all'insegna del metodo mimico, ideato da Orazio
Costa Giovangigli, base della formazione attoriale in scena. Colpisce come i due artisti si distinguano nelle
loro peculiarità: Alessio Boni per lo slancio comunicativo con cui si cala nei paesaggi veristi e metaforici dei
componimenti; Marcello Prayer spicca per la sua abilità di rintracciare l'origine simbolica della parola in rima,
restituendola all'ascoltatore. Allo stesso tempo trasmettono l'immagine omogenea di due voci che si fanno
una a servizio della parola, conferendo spessore ai versi di un "poeta vate" del nostro tempo. L'allestimento
della lettura risalta per la scelta coraggiosa di rendere le voci e la mimica strumento, e a loro modo, coprotagoniste
della lirica in scena. Una prova di come non sia necessario un'artificiosità di cornice, ma "solo"
un «legame fra forma totale e forma dell'apparato fonatorio» (ndr Orazio Costa) con gioco luministico. Quasi
come coreografie, i passi selezionati scivolano sotto gli occhi della platea, attraversando le fasi pasoliniane
della costruzione perenne dell'ossimoro sacro vs. sconsacrato. Trafigge la sottile denuncia della bieca
normalità a cui siamo allevati («Madri feroci, intente a difendere/quel poco che, borghesi, possiedono,/la
normalità e lo stipendio», ndr da "Ballate delle madri"), partoriente talvolta del "teddy boy", nella maggior
parte dei casi di un "feto adulto" (ndr da "Io sono una forza del passato"). Occhio di bue sulla bellezza
mangiata «dal potere» della divina Marilyn, svanita come «un pulviscolo d'oro» (ndr "Marilyn"); mentre
sgorgano da «un misero e impotente Socrate/che sa pensare e non filosofare» gocce di pioggia pietrificante
(ndr da "Versi sottili come righe di pioggia"). Valzer, miagolii, parole in musica traghettano, tra commozione e
sottile sorriso, verso la fine del viaggio, che quasi ciclicamente ritorna all'origine con "Supplica alla madre"
verso un futuro profetizzato come "schiavo". In chiusa di rappresentazione, oscurati i recitanti, prende la
parola direttamente Pasolini in un frammento d'intervista con Enzo Biagi. A lui il compito di emettere la verità
più profonda: «invecchiando si diventa allegri perché si ha meno futuro e meno speranze». I due interpreti ci
invitano magistralmente a seguire questa chiave di conoscenza, lasciando parlare il sacro fuoco di quella
"merce inconsumabile", così come lo stesso Pasolini definiva il suo produrre. «La vita latente delle forze
mimiche continua a operare intimamente, fuori delle manifestazioni vistose ed esplosive di quei radicali della
danza che si erano fatti alla luce durante l'infanzia, nell'attività di ogni individuo, a più forte ragione, essa si
prolunga nella vita interiore dell'artista». (ndr O. Costa) Una pièce che testimonia l'impegno a non mercificare
la letteratura e ancor più la vita, ci insegna ad entrare in ascolto empaticamente dell'altro e delle cose,
suggerendoci il sapore dell'ineffabile.
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