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Approfondimenti: Moricino non avvelenò l’Arcivescovo. Di Aldo Indini



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Approfondimenti » 12/02/2009

Moricino non avvelenò l’Arcivescovo. Di Aldo Indini

Giovan Maria Moricino nato a Brindisi il 10 marzo 1560, da Francesco ed Eleonora Taccone, scrisse “Storia di Brindisi”, dai più remoti tempi al 1604.
Detta “Storia di Brindisi”, è ritenuta da studiosi locali, scritta da Casimiro, ripresa da Moricino e questi, a sua volta, plagiato da Della Monaca nella sua “ Memoria Historica della Città di Brindisi”pubblicata nel 1674.
Moricino come medico, esercitò la sua professione a Mesagne e Monopoli.
Dall’ “Articolo Storico” sui vescovi di Brindisi, scritto nel 1846 da Annibale De Leo e completato da Guido Guerriero, apprendiamo che il 30 marzo 1591, Andrea De Ayardi, spagnolo della Biscaglia e Parroco della Chiesa di S Croce, in villa Manta presso Madrid, fu nominato Arcivescovo di Brindisi, dal Cattolico Filippo II Re di Spagna.
A Brindisi l’Arcivescovo arrivò, quando una terribile carestia invadeva la città; la sua prima preoccupazione fu quella di un sollievo per i cittadini che morivano di fame, dando, finanche in pegno, le sue suppellettili.
Egli nel 1594 completò il coro della cattedrale, fatto costruire dal suo precedessore, con sedili in legno di noce, e provvide al quanto necessario per il decoro della Chiesa; quando il 4 settembre 1595, inaspettatamente morì probabilmente avvelenato.
A questo Presule, per la sua bontà, i cittadini di Brindisi avevano dato il titolo di “Padre dei Poveri”.
Morto l’Arcivescovo, venne a Brindisi il Regio Consigliere Tommaso Nespoli, per indagare e quindi scoprire gli autori di simile delitto; furono arrestati e tradotti a Napoli, Giovanni Figueroa, nipote del precedente Arcivescovo Bernardino Figueora, e il brindisino Matteo della Ragione, sospettati di aver provveduto all’avvelenamento del Presule.
Da un pubblico atto del 20 ottobre 1596 del notaio Giulio Cesare Vaccaro di Brindisi, si rileva che il medico Giovanni Maria Moricino, insieme con Marcello Barlà, medici ordinari di quel Prelato, furono, dal consigliere Nespoli, arrestati e rinchiusi nel castello di terra, sotto la fideiussione di due mila ducati.
Riscontrata la loro innocenza, il Moricino venne messo in libertà e così avvenne anche per Matteo della Ragione.
Per quanto attiene la sorte di Giovanni Figueroa, nipote dell’arcivescovo Bernardino, questi non fece più ritorno a Brindisi; dall’”Articolo Storico” di De Leo e Guerriero, apprendiamo: « Si è sospettato pure che i motivi de’ disgusti tra l’Arcivescovo Andrea e Giovanni Figueora fossero stati, perché quegli da diligente ed ottimo prelato, chiedeva dal Figueora stretto conto de’ mobili della Chiesa involati alla morte dell’Arcivescovo Bernardino di lui zio ».
Ciò avveniva nel periodo « della lunga vedovanza di circa sei anni, in cui rimase la nostra Chiesa dopo la morte dell’Arcivescovo Figueroa ».

Aldo Indini


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