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Approfondimenti: Quando si fa il Progetto Strategico per la riconversione industriale e la bonifica? . Di Francesco Magno



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Approfondimenti » 22/01/2010

Quando si fa il Progetto Strategico per la riconversione industriale e la bonifica? . Di Francesco Magno

Esprimo, da incallito ambientalista per genesi e scelta professionale, soddisfacimento per come gli Enti, i Sindacati e l’Associazione degli Industriali stanno operando per la ricerca di soluzioni possibili al disinquinamento dell’area industriale di Brindisi.
Riscontro però, nei vari articoli e nei numerosi dibattiti televisivi, che si è sempre alla ricerca di responsabili e responsabilità e che, invece, nulla si riporta sulle mancanze, le carenze di iniziative che il territorio industriale subisce da oltre 6 anni.
Ascolto con piacere e volentieri il neo Presidente dell’Associazione degli industriali che ha attivato quanto possibile per affrontare e risolvere i problemi connessi alle bonifiche ed alla perimetrazione del sito di interesse nazionale di Brindisi; gradirei però che il Presidente Marinò facesse anche autocritica sull’operato della propria Associazione e rappresentasse meglio la situazione ambientale dell’area perimetrata, evitando di apparire come destinatario di verità assolute.
In merito all’operato della Associazione degli industriali, pur essendo Presidente da poco, dica Marinò per quale motivo la sua Associazione, sollecitata dal Ministero dell’Ambiente con nota prot. 19458/ARRS/Di/R del 29/10/1999 e quindi ancor prima del Decreto del Ministero dell’Ambiente sulla perimetrazione di Brindisi del 10/01/2000, non ha mai avvisato i propri consociati circa la possibilità offerta dallo stesso Ministero ad attivare le richieste di contributo per le aziende “potenzialmente” inquinate.
Questa esplicita richiesta del Ministero dell’Ambiente fatta esclusivamente all’Associazione degli industriali (chiamata dal Ministero Unione), rappresentava una forma di intervento pubblico informativo circa la possibilità offerte dallo Stato per conoscere il reale stato di inquinamento delle aziende e di contribuzione alle spese sostenute, finanche con credito d’imposta; fondi disponibili che derivavano dalla L. 426/1998 e che per Brindisi vedevano uno stanziamento di 40 miliardi di vecchie lire .
Per quale motivo l’Associazione non ha sollecitato le aziende insediate nell’area industriale di Brindisi ad attivare la procedura di “autotutela”, possibile fino al giugno 2001, ingenerante processi penali in caso di presenza di contaminanti nelle tre componenti suolo, sottosuolo e falda freatica; ciò è stato fatto dalle grandi aziende insediate nel petrolchimico che mai più potranno subire processi penali pur avendo inquinato quella parte dell’area industriale.
Dica il Presidente Marinò che un’azienda che si caratterizza oggi e che trova livelli di contaminazione superiori alla norma, proprio perché non in “autotutela”, rischia di subire un processo penale per inquinamento, oltre che ad avere l’obbligo della bonifica e del ripristino ambientale.
Perché i tanti frequentatori di tv private (politici e sindacalisti) non fanno altro che esercizio di spregio nei confronti dell’amministrazione comunale a guida Antonino e non dicono, con chiarezza, che è stata l’unica ad aver attivato, nel 2000-2001 e congiuntamente a Sindacati ed Associazione degli industriali ed a seguito di una serie di incontri e sottoscrizione di documenti, le procedure per un “Accordo di programma” sulla stessa falsariga di quello di Marghera, bloccato dalla Regione per contrasti sul colore politico delle due differenti amministrazioni; la storia va scritta con i dati di fatto non con i pregiudizi ed i preconcetti.
Per quale motivo si persiste a far riferimento all’enormità dell’area perimetrata e non si dice invece che l’area industriale di Brindisi è fra le maggiori d’Italia e come tale non potrà mai essere completata da insediamenti produttivi?
La L. 426/98, individuava Brindisi fra le 14 aree d’interesse nazionale per la bonifica e (art. 1 comma 4) riportava che le zone da “perimetrare” erano le “aree industriali” e che il ruolo del Comune era solo consultivo, senza alcuna possibilità di incidere sulle volontà del Ministero dell’Ambiente.
Perché non si dice che, invece, il Ministero ha, per errore, escluso dalla perimetrazione tutta la porzione di Zona Industriale posta a Est di Via E. Fermi, là dove sono insediati serbatoi di combustibile, terreni di riporto, ecc.?
Quali interessi poteva avere l’Amministrazione Antonino ed il sottoscritto, tacciato di essere colui il quale ha realizzato la perimetrazione (sic!!!) ed ove nelle possibilità normative, ad escludere dalla perimetrazione la zona richiamata?
Se solo invece di continuare a dire spropositi, si leggesse un po’ con attenzione, si potrebbe verificare che tutte le 14 aree individuate dalla L 426/98, hanno le Zone industriali perimetrale.
A qualcuno giovava una perimetrazione a “macchia di leopardo”, da delimitare con quali criteri? O ciò solo per favorire gli interessi che sempre hanno alloggiato nella zona industriale; si pensi ai soldi pubblici utilizzati per caratterizzare terreni ed aziende di privati che, anche se in esercizio da anni e solo per non aver ritirato il “titolo di proprietà”, hanno goduto del beneficio di essere ancora considerati di proprietà pubblica.
Ci si chieda invece, quali interessi hanno portato ad ampliare ulteriormente tale enorme area industriale anche a Sud del petrolchimico, per la realizzazione del “distritk park”, quando invece vi erano enormi spazi utili nell’area industriale già servita dal Piano Regolatore ASI?
Finiamola, quindi, di parlare di una “enorme” area perimetrata che risulta tale solo ed esclusivamente per l’area agricola interposta fra il petrolchimico e Cerano che, in quanto tale, non è area industriale e non può contribuire allo sviluppo industriale di Brindisi; fra l’altro la caratterizzazione di tale area è ad esclusivo carico pubblico e per quanto fatto ha rilevato (rapporto ARAB –ARPA dell’aprile 2009) su ben 972 campioni di terreno, 688 risultano contaminati, il 70,8% altro che 2-3%!!
Invece si continuano ad ascoltare, sempre dagli stessi personaggi sindacali e politici, accuse all’Amministrazione Antonino, ai miei interessi personali, ecc., senza avere mai il coraggio di fare il mio nome e dimostrando tutta la propria pochezza culturale, facendo del pregiudizio l’unico motivo di trattazione.
Chiedo a quei sindacalisti che operavano all’interno del petrolchimico e che ben conoscono gli smaltimenti abusivi che le loro aziende realizzavano nella falda e sui terreni, per quale motivo hanno sempre taciuto e non hanno invece indicato i punti precisi dove ritrovare i rifiuti smaltiti?
L’assioma “chi inquina paga”, sancito da Comunità Europea già da Direttive che hanno ormai 20 anni, non porta però ad alcuna responsabilità penale per i grandi gruppi industriali che si sono autotutelati e né le procedure di “danno ambientale” possono essere attivate in quanto queste si innescano solo attraverso responsabilità sancite da processo penale, oltre che e, successivamente, da quello amministrativo.
Perché non si dice, con chiarezza, che l’Accordo di Programma per la “Definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel SIN di Brindisi”, sottoscritto anche dal Ministero dell’Ambiente in data 13/12/2007, era finalizzato ad imporre la realizzazione di una “barriera di confinamento” (sic!!) per le acque freatiche che affacciano e traboccano per tutto il perimetro dell’area industriale e non per il solo petrolchimico?
Perché non si dice che tale accordo, era “effimero” in quanto, ben si sapeva che presso la Commissione Ambiente della Camera era in discussione la modifica del Dlgs 152/06 (Legge quadro sull’ambiente) che, in particolare, modificava la procedura d’acquisizione dei fondi destinati alla “bonifica” dei siti contaminati?.
Infatti, con DLgs n. 4 del 15/01/2008 che modifica il DLGs 152/2006, a poco più di un mese dalla sottoscrizione dell’Accordo, viene espressamente riportata la procedura da seguire per i “Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale”, per i quali sono riconosciuti anche gli interventi di “bonifica”.
Secondo questa normativa il riconoscimento di Brindisi quale sito di “Preminente interesse pubblico per la riconversione industriale e la bonifica” passa attraverso la produzione di un “Progetto Strategico” le cui modalità esecutive sono state sancite dal Ministero dello Sviluppo Economico nel marzo del 2008 nel “Programma straordinario nazionale per il recupero economico e produttivo di siti industriali inquinati” i cui finanziamneti, rivenienti dai Fondi FAS erano pari a 3.006 milioni di Euro per il periodo 2007-2013.
Seguendo la procedura della realizzazione di un “Progetto strategico” hanno ottenuto fondi per la bonifica (Delibera CIPE del 6 marzo 2009) i territori di Fidenza, Ravenna e Massa Martana (Pg), in quanto rispondenti alla legislazione vigente (art. 252 bis DLgs 4/2008).
Perché non si dice chiaramente che sul territorio inquinato di Brindisi non è stato fatto alcun “Progetto Strategico” e che fino a quanto non si sarà colmata questa lacuna non si potranno avere dallo Stato fondi destinati alla bonifica?
Perché non si dice che in tale “Progetto strategico” potevano essere rappresentate le risultanze delle caratterizzazioni effettuate sui lotti interclusi dell’area industriale esterna al petrolchimico che non presentano contaminazioni e che quindi si poteva individuare e proporre una “riperimetrazione” dell’area industriale?
Fatto salvo che queste cose le sappiano chi è solito apparire in TV, si dica con chiarezza e fermezza che ad oggi TUTTI, nessuno escluso, non sono stati in grado di elaborare il “Progetto Strategico” per Brindisi e che non si potrà accedere ad alcun finanziamento per le bonifiche, se non alle condizioni imposte dal Ministero (vedi barriera fisica).
Barriera fisica che, anche se individuata per il solo petrolchimico, è talmente invasiva ed onerosa da non risolvere il problema; a mio avviso e fatto salvo che sempre il deflusso delle acque di falda è verso il mare e/o verso depressioni più prossime al mare, se solo si conoscessero tutti i punti caldi (hot spot), a maggior inquinamento, presente nell’area del petrolchimico, sarebbe sufficiente realizzare “barriere idrauliche” a valle di tali punti.
Certo, cos’ come proposto, non ha alcun senso realizzare “barriere idrauliche” con un pozzo ad ettaro!!
Se sono vere, poi, le affermazioni che dalle analisi effettuate sui terreni della zona industriale di Brindisi vi è solo il 2-3% dei campioni che superano le concentrazioni massime previste è pure vero che:
- le analisi di caratterizzazione sono state effettuate solo con fondi pubblici (SISRI-Università’ ecc) e che riguardano terreni che non sono stati mai interessati da precedenti insediamenti produttivi;
- tali caratterizzazioni non hanno mai interessato i così detti “rimodellamenti morfologici” e cioè i riempimenti di quelle aree che, precedentemente depresse, sono state rimodellate da riporti di terreni di indubbia provenienza (Fiume Piccolo e Fiume Grande ed altre zone interessate da deflussi di acque meteoriche)
- in questa percentuale non è rappresentata la gran mole di terreni contaminati posti a Sud ed all’esterno del petrolchimico dove le evidenze degli inquinamenti dei terreni sono state effettuate solo da privati (Enipower, ecc.).
Quindi, in definitiva, meno enfasi sulla mancanza di contaminazione dei terreni, meno rincorse ad individuare responsabili, maggiore capacità di essere propositivi e di produrre realmente un “Progetto Strategico” per la zona industriale di Brindisi, capace di risolvere realmente i problemi della bonifica dell’area industriale; sempre se si è in grado di farlo!

Prof. Dott. Geologo Francesco Magno


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