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Approfondimenti: Un giro in moto. Di Alfieri Carbone



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Approfondimenti » 23/03/2010

Un giro in moto. Di Alfieri Carbone

Quando facevo il Militare a La Spezia, su nave Magnaghi, raramente tornavo a casa. Piuttosto che chiedere una licenza e magari sentirmi dire “No,nn è possibile”, molto intelligentemente neanche la chiedevo. I No... le delusioni mi hanno sempre dato fastidio…
Bella forza, a chi piacciono? Io pur di non ricevere per risposta quelle due lettere non ponevo neanche la domanda!
Codardia? Non credo, piuttosto un profondo credo nella giustizia… Sapevo che dopo un mese in mare sarebbe stato sacrosanto tornare a casa mia, dalla mamma e dalla ragazza…Invece, se la mia richiesta fosse stata rifiutata, probabilmente avrei combinato un “casino”…
A quell’epoca nn riuscivo a concepire le regole e il sottostare a delle gerarchie; non chiedendo nulla non delegavo nessuno a farmi concessioni che reputavo diritti…

Stamattina a Brindisi splendeva una bellissima giornata di sole. Ero in garage a riporre delle cose quando il mio sguardo si è posato sulla compagna di gioventù: la mia Honda XLR 200. Il modello probabilmente non dirà nulla a tantissime persone, ma non a chi, come me, aveva vent’anni alla fine degli anni ’80.
In quell’epoca ve n’erano a decine, soprattutto del modello 125, tutto rosso. La mia si differenziava dalle altre per avere di rosso solo il motore. Il serbatoio era, invece, bianco.
Stamattina, cosi come al Militare, pur avendo una voglia pazzesca di sentire il suono di quel motore, ho desistito per paura di rimanere deluso. Notavo la sua scarsa collaborazione nell’esaudire quel desiderio e non ci stavo neanche provando! Ma poi mi sono detto: "beh, male che vada non si mette in moto. Prenderò la macchina coosì come progettato".
Ma poi: "Quasi quasi vado a casa". Abitando a pian terreno non è poi quella gran fatica. Cerco le chiavi. Miracolosamente le trovo immediatamente. Ridiscendo, e penso: "E’ da fine Agosto che è praticamente abbandonata al più triste destino che possa avere un mezzo nato per muoversi". L’Immobilità più assoluta".
La pulizia della candela è il minimo… Inserisco la chiave che giro in maniera speranzosa… Niente luce verde, quella che ti indica la marcia in folle… "Lo sapevo, la batteria è a terra. Dopotutto sono passati sei mesi. Provo a vedere se è inserita la marcia. E' l’ultimo tentativo, poi ci rinuncio".
Un tac verso l’alto, si accende la luce, era quello! Ora arriva il momento della verità: o dentro o fuori.
La mia moto è un modello nuovo, non ha la messa in moto a pedale ma l’accensione elettronica. Schiaccio. Il suono di quel motore rimbomba tra le pareti del garage. In verità è più simile a quello di una motozappa che a quello di una moderna motocicletta.
Parte. Mi ha preso alla sprovvista. Il casco è nel bauletto. Per poterlo aprire mi servono le chiavi. Devo spegnerla. "E se poi non si riaccende?" Ma dai, non scherziamo… lo ha fatto dopo tanto tempo, figuriamoci se non lo fa ora. E infatti metto il cappellino nel bauletto e prendo il casco… Così quando scendo faccio la manovra al contrario e nessuno si accorge che ho i capelli in disordine.
Ai nostri tempi (quando eravamo giovani lei ed io) non c’era bisogno di questo trucchetto. Allora il casco era un optional da bandire assolutamente. Qualcuno ha mai provato a mettere il casco coi capelli pieni di gel?

Prendo la strada del mare e sulle prime, per paura che si fermi da un momento all’altro, mi tengo nelle vicinanze del Casale: "Maisia ‘na cosa me ne torno a piedi". Ma poi, notando la sua totale indifferenza agli anni che passano e all’invernale inattività, cominciamo ad azzardare e ci dirigiamo verso la diga.

L’aria tiepida che sbatte sulla faccia e l’inconfondibile profumo di primavera mi riportano indietro negli anni. Lei è stata il primo regalo che mi son fatto appena ho cominciato a lavorare. Ne abbiamo passate insieme!
Tutti i Luglio a Corfà, a Gouvia e Kontokali. E Ipsos e le sue discoteche? Che tempi!
E i giri al Corso? La sera, soprattutto il Sabato, ci fermavamo all’inizio di Via Conserva. La Salvababy. Era così chiamata perché noi eravamo i “Piccoli” mentre i "Grandi" erano un pò più su, di fronte al Continental, alla Salvarani!
E il Fiamma? Te lo ricordi? Come no! La Sala Giochi, il ritrovo dei ragazzini che facevano “zumpo a scola”…
E i gelati di Gina? Il chioschetto che faceva squisiti gelati al limone, davanti a Pasqualino e al Blu Bar!
Le navi: l’Appia, la Sansovino, l’Egnatia…
L’atmosfera nei corsi, il vocio della gente.
La mia tecnica nell’abbordare le turiste? La chiave era "Where are you from?" Alla loro seppur minima risposta iniziava una catena di indicibili minchiate in una pseudo lingua a metà tra l’inglese e il brindisino. Era una nuova lingua: lo sciabbichese.

Tutto questo, cara mia, non c’è più. Ora ti riporto a casa. Mi assale la malinconia. Avendo quarant’anni avrei dovuto prendere la macchina stamattina. Così non avrei sentito i profumi di un passato che non tornerà più.

Alfieri Carbone


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