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Musica: Diario di bordo. Pagina n. 54



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Musica » 30/04/2010

Diario di bordo. Pagina n. 54

Nella zona “Cult” del nostro galeone radi@ttivo Venerdì 23 Aprile (tra le 22 e le 24), tirate fuori da un grosso forziere, sono state esposte, un po’ di quelle novità discografiche che, in maniera alquanto ambiziosa, stanno caratterizzando questa prima parte del 2010. La copertina é stata tutta per quello che, a mio modesto parere, é il miglior disco di questo anno, ovvero “Have one on me”, terzo album della folksinger Californiana Joanna Newsom.
Un triplo cd (o Lp, se preferite il vinile) che vede Joanna ancora in crescita rispetto al precedente capolavoro “YS” di tre anni fa. Arpa, pianoforte ed arrangiamenti ricchi ma sobri; voce e composizioni che crescono in maturità. Considerando che Joanna Newsom é appena ventottenne é probabile che ci troviamo di fronte alla Joni Mitchell del nuovo millennio. Poi è toccato al terzo album di Anais Mitchell, nato sotto l’ala protettrice di Ani Di Franco e Bon Iver.
In questo caso la sfida é stata realizzare una folk-opera, intitolata “Hadestown” che traspone in musica il mito di Orfeo. Anche in questo caso una conferma per questa grande cantautrice che spesso richiama proprio la Joanna Newsom di cui sopra.
Terza proposta di spicco é stata “Leave your sleep”, il ritorno, dopo sette anni ed una maternità, di Natalie Merchant, ex vocalist dei 10.000 Maniacs. Anche questo é un disco ambizioso per durata (doppio CD) ed indirizzo, ovvero quello di mettere in musica testi di importanti poeti della tradizione anglo-americana. “Leave your sleep” spazia dal folk irlandese, al klezmer, dal reggae, al pop senza perdere mai il filo della coerenza, nonostante tanta carne al fuoco. Insomma sfida vinta anche in questo caso.
Abbiamo chiuso poi con tre citazioni: il ritorno di Rachel Grimes (senza i Rachel’s) con le sue minimali composizioni per solo piano, l’apparizione di Jim O’Rourke con “The Visitor” (un brano di 40 minuti!) e la colonna sonora “The BQE” di Sufjan Stevens, che si trasforma in un Morricone dell’indie rock, con un disco orchestrale e forse poco incisivo, ma dal quale ci attendiamo un nuovo album vero e proprio.
(Antonio Marra)

Il radi@ttivo “Disco della settimana” presentato nell’appuntamento “Next Generation” di “RADI@zioni” lo scorso lunedì 26 aprile, è stato “Beat the devil’s tattoo” dei Black Rebel Motorcycle Club: “Ecco il ritorno di una delle più energiche e appassionate rock bands in circolazione ma… dimenticate il pop, dimenticate l’elettronica… questo è solo rock and roll! Non cercate ritornelli facili o melodie accattivanti qui! In “Beat The Devil’s Tattoo” i BRMC hanno deciso di spingere con decisione sull’acceleratore.
Questo è forse l’album più oscuro e distorto che i tre di Frisco abbiano mai fatto ed è una sintesi perfetta delle due anime della band: quella psichedelic-rock degli esordi e quella acustica manifestata in tempi più o meno recenti.
È un viaggio nel cuore profondo della musica rock americana. Un percorso che parte con l’ipnotica e semiacustica titletrack e si conclude con una lunghissima ed iper-distorta “Half State”.
Nel mezzo c’è tutto quello che Peter & Robert, (affiancati dalla nuova batterista Leah Shapiro) sanno fare, né più e né meno: rock viscerale, quasi garage, intriso di folk e di blues ma suonato con il cuore e la rabbia di chi questi suoni li sente nelle ossa. Vera musica da bikers, che rende giustizia alla ragione sociale della band.
Certo il garage, quello più vero e sanguigno, è un’altra cosa, ma “Beat The Devil’s Tattoo” rimane un ottimo disco di rock a tutto tondo, che mostra la sostanza dei BRMC, musicisti reali e non semplici fenomeni legati ad una moda passeggera”.

Sempre nel corso dello stesso appuntamento, per il frammento “Disco Hot/I più ascoltati del momento” il nostro topastro di bordo, Carmine Tateo, ha portato a bordo il nuovo cd dei fantomatici Chain and The Gang, “Down with liberty… up with the chains”: “Diciamo subito che la band in questione è retta praticamente dal solo Ian Svenonius, leader indiscusso e cantante tutto-fare… tutto il resto è relativo!
In questo lavoro, realizzato con una buona dose di sfacciataggine e senza rimorso alcuno, c’è tutto quello che occorre per catturare l’orecchio di chi ascolta. Ritmiche pulsanti e musica in stile New York anni ’70 la fanno da padrone.
Ed anche se presenta una certa incoerenza di fondo nella successione dei brani, il cd scivola comunque senza grandi sbalzi ma inchioda all’ascolto, proprio perché propone canzoni semplici e poco impegnative.
Rimane soltanto un dubbio: saprà Ian Svenonius continuare per questo percorso, o Chain And The Gang spariranno come tante altre meteore della musica rock? Con un personaggio così eccentrico al timone nulla può esser considerato certo, neppure il futuro di questo progetto, per quanto roseo possa apparire”.
(Camillo Fasulo)


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