Approfondimenti » 28/06/2010
Energistory. Di Pino De Luca
E Brindisi fu capitale d'Italia. Rimane per me un mistero che proprio su Brindisi sia caduta la scelta del Savoia in fuga. Palermo sarebbe stata sicuramente più comoda e sicura, finanche Bari o Lecce o Taranto. Ma la scelta cadde su Brindisi. Badoglio e i savoiardi avranno avuto le loro ragioni per eleggere la nostra città a capitale dell'Italia post-fascista.
Forse Brindisi è importante, molto più importante di quello che possiamo immaginare. E in quest'ottica dovremmo guardare gli eventi. Cosa abbiamo di così attrattivo per far credere a chiunque arrivi che può farla da padrone?
Solo “una classe dirigente incline naturalmente alla corruzione” come sostenne Tatò nell'indimenticabile confronto fra Puglia e California? Una spiccata tendenza all'ospitalità come sostennero quelli che ci candidarono al Nobel?
Io credo che per molti anni le donne e gli uomini di Brindisi siano stati poco istruiti, non hanno considerato il valore del territorio in cui hanno vissuto i loro padri e in cui vivevano. Credo che tutti abbiano considerato il territorio di nascita “non nella propria disponibilità”, meridionali generati per fare da braccia in altri luoghi. Emigranti per vocazione oltre che per condizione.
Poi l'istruzione è cresciuta e brindisino non è più sinonimo di “va' cercati furtuna.” Abbiamo cominciato a pensare che se altri venivano qua una qualche ragione ci deve essere, chi ha “investito” in queste terre lo ha fatto per la fortuna propria e non certo del territorio. E allora, lentamente, una consapevolezza è cresciuta. È cresciuta la voglia di essere custodi e responsabili di questa terra non perché sia nostra ma, semplicemente, perché il territorio siamo noi.
Noi che qui ci siamo nati e ci viviamo. Ciò detto: può un ingegnere qualunque venire qua, spalleggiato da questo o quel potente, a spadroneggiare?
Siamo ospitali ma l'anello al naso lo abbiamo dismesso da tempo. Siamo ospitali ma non è più consentito ad alcuno, per quanto possa essere gonfio il suo portafogli, di pensare che una sedia comoda significhi che può ordinare la demolizione di una casa.
Ne abbiamo discusso qualche tempo fa, i grandi impianti industriali imposti da una classe dirigente miope e corrotta semplicemente non hanno funzionato, invece che essere motore di sviluppo sono stati cancrena e portatori di rachitismo economico, sociale e quindi politico. L'unico sviluppo che hanno contribuito ad accrescere è quello del malaffare e della criminalità organizzata. Per il resto pece.
Né mi sembra luddismo cercare di suggerire, a imprenditori frettolosi, delle linee di sviluppo che guardano al futuro in modo serio e non straccione come spesso è accaduto. Chi vuol essere capitalista sia serio. I capitalisti seri hanno i capitali, non sono pezzenti capaci solo di elemosinare contributi pubblici, di far da coda a politici che li fanno finanziare con soldi di tutti per una fetta di tangente in contanti o in natura.
Brindisi è luogo di logistica, turismo e agroalimentare, anche di industria a tecnologia avanzata e di supporto ai settori di prima. Cosa ci guadagna la città e la provincia dai grandi impianti energetici? Forse che imprese e famiglie pagano l'energia elettrica meno che nel resto d'Italia? E dal rigassificatore cosa ne verrebbe alle popolazioni brindisine? Cosa ne viene dai campi di eolico e di fotovoltaico? Ci avessero almeno dotato di mezzi di locomozione elettrica e di impianti pilota nella gestione del ciclo del freddo e del caldo (acque per la rigassificazione, e per l'alimentazione delle turbine). Ora che qualche istituzione, qualche uomo politico importante comincia a porsi queste domande superando le logiche di schieramento, ricompaiono i pupazzetti a pila che, al solito, ci raccontano che il “problema è un altro”.
Non è un altro, proprio per nulla. Se la LNG davvero voleva investire su Brindisi oltre che soddisfare le prescrizioni della VIA, avrebbe dovuto raccontarci che ci guadagna la città da un rigassificatore. Se ENEL vuole rinnovare le convenzioni deve intanto ristorare il danno prodotto in questi anni nei quali ha portato i 2,5 milioni di tonnellate di carbone a 8 milioni. In cambio di nulla.
Il resto sono fanfaluche che narratori con titoli e stipendi altisonanti raccontano a quello che credono un popolo appecoronato. Ce ne sono ancora di pecore, e anche di jene, ma qualche cane da guardia s'è svegliato, spero solo che non si faccia mettere il guinzaglio e la museruola in cambio dei croccantini. Ma ho fiducia, devo averla.
Pino De Luca
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