Salute » 22/09/2010
Il potere degli inceneritori. Di Maurizio Portaluri
Mentre leggo le esternazioni del Presidente della Regione Puglia sulla innocuità del CDR bruciato negli inceneritori e quindi di quello che si brucerà nella centrale di Cerano, un medico oncologo di Forlì, membro dell'ISDE, la Società Internazionale dei Medici per l'Ambiente, richiama l'attenzione dei suoi lettori, e quindi anche nostra, su un studio epidemiologico di recente pubblicato (Occup Environ Med 2010; 67, 493-499), condotto in Francia e riguardante l’insorgenza di malformazioni al tratto urinario in bambini nati da madri esposte prima del concepimento o nelle primissime fasi della gravidanza ad emissioni di impianti di incenerimento di rifiuti.
“Lo studio – dice la Gentilini - ha identificato 304 casi di malformazioni di questo tipo diagnosticate nel periodo 2001- 2003 nel sud est della Francia ove sono attivi 21 inceneritori ed ha evidenziato, entro 10 km dalla fonte ed in base all’esposizione a diossine calcolata su un modello di ricaduta, un rischio di insorgenza di malformazioni variabile da tre a quasi sei volte l’atteso.“
“I danni che gli inceneritori provocano sono ormai indiscutibilmente riconosciuti; nello studio di Coriano, condotto in prossimità dei due inceneritori di Forlì, non sono state purtroppo indagate le malformazioni; tuttavia, nella popolazione femminile esposta nel livello sub-massimale, il più popolato, si è avuto un incremento del rischio di abortività spontanea del 44%. Malformazioni ed abortività spontanea sono eventi strettamente correlati in quanto quest’ultima riflette l’azione nociva sull’embrione e sul feto delle sostanze tossiche cui la madre è esposta e che, qualora non si arrivi all’aborto, può esitare in malformazioni”.
Comunque, sempre dallo studio di Coriano si documenta, nel livello di esposizione submassimale e nelle sole donne, un aumento di ricoveri per: malattie renali (oltre il 200% ) infarto, infezioni respiratorie, scompenso cardiaco ed un aumento di morte per tumori (stomaco, colon retto, polmone, sarcomi, linfoma di Hodgkin, vescica, cervello, leucemie) e, complessivamente, nell'intera area esaminata si sono contati ben 116 decessi oltre l'atteso fra le donne nei 13 anni presi in esame e nel raggio di soli 3.5 km.”
Tutto ciò non deve stupire se si pensa che nelle emissioni di questi impianti, nonostante l’utilizzo di tecnologie adeguate, sono comunque presenti inquinanti di ogni specie (dal particolato, ai metalli pesanti, alle diossine): i veleni rimangono tali anche alzando i camini o aumentando la velocità di espulsione dei fumi.
E di veleni ne abbiamo già troppi!
“Tuttavia – ricorda l'oncologa romagnola - ancor più interessante dello studio stesso, è l’editoriale che compare nella rivista in cui questo è stato pubblicato ed in cui il Prof David Kriebel dell’Università del Massachuset afferma ciò che ormai da anni in tanti andiamo dicendo e cioè che questi impianti, oltre che immettere fumi in atmosfera, producono ceneri tossiche che da qualche parte vanno collocate, contribuiscono al riscaldamento globale e, soprattutto, ostacolano il diffondersi di pratiche molto più virtuose quali la riduzione, il recupero/riciclo perché “una volta che questi impianti costosissimi sono stati costruiti , i gestori vogliono avere garantita una sorgente continua di rifiuti per alimentarli”.
Maurizio Portaluri
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