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Approfondimenti: Il coraggio nel tricolore. Di Pino De Luca



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Approfondimenti » 26/09/2010

Il coraggio nel tricolore. Di Pino De Luca

Uno dei Paesi più civili del mondo, artefice della prima globalizzazione e istitutore primo di una religione di stato, è in una condizione stomachevole.
Lo è perché così hanno voluto i suoi abitanti, poco importa se manipolati o convinti, la maggioranza degli italiani si è espressa, votando o tacendo, affinché un potere mai visto si concentrasse nelle mani del più grande concentrato di cinismo, amoralità e avidità che abbia calpestato il patrio suolo negli ultimi secoli.
Paragonabile forse a Ceausescu o a qualche satrapo mediorientale.
Perché lo ha fatto? Quale tarlo si è inserito nelle menti di una intera socialità?
La paura, e soprattutto la paura della solitudine. Una società che invecchia irreparabilmente (meno di 1,3 figli per donna) incapace di progettare un futuro si abbarbica al presente, illusa di fermare il tempo, illusa che l'accumulazione di risorse possa garantire maggiore autonomia, illusa che è importante essere primi. Una società a caste, dove ogni casta è carica di odio verso quella superiore per invidia e quella inferiore per timore non può che possedere come denominatore comune la paura. E mandare al governo chi detiene le leve della paura e fa della “sicurezza” il suo canovaccio principale.
Ora che la serpe ha mostrato tutta la sua velenosità chi ne ha coltivato la crescita e le tane prova a ribellarsi, cerca di fuggire dalle spire mortali della piovra, di ripulirsi dal fango nel quale è stato immerso per brama e miope disegno.
Non si può recidere un legame con il male senza lasciare una parte di se stessi, quella parte che con il male ha convissuto per anni, per decenni, dapprima in forma nascosta e poi in forma palese.
Le regole, la legge, l'uguaglianza sono invisi alle piovre di sempre, il Sultano non ama essere uguale agli altri, il Sultano comanda, stabilisce lui chi è colpevole e chi no, e sono colpevoli tutti coloro che osano pensare diversamente dal Sultano, innocenti e buoni i fautori di servigi per la corte. Così nasce un Paese nel quale un vigile urbano può rovinare la vita di un poveraccio applicando la Legge (pensa se sei in cassa Integrazione a 800€ mensili e ti fanno una multa di 300€ perché hai dimenticato i documenti a casa …) e 308 parlamentari possono dire ad un loro socio di continuare tranquillamente a coltivare rapporti telefonici con la Camorra tanto loro lo assolvono ugualmente.
Un Paese nel quale il Presidente del Consiglio nasconde capitali nelle società off-shore di tutto il mondo e si fa una legge ad personam per evitare che ci possano essere rogatorie e acquisizione di documenti dalle medesime (processo All Iberian) e nessuno ne parla e un Presidente della Camera che ha un paracognato che vive in affitto in una casa di Montecarlo, che forse ha a che fare con una società offshore in una sperduta isola dei Caraibi sta sulle pagine di alcuni giornali per più di due mesi. Un paese nel quale una specie di giornalista che fa il vice-direttore de Il Giornale chiede ad un altra specie di giornalista che fa qualche cosa a La Repubblica se non sia paragonabile il caso Tulliani-Fini al caso Berlusconi-D'Addario.
Come se Tulliani abitasse in residenze di Stato, trafficasse stupefacenti e organizzasse sfruttamento della prostituzione.
Magari lo fa pure, ma in questo caso che c'entra Fini?
È più grave che Fini e Tulliani siano cognati o che Berlusconi annoveri amicizie come Dell'Utri, Previti, Verdini e Brancher?
Non so se si fermeranno, non so nemmeno se davvero gli appelli a salvaguardare le istituzioni possano essere utili. So solo che tocca a chi ha fatto questo guaio rimediarci, tocca seppellire questo schifo sotto una valanga. Non chiedetemi però chi deve scatenare la valanga, chi comanda la ricostruzione e come sarà l'Italia di dopo.
So che abbiamo la Costituzione più bella del mondo, in essa abbiamo le regole per rifare un Paese serio e che, nel tempo, ritrovi il coraggio perduto.
Con i silenti, con coloro che hanno abbandonato la speranza, con le donne e agli uomini travolti dalla ferocia di questi anni, con gli ultimi e i penultimi io sono pronto a riprendere in mano il tricolore, di pulirlo dal fango, di appenderlo alla finestra e di scriverci sopra: “ricordatevi che Italia sono anche io!!!”

Pino De Luca


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