Teatro » 19/01/2011
E pensare che c'era il pensiero @ Teatro Italia - Francavilla F.na
• 19/01/2011, Teatro Italia - Francavilla F.na (Brindisi). Serali: porta ore 20,30 – sipario ore 21,00
► Il botteghino del Teatro Italia (Via Santa Cesaria, 16 – tel. 0831.812373) sarà aperto tutti i giorni dalle ore 9,00 alle ore 11,00 e dalle ore 18,00 alle ore 22,00.
I biglietti per le singole recite saranno in vendita dal giorno successivo all’ultima rappresentazione, anche tramite prenotazioni telefoniche, che dovranno essere confermate presso il botteghino.
Tieffeteatro Stabile Di Innovazione / Fondazione Giorgio Gaber
Maddalena Crippa
E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
regia di Emanuela Giordano
"Il secolo che sta morendo, è un secolo piuttosto avaro nel senso della produzione di pensiero. Dovunque c'è, un grande sfoggio di opinioni, piene di svariate affermazioni che ci fanno bene e siam contenti un mare di parole un mare di parole ma parlan più che altro i deficienti". E pensare che c'era il pensiero, 1994.
Dopo le fortunate esperienze di SBOOM e A SUD DELL'ALMA, Maddalena Crippa torna al teatro-canzone e questa volta dalla porta principale, confrontandosi con uno spettacolo culto per molte generazioni: E PENSARE CHE C'ERA IL PENSIERO, nato dal genio di Giorgio Gaber e Sandro Luporini. Un titolo che segna, insieme ad altri grandi titoli gaberiani, un preciso spartiacque sul fare e pensare teatro e che rappresenta forse il punto più alto dell'opera della coppia.
Quello che sembrava fosse un inarrestabile processo rivoluzionario sul piano delle coscienze, prima ancora che su quello storico e politico, comincia a mostrare i suoi limiti, le sue incertezze, i suoi tentativi un po' patetici di nascondere contraddizioni sempre più evidenti. L'appiattimento dell'individuo preconizzato dai vari Adorno e Marcuse, è qui presentissimo. Si comincia ad avvertire un senso di impotenza, di incapacità a contrapporre istanze diverse al modello americano e alla sua trionfale avanzata. Si percepisce il disagio di una sconfitta collettiva che ci ostiniamo ancora a non voler riconoscere come tale.
Giorgio Gaber e Sandro Luporini
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