Approfondimenti » 17/03/2011
Per una volta. Di Dario Bresolin
Anche quella mattina si era svegliato stanco, come al solito. Sembrava che la notte, più che portare il riposo del corpo e della mente, portasse silenziosamente alla luce del sogno tutto ciò che, di giorno, cercava di dimenticare. Cercava di dimenticare, non riuscendovi.
Andrea era ormai un uomo da tempo, ma dentro di sé viveva quel bambino che non era mai stato.
Per molti anni pensò che lui era arrivato in quella famiglia come per disturbare. Era questa la sensazione che provava.
Lui cercava di capire, lo faceva in mille modi, ma non era così bravo. Non capiva perchè le carezze e gli abbracci fossero normali per gli altri, ma non per lui.
Capì presto che per lui sarebbe stato tutto più difficile. Imparò a parlare bene ma era timido, talmente timido che a volte parlava troppo e di tante cose. Ma per non dire mai la verità.
A volte si sentiva così solo che, per non sentire dentro di sé quella cosa che ti prende allo stomaco e ti fa venire da piangere, si metteva a guardare qualcuno, sperando di ricevere almeno uno sguardo. Come a chiedere l'elemosina.
Non voleva piangere. Non doveva piangere. Non poteva piangere.
Da ragazzo cominciò ad avere alcuni amici. Ma loro erano belli, i loro genitori li abbracciavano anche davanti a lui. E lui si sentiva diverso. Nessuno che lo abbracciasse, nessuno che gli facesse una carezza. Tutti che gli facevano i complimenti per quanto fosse bravo. Ma niente di più. Lui era grande, lui doveva capire.
La prima volta che sentì una cosa nuova dentro di sè fu per quella ragazza della sezione B. Lei non era tanto bella e nemmeno ricca. Aveva gli occhi tristi, come i suoi. E lui sentiva che per lei poteva essere un amico. Avrebbe voluto abbracciarla ed accarezzarla. Tenere le mani di lei nelle sue. Voleva farle sentire che non era sola. E aveva desiderio di baciarla. Ma non avvenne mai. La vide presto con un ragazzo più grande.
Andrea non ci rimase male. Lui capiva. Lui era grande. Anche con lei come con tutti.
Anni dopo una ragazza, più piccola di lui, gli disse che lui era bello e che le sarebbe piaciuto stare insieme. Andrea disse di sì con la bocca, ma non con il cuore. Non sentiva niente per lei ma almeno non sarebbe stato solo.
Ma anche la prima volta che fecero l'amore lui si sentì solo.
Lo fecero per anni, per tanti anni. E lui, dentro di sé, sentiva come un vuoto che nessuno avrebbe mai riempito. Alla fine quella storia finì. I baci, gli abbracci e le carezze non erano mai state vere.
Dopo quella esperienza ce ne furono altre. Tutte uguali, se non peggiori. Sarebbe state persone che volevano da lui quello che potevano vedere, quello che potevano esibire. Nessuna che volesse capire veramente cosa ci fosse dentro quel ragazzo, ormai uomo, che andava convincendosi che tutto ciò che per gli altri era normale per lui sarebbe stato sempre un sogno.
Nessuno gli avrebbe mai voluto bene anche se lui era capace di donare tutto se stesso, aspettandosi poi qualcosa. Anche solo uno sguardo, una parola, un'attenzione. Il suo cuore chiedeva l'elemosina. E a volte, più che amore, riceveva dolore.
Aveva imparato che le parole sono importanti. Ma lo erano solo per lui. Gli altri le usavano senza capire. E a volte facevano male, male davvero.
In tutta la sua vita aveva parlato sempre con Dio. All'inizio, da bambino, facendo tante domande. Poi, crescendo, giunse alla convinzione che proprio Dio l'aveva voluto diverso da tutti gli altri. E che il dolore con il quale viveva dentro in cuore era in realtà un regalo di Dio. Ed ogni giorno lo ringraziava per questo dono speciale. Non piangeva nemmeno più. Ormai era veramente grande. E poteva capire.
Ma Dio gli avrebbe fatto presto un regalo vero. Incontrò una persona che gli sciolse il cuore. Sentiva dentro di lui tante, tantissime emozioni che non aveva mai provato prima. Per la gioia gli veniva spesso da piangere. Non gli sembrava vero. Le lacrime sembravano lavargli l'anima dal dolore tenuto dentro tanti, troppi anni.
Aveva paura di dirle cosa sentiva. Cercava di farlo capire in tanti modi. Ma un giorno ebbe il coraggio di dire tutto, tremando.
Quella persona però non sentiva niente per lui. Andrea non ci rimase male. Continuò a volerle bene lo stesso perchè il suo cuore gli diceva così.
Di notte sognava un abbraccio, una carezza. Di giorno, un dolore misto alla gioia. Difficile da spiegare.
Anche quella mattina Andrea si era svegliato stanco. Avrebbe fatto le cose di tutti i giorni, quelle per cui tutti gli facevano i complimenti.
Dopo aver preparato il caffè cominciò a ricordare il sogno.
Lui era in un letto, ormai anziano. Ed accanto a lui la persona che aveva sempre avuto nel cuore, la persona più bella del mondo, la persona che Dio aveva regalato alla sua vita.
Quella persona gli stava stringendo le mani. E lui ne sentiva il calore. Sentiva che finalmente qualcuno gli voleva bene. Non ricordava se ci fosse stato un abbraccio. Ricordò solo che un angelo apparve poi ai piedi del letto. Doveva andar via per sempre.
Da quella mattina Andrea non ha più avuto paura di morire. Perchè sapeva che almeno in quel momento, l'ultimo della sua vita, qualcuno lo avrebbe amato. E che non era un'elemosina. E non si sarebbe più sentito solo. E lui avrebbe amato quella persona anche da lassù per dirgli grazie per quelle mani tenute strette in quel momento. Lo avrebbe fatto per sempre. Per amore.
Dario Bresolin 17 marzo 2011
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