Approfondimenti » 11/05/2011
Elezioni amministrative: locuste o castori. Di Pino De Luca
L'eco fioca di elezioni amministrative ad un tiro di schioppo dal mio paesello mi giunge alle orecchie quando è vento di maestro. Sono un po' di giorni che tira tramontana e il silenzio rombante s'è impadronito dell'aere lucente. Meno male che ci sono i giornali locali, alcuni tracimanti “nera” da ogni verso altri visibilmente partigiani, altri ancora infidi, atteggiati a giornalismo in stile anglosassone ma, come al solito, all'amatriciana.
Il Tg3 della Puglia ormai fa scuola, e trova anche dei somari che lo seguono e lo scimmiottano. Una cascata di servizi che provano a fare concorrenza al grande Uccio De Santis …
Ecco, da questa palude informativa occorre trarre la notizia, capire che succede e dedurre quali siano le forze in campo e le ragioni che esse sostengono. Impresa disperata e disperante. Non resta che “andar sul posto”, annusare l'aria e cercare di capire se, per davvero, queste sono elezioni da leggere “politicamente”, come segno di consenso al Governo o dissenso alla sua azione.
Da quel che ho capito il Berlusconismo ha già vinto, l'egemonia culturale del doppiogiochismo, dell'inganno, della barzelletta crassa e della propaganda s'è fatta endemica. Patrimonio collettivo di associazioni di “società civile” che non vedono l'ora di entrare nel circolo della “casta”. Personaggi che, a torto, hanno sostenuto la sporcizia della politica e la necessità di mondarla e poi ci finiscono dentro con tutte le scarpe.
Intanto la politica non è una cosa sporca, è invece una nobilissima arte, la più alta, che consiste nel mettere una parte della propria vita al servizio del bene comune. Indipendentemente dal fatto che da ciò si abbiano o meno vantaggi o riconoscimenti.
Ci sono politici sporchi, alcuni addirittura luridi. Ma non più e non meno di quanto ce ne possano essere tra i medici, gli avvocati, i tassisti, le badanti o i gondolieri o in qualunque categoria dell'umana specie formata dalle italiche genti.
Ma allora gli insulti, i reciproci improperi e lo scambio della più comune delle accuse: il tradimento, che segno lasciano nelle menti degli astanti?
Gli ultimi vent'anni hanno visto una escalation nella rappresentazione del nemico, spesso finto o immaginario, a volte vero, concreto e reale ma che nulla a a che fare con le elezioni. Geniale una battuta del più grande comico mai sceso in politica: “votatemi e sconfiggeremo il cancro!!!”
Nel paesello ad un tiro di schioppo dal mio le elezioni amministrative non si possono leggere se non in chiave antropologica.
Quattro candidati: uno di centrosinistra da solo, uno di centrodestra appoggiato dal centrosinistra, uno di destra appoggiato dalla destra, uno di estrema sinistra appoggiato dal centrodestra.
Me la sono studiata a fondo la composizione sociale ed economica. E il risultato è meraviglioso: non è vero che non esiste più la destra e la sinistra, non è vero che sono cambiati i “luoghi” dell'agire politico. Ci sono solo alcuni piccoli gruppi più o meno masnadieri che si sono appropriati di antichi marchi e li usano alla bisogna disorientando gli antichi appartenenti allo schieramento e, sostanzialmente, demotivandoli alla possibilità di farsi rappresentare. Così che ognuno partecipa alla competizione politica se e solo se si autogarantisce o viene garantito da vincoli di clan (familiare, amicale, di consorteria o di catena non importa) piuttosto che da programmi, idee e progetti comuni. Se questo non accade tende a vendere il proprio voto o a non partecipare alla votazione.
Le elezioni si sono balcanizzate, anzi beduinizzate. Clan e tribù si fanno la guerra per vincere e sottomettere, in nessun caso ho mai sentito qualcuno che abbia riconosciuto all'avversario una buona idea o un buon progetto. Però, finalmente, sono emersi gli interessi, quelli veri, privi dell'abito di rappresentanza.
Da una parte le locuste, innovatori tout court che chiamano sviluppo ogni forma di massacro del territorio, visto sostanzialmente come limone da spremere fino all'ultima goccia. Sono lucidi, avidi, organizzati, arrivano a folate come le locuste, divorano ogni cosa e passano avanti.
Dall'altra i castori, conservatori abituati a coltivare il proprio ambiente e di esso gelosi curatori. Lenti, un po' tonti, individualisti, si muovono solo quando vengono pesantemente sollecitati, provano ad aggiustare un po' qua e un po' la tentando di conservare il proprio ambiente nelle migliori condizioni. Non si schiodano dalle loro posizioni nemmeno a cannonate.
Evitando i “maanchismi” è molto difficile distinguere chi sta a destra e chi a sinistra perché queste ultime, nella loro forma democratica, si distinguono sostanzialmente sul concetto di uguaglianza. Il fatto è che locuste e castori hanno fatto fronte comune ciascuno per propria specie, quindi tutte le locuste sono locuste e tutti i castori sono castori. Fra loro uguali riproponendo antropologicamente il conflitto tra Caino e Abele, riportandoci ai primordi della politica. A prima che gli uomini stabilissero relazioni sociali ed economiche tra di loro. Al primordio, al momento in cui l'uomo stabilisce il proprio rapporto con la natura.
Chissà se è così anche in altri comuni chiamati a votare. Chissà quanti saranno i luoghi dei castori e quanti quellli delle locuste.
Io temo che le locuste sono molte di più dei castori, e, democrazia vuole, alla fine vinceranno e mangeranno ogni cosa lasciandosi il deserto alle spalle.
Per parte mia che dire? La storia insegna che i conservatori che si mettono a fare i rivoluzionari portano disgrazie ai popoli che li seguono, mentre nessun rivoluzionario può dirsi tale se non è anche un po' conservatore.
E poi io che c'entro? Io sto con gli ippopotami.
Pino De Luca
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