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Isola di G. Sciarra: Aspettando ballottaggio e referendum. Di Giorgio Sciarra



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Isola di G. Sciarra » 20/05/2011

Aspettando ballottaggio e referendum. Di Giorgio Sciarra

Aspettando il ballottaggio e, soprattutto, il referendum bisogna al momento prendere atto di un segnale evidente. Timido, a mio parere, ma non per questo meno significativo: l’inizio di un cambiamento di tendenza.
Sia chiaro non è un vento travolgente che cambia completamente le carte in tavola, che fa diventare bianco quello che era nero, ma di una brezza allusiva di un possibile sconvolgimento che attende i risultati dei ballottaggi, e poi quello del referendum, per prendere solidità e tramutarsi in qualcosa di realmente consistente.

Milano è la piazza eletta da Silvio Berlusconi a banco di prova del suo operato e l’elettorato, ha dato, per ora, una inequivocabile sentenza: si è rotta le scatole di un certo modo di fare politica sempre più lontana dagli effettivi problemi della gente comune, stanca di slogan vuoti e strillati, stanca soprattutto di posizioni fuorvianti che vogliono portare ad una strumentale radicalizzazione.
Non v’è alcun dubbio che se c’è uno sconfitto quello è Berlusconi che ha anche trascinato la Lega in una situazione ritenuta imbarazzante nei confronti della propria base abituata ad una cura di Viagra per un durevole celudurismo in periferia mentre nella gradevole permanenza in Roma “ladrona” deglutiscono penosi calici di bromuro.
Milano è dunque il test politico più significativo. Giuliano Pisapia ha concrete possibilità di affermarsi nel ballottaggio. Questo l’hanno capito gli avversari politici che entrati in panico continuano, più che a illustrare la bontà del proprio programma, a demonizzare il candidato Pisapia con stereotipi francamente ridicoli facendo intravedere il solito pericolo comunista, cercando di instillare nei milanesi preoccupazioni e paure. I toni si alzeranno sicuramente e se il candidato del centrosinistra, come sembra, riuscirà a conservare i suoi toni garbati rispondendo nel merito delle questioni la frittata per il centro destra sarà fatta.

Si è visto che il PDL è in stato confusionale, la strategia del Capo non ha pagato, anzi ha precipitato la situazione. Il PD dal canto suo ha tenuto bene la situazione soprattutto perché ha fatto parlare solo il suo segretario cosa che, al netto di due fuoriuscite dei soliti due – Veltroni e D’Alema –, non ha creato la solita confusione cui la sinistra è abituata, per una sorta di masochismo, a ingenerare nei momenti topici.
Per non intralciare il cammino della storia Pierluigi Bersani dovrebbe imporre un blindato silenzio a quei due, non ricominciare con le formule alchemiche e concludere velocemente l’accordo a Napoli dove la situazione può anche volgere a favore di De Magistris, ma la città partenopea è una piazza molto particolare dove ogni normale problema altrove lì è elevato all’ennesima potenza.
A Napoli occorre un netto segnale di discontinuità e non è detto che basti dal momento che i fattori che incidono sulle sorti di questa affascinante e travagliata città sono molteplici ed alcuni di questi ancestrali.

In attesa dunque degli esiti dei ballottaggi ci si prepari ai referendum.
Come è noto perché un referendum sia valido deve raggiungere il quorum cosa non facile da qualche tempo a questa parte.
Oltre a quello sul nucleare e sull’acqua vi è il quesito che realmente turba i sonni del Cavaliere, quello sul legittimo impedimento. È proprio per questo motivo vi è il tentativo di depotenziare il referendum disinnescandolo dai quesiti (nucleare e acqua) che hanno maggiore impatto sociale ed emotivo soprattutto dopo i fatti accaduti in Giappone e che, quindi, possono agevolmente far raggiungere il sospirato quorum.
Se i referendum dovessero avere lo sperato e auspicabile successo si darebbe loro una inevitabile lettura politica che sommata a quella dei risultati delle elezioni amministrative farebbe traballare la nave del PDL e, si sa, che quando la nave minaccia di affondare inizia il fuggi fuggi, principiando – per usare un termine caro a Camilleri - da quelli che non per convinzione ma per “responsabilità” erano saliti a bordo.

Giorgio Sciarra


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