Appuntamenti » 04/06/2011
Sempreverdi @ Ex Convento Santa Chiara - Brindisi
“MUSICULTURA” 4a Edizione
RASSEGNA DI CONCERTI-CONFERENZA
PER IL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA
Direzione scientifica: Elsa Martinelli
Sabato 4 Giugno 2011 - ore 19.30
Ex Convento Santa Chiara - Brindisi
(ingresso libero)
CONCERTO-CONFERENZA
“SEMPREVERDI”
Musiche del cantore dell’epopea risorgimentale
PROGRAMMA:
- Ore 19.30: Relazione
Carlo Romano (Università Roma Tre DAMS): “Va’, pensiero: il patriottismo di Verdi”
- Ore 20.00 – Concerto:
GIUSEPPE VERDI
(Roncole di Busseto, 1813 – Milano, 1901)
Rigoletto (1851)
“Pari siamo!... io la lingua, egli ha il pugnale” (a. I, sc. VIII)
Don Carlo (1867)
“Per me giunto è il dì supremo” (a. III, sc. II)
“Oh Carlo ascolta… Io morrò ma lieto in core” (a. III, sc. II)
Traviata (1851)
Preludio
F. LISZT Parafrasi sul “Rigoletto” di Verdi (1859)
Oberto, Conte di San Bonifacio (1839)
“Ciel pietoso, ciel clemente” (a. II, sc. VII)
Falstaff (1893)
“L’onore? Ladri!” (a. I, q. I)
MAURIZIO PICCONI: baritono
VALERIO DE GIORGI: pianoforte
con la partecipazione del tenore
Antonio Pellegrino
MAURIZIO PICCONI
Ha studiato con artisti di fama e frequentato, per un triennio, l’Accademia d’Arte lirica di Osimo con docenti di levatura internazionale, quali i maestri Campogalliani, Favaretto, Melani, Tonini. Ha perfezionato la tecnica con Anna Dorè Pradella e Rina Fedora Del Monaco. Ha vinto i concorsi internazionali “V. Bellini” (1983), “B. Gigli” (1984) e “International Voice Competition L. Pavarotti” (1985). Ha debuttato nel 1981 ed ha iniziato la carriera interpretando ruoli del genere serio per passare, ben presto, a quelli a lui più congeniali del genere lirico brillante anche in “corda” di basso-baritono. In un repertorio che conta più di 50 ruoli emergono quelli di Dulcamara e Belcore, Don Alfonso, Don Bartolo, Don Magnifico, Don Pasquale, Fra Melitone, Leporello, Michonnet, Gianni Schicchi e Sulpice. È stato ospite di quasi tutti i teatri lirici di tradizione e di enti e festival, quali il Petruzzelli di Bari, il Comunale di Bologna, il Comunale di Genova, il Comunale di Firenze, il Maggio Musicale Fiorentino, il Massimo di Palermo, il Rossini Opera Festival di Pesaro, il Regio di Torino, l’Accademia di S. Cecilia di Roma. Ha cantato all’estero, tra gli altri, nei teatri di Amsterdam, Anversa, Barcellona, Basel, Berlino, Besançon, Bilbao, Bonn, Colonia, Dresda, Dublino, Dusseldorf, Essen, Graz, Liège, Lucerna, Madrid, Mosca, Oviedo, Parigi, Pretoria, St. Gallen, Strasburgo, Toulon, Vienna, Wiesbaden, Zurigo. Ha inciso opere complete e rarità quali: “Nina ossia La pazza per amore” di Paisiello, “Il Furioso all’isola di San Domingo” di Donizetti, “I1 piccolo Marat” di Mascagni, “Rabarbaro Rabarbaro” di Pedini, “La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo” di Jommelli. Vanta anche esperienze cinematografiche, in “Joan Lui”, con A. Celentano, e nel film “Il frullo del passero”, con O. Muti e P. Noiret.
VALERIO DE GIORGI
Si è diplomato in Pianoforte col massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce sotto la guida di Vittoria De Donno. Si è perfezionato in esecuzione pianistica col M° Aldo Ciccolini presso le Accademie di Biella e Roma e diplomato brillantemente in Composizione col M° Massimo Gianfreda. Si è poi diplomato in Direzione di coro col massimo dei voti e la lode e brillantemente in Orchestrazione per banda e Direzione d’orchestra presso il Conservatorio di Monopoli. Ha seguito i corsi di avviamento e perfezionamento in Direzione d’Orchestra sotto la guida del M° Fabrizio Dorsi presso la Scuola Superiore di Musica di Milano. È stato maestro di palcoscenico nell’allestimento (nel 1999) dell’opera di Fioravanti “Le Cantatrici Villane” al Paisiello di Lecce, nell’allestimento dell’opera “I Due Foscari” di Verdi per la XXX Stagione Lirica di tradizione presso il Politeama di Lecce, e da allora collabora abitualmente nelle stagioni liriche organizzate dalla Provincia di Lecce. È titolare della cattedra di Accompagnatore al Pianoforte del Conservatorio di Lecce. Nel maggio 2004, a Monopoli, ha diretto l’opera “il Maestro di Cappella” di Cimarosa con il baritono Giovanni Guarino. Si è distinto in campo compositivo con l’esecuzione e la registrazione su CD di brani propri e di altri compositori su testi del celebre latinista Joseph Tusiani, musiche peraltro eseguite dal vivo nell’aprile del 2001 a San Michele Garganico e presso l’Accademia Belgica a Roma. Una sua composizione per grande orchestra sinfonica, dal titolo “Aforisma”, è stata eseguita con successo nel 2002 al Politeama Greco di Lecce dall’ICO “T. Schipa”. Nel 2004 una commissione presieduta dal M° Gianluigi Gelmetti ha decretato unanimemente l’inno “Tis imesta artena imi”, su testo di Paola Buccarella, musicato e strumentato per grande orchestra sinfonica da Valerio De Giorgi, l’inno della Grecìa Salentina. È stato invitato dall’associazione dell’Istituto di Musica di Montepulciano a comporre un brano vocale e strumentale su versi del celebre poeta Angelo Poliziano, eseguito in prima assoluta nel febbraio del 2006. Dirige vari ensemble strumentali e corali ed è docente di pratica dell’accompagnamento e della collaborazione al pianoforte nel biennio accademico di II livello del Conservatorio di Lecce.
CARLO ROMANO
Si è diplomato presso il Conservatorio di Musica “S. Cecilia” di Roma in Composizione, in Didattica della Musica, in Musica da Camera, in Viola. Laureato in Sociologia alla Sapienza di Roma, è vincitore con borsa presso la medesima università di un dottorato di ricerca in Storia delle dottrine Politiche e Filosofia della politica, con tesi sul tema: “Giuseppe Verdi e il Risorgimento”. Ha seguito e concluso varie Masterclass e un Master in Gestione delle Risorse Umane. È compositore di musica per spot. Insegna Fondamenti della comunicazione musicale al DAMS dell’Università Roma Tre. È cultore della materia per il corso di Analisi del messaggio pubblicitario e svolge attività di docente presso istituti e centri di studio romani sul rapporto fra musica e audiovisivo. Ha partecipato con relazioni a vari convegni sui temi della composizione musicale digitale, della didattica musicale, su musica, arte e scienza, sull’ascolto musicale della pubblicità, sulla comunicazione verbale, non verbale e musicale. Ha coordinato progetti di ricerca. Ha curato l’organizzazione di convegni, tra i quali vari simposi europei di docenti universitari. È autore di saggi e recensioni su riviste accreditate, quali la “Rivista Italiana di Musicologia”, la “Nuova Rivista Musicale Italiana”, “Nuova Armonia”. Ha suonato per l’Orchestra del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, per l’“Orchestra Giovanile Salentina”, per “Concertando” e “Octopus”.
VERDI E IL RISORGIMENTO
Durante la vita di Verdi, che abbraccia poco meno di un secolo, l’Italia si trasformò da paese sotto il dominio straniero a stato unificato indipendente, desideroso di far parte delle grandi potenze europee. Verdi si sentì sempre partecipe di tale processo, sentì la necessità di intraprendere un dialogo con il presente e con l’attualità storica e mai si rinchiuse in un’arte d’élite distante dai problemi della realtà della propria epoca. Il Risorgimento, con le sue lotte per l’unificazione d’Italia, non poteva essergli indifferente. Fu l’humus nel quale immersero le radici “Nabucco”, i “Lombardi alla prima crociata”, la “Battaglia di Legnano”, “Attila”, ovvero quelle pagine corali nelle quali Verdi espresse sincero amore patriottico e dolore per un popolo oppresso e soggiogato. Verdi fu avvicinato dagli intellettuali lombardi più importanti del momento animati da sentimenti antiaustriaci. Pur avendo idee fortemente repubblicane, ciò non vuol dire che egli abbia partecipato attivamente alla vita politica. Solo dopo l’incontro con Cavour aderì al progetto di unificazione d’Italia sotto la guida dei re di casa Savoia. L’unico momento in cui manifestò senza indugi i propri ideali patriottici fu nel 1848, quando la libertà dell’Italia apparve assai vicina. Indicative le frasi che inviò il 21 aprile 1848 all’amico e devoto collaboratore Piave: “L’ora della liberazione è arrivata, capacitatene. È il popolo che la desidera; e quando il popolo la vuole, non vi è nessun potere assoluto che può opporre resistenza! Potranno impedire con tutto quello che possono, coloro che credono che sia necessaria la forza, però non riusciranno più a privare il popolo dei propri diritti. Sì, in pochi anni, forse mesi, l’Italia sarà libera, sarà una Repubblica”. In questo clima Verdi accettò l’invito di Mazzini, conosciuto a Londra nel 1847, a comporre un inno, dal titolo “Suona la tromba”, su versi di Goffredo Mameli. Scrisse poi “La battaglia di Legnano”, un’opera dall’evidente messaggio politico nella quale l’espulsione di Federico Barbarossa simboleggia la cacciata, da parte degli italiani, degli stranieri dal proprio paese. Quando però i movimenti rivoluzionari del 1848 sfociarono in un bagno di sangue, Verdi si allontanò dalla linea di battaglia e tornò ad essere un compositore che in privato continua a sperare nella libertà nazionale. Il suo nome resta comunque vincolato agli ideali del Risorgimento, trasformandosi in un acrostico rivoluzionario che fu dipinto, per la prima volta, sulle mura di Roma, all’epoca di “Un ballo in maschera”. L’idea si diffuse rapidamente per tutto il paese sottoposto ad un clima di controllo politico assai duro e asfissiante. Il graffito “Viva Verdi”, dall’aspetto così innocuo, alludeva in realtà, a un’aspirazione che con gli anni stava diventando sempre più popolare e condivisa: “Viva Verdi”, ovvero, “Viva Vittorio Emanuele re d’Italia”. Lo stesso Verdi finì per aderire a questo progetto quando capì che l’unità del paese si poteva concretizzare non attraverso l’insurrezione popolare e l’utopia repubblicana di Mazzini, ma esclusivamente mediante il paziente lavoro diplomatico che si andava realizzando in nome della casa dei Savoia che aveva la possibilità di ottenere l’appoggio delle cancellerie dei paesi più importanti d’Europa. Tuttavia, le alchimie politiche furono estranee alla personalità di Verdi, come si deduce dal fatto che, quando si concretò l’unità d’Italia, il musicista entrò in Parlamento soltanto per cinque anni, dal 1861 al 1865. Successivamente, lasciò da parte tale attività nella convinzione di poter essere più utile al suo paese come artista che come deputato. Il suo impegno politico, dopo l’unità, si trasformò in un fermo richiamo agli ideali di pace e di fraternità, a un livello superiore, distante da ogni compromesso e dalle strategie machiavelliche dei partiti politici.
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