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Approfondimenti: Teatro e Democrazia. Di Raffaella Argentieri



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Approfondimenti » 16/09/2011

Teatro e Democrazia. Di Raffaella Argentieri

Nell’antica Grecia due manifestazioni venivano considerate come fulcro e motore di quel concetto di democrazia che costituisce tuttora il sostrato più profondo degli stati occidentali moderni: le manifestazioni sportive, la cui massima espressione è da sempre incarnata nei giochi olimpici, ed il teatro.
Nella prima categoria veniva incarnato il concetto di competizione, fisica, psichica e morale, senza armi, una sorta di “guerra non combattuta”, una sorta di risoluzione pacifica di molte controversie senza spargimenti di sangue e con il faro di ideali più alti. La seconda categoria, il teatro, era il modo più diretto per rappresentare i mali della società e le virtù, pubbliche e private, di uomini di potere, tiranni e gente comune.
Grazie anche alla frequenza con cui gli spettacoli teatrali potevano essere allestiti, a differenza delle manifestazioni sportive più grandi ed importanti, rappresentavano il veicolo principe per “far arrivare il messaggio a chi di dovere”, una sorta di democrazia diretta ante-litteram in cui l’apprezzamento per questa o quell’opera teatrale, tragedia o commedia che fosse, potesse avere la valenza di un voto di fiducia del parlamento sulla finanziaria per il prossimo anno.
Attualmente, il dibattito sui valori democratici e sull’applicazione del concetto di democrazia si è notevolmente intensificato. Nuove sfide e nuove minacce, interne ed esterne, costringono ad effettuare nuove valutazioni sul ruolo della società civile e sul valore della cittadinanza.
Sempre più si parla di crescita, necessità di investimenti, sviluppo, ma senza concrete e definite azioni, questi termini rischiano di restare nelle complicate discussioni di una politica forse lontana dai cittadini. Ebbene, sempre nell’antica Grecia, il Teatro aveva la funzione di collegare le alte sfere della gestione statale, ovvero della città (polis), con la popolazione riunita senza distinzioni di classe, rappresentando una visione dei drammi umani e personali, come delle vicende pubbliche.
Il risultato, e l’obiettivo, era anche quello di incoraggiare il dibattito pubblico ed il confronto tramite l’incontro/scontro di quei valori alla base della società e la realtà/finzione rappresentata. Ciò che si metteva in moto era il pensiero e la riflessione che conferiva a tutti, nessuno escluso, una quota di potere pubblico che poteva essere usato a sostegno di uomini politici, azioni, riforme.
Questa in definitiva era l’applicazione del concetto di democrazia: la possibilità di influenzare le scelte pubbliche sulla base di un pensiero ed una capacità critica in grado di mescolare valori sociali e personali.
L’evoluzione delle poleis greche la conosciamo, e le meraviglie della storia ci hanno permesso di conoscere come, con il tempo, questi usi si siano mischiati ed innestati su altre forme di organizzazioni giuridiche, politiche ed istituzionali che ci hanno condotto a ciò che chiamiamo democrazia moderna.
Eppure, in questa evoluzione storica, sociale, politica, il rapporto tra eventi culturali come il teatro e la democrazia ha subito fasi alterne rinsaldando o sciogliendo questo connubio che da sempre ha prodotto menti pensanti e slanci accorati.
Alla base, c’è una scelta: tra l’ignoranza o la consapevolezza, tra la libertà e l’oscurantismo, tra la responsabilizzazione ed il qualunquismo. È la scelta che investe tutti e tutte le società, è la scelta di schierarsi con l’esigenza di una società democratica o con una società oppressiva ed opprimente in cui i mezzi sono riservati a pochi e gli altri non hanno alcun potere, neanche di difesa.
È la scelta tra un futuro aperto allo sviluppo ed al miglioramento, o ad un mero reiterarsi di un passato che solo a parole riusciamo a denigrare.
Perché qui il passato è quello recente, è quello in cui la rassegnazione aveva il ruolo principe e le decisioni che riguardavano tutti venivano prese solo da pochi e agli altri rimaneva solo la libertà di lamentarsi al bar nell’intimità della cerchia familiare o amicale.
Penso che molti brindisini si riconoscano in questa immagine.
Ebbene, la scelta a questo punto è personale e collettiva, ed è la scelta tra confermare il “nuovo corso” inaugurato nella nostra città che fa della cultura un perno ed un vanto, oppure tornare nelle nostre case e nei nostri cortili a lamentarci di quello che non c’è e non si può fare, come se stessimo aspettando che il Re ci conceda la Costituzione.
La cultura è quello che ci rende capaci di pensare in modo libero, di crearci le nostre idee e rappresentazioni e di confrontarle con gli altri. È la strada percorribile dello sviluppo personale, sociale, ma anche economico, politico. È la chiave per rendere il potere accessibile, è un meccanismo di difesa.
La nuova stagione del Teatro Verdi annuncia questo: la possibilità per tutti di impegnarsi nello sviluppo della città e dei propri cittadini, la necessità di perseverare in un percorso che scommette sul futuro della città e sulle sue potenzialità.
La ricchezza di un territorio passa attraverso la capacità di attrattiva e la capacità di reinventarsi, scegliendo cosa si vuol essere così come la ricchezza del pensiero passa attraverso l’arricchimento personale e collettivo.
Queste ricchezza permettono la manifestazione di quel carattere democratico di cui tutti parliamo e che molti desiderano. Per essere artefici del proprio destino, bisogna saperlo immaginare ed avere i mezzi per concretizzarlo.
Come nell’antica Grecia, quello di cui abbiamo bisogno è riconquistare il potere del pensare critico per agire consapevolmente. La scelta, ora, è personale e collettiva, e dipende da quale futuro immaginiamo per noi e la nostra città.
Il teatro continua a fornire l’occasione dello scambio e del dibattito, fornisce degli strumenti. Sta a noi farli nostri o rifiutarli, usarli o archiviarli. Sta a noi scegliere se investire nella cultura, in tutte le sue forme, e sul nostro futuro o aspettare che il cambiamento piova dal cielo.
La possibilità di sviluppo è a portata di mano, ma richiede un impegno concreto, attivo. Questa è la democrazia: assumersi la responsabilità di agire secondo la propria visione del bene comune. Allora, agiamo e investiamo nel nostro futuro ed in quello della nostra città; scegliamo di essere cittadini consapevoli e non sudditi rassegnati; riappropriamoci del nostro potere e della nostra democrazia.

Raffaella Argentieri


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