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Teatro: Vinicio Capossela @ Nuovo Teatro Verdi - Brindisi



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Teatro » 19/11/2011

Vinicio Capossela @ Nuovo Teatro Verdi - Brindisi

• 18/11/2011 - Teatro Impero - Brindisi. Serali: porta ore 20,30 – sipario ore 21,00

Vinicio Capossela
MARINAI, PROFETI E BALENE
Mauro Ottolini (Trombone, conchiglie, ottoni, flauti, kalimba, temporale), Achille Succi (flauti, shakuhachi, shehnai, tin whistle), Glauco Zuppiroli (Contrabbasso), Zeno De Rossi (Batteria, conga, gong delle nuvole, teste di morto), Francesco Arcuri (Sega musicale, balafon, campionatore, steel drum, saz, santoor), Vincenzo Vasi (Theremin, campionatore, marimba, voce, glockenspiel), Coro de "Le donne sarde di Actores Alidos"

Dopo il grande successo ottenuto con la sua trasmissione radiofonica di RadioDue, Vinicio Capossela riporta in scena il suo tour incentrato sui temi del suo ultimo doppio album “Marinai, Profeti e Balene” uscito lo scorso aprile.
Capossela riproporrà sul palco i diciannove pezzi del suo ultimo doppio album in uno spettacolo a metà fra musica e show che accompagnerà il pubblico per circa due ore. L’idea è vincente e degna del cantante-­‐intellettuale.
Sul palcoscenico una scenografia semplicissima, ma che magicamente si trasformerà di volta in volta, sotto gli occhi degli spettatori, in veliero, profondità oceaniche, ventri di voraci balene e isole immacolate, in un viaggio visionario che farà saltare e “nuotare” nella sua musica e nella letteratura di ogni epoca e nazione.
Passare dalle vedute marine di Conrad a quelle di Omero e di Melville non è poi così difficile se il capitano è Vinicio Capossela.

CHI VA PER MARE IL MARE SE LO PRENDE*
E Dio creò un grande pesce per inghiottirci. Essere ingoiati dal pesce è la premessa della trasformazione.
Cos’è il Leviatano?
Qualcosa di più grande di noi. Un percorso da fare. E’ il sacrificio, l’espiazione, i 40 giorni nel deserto. Ora cos’è questo pesce? Esiste un pesce capace di inghiottirci? C’è eccome, è questo grosso pesce che somiglia a un baraccone, in cui non regna ne virtù, ne conoscenza e nemmeno senso del destino. Solo queste continue ed incessanti esortazioni al basso. E io vi dico invece che per quanto siamo fango impastato con uno sputo divino, c’è comunque del divino in noi, anche nello sputo. E ovunque e comunque ci vuole coraggio e cuore di cane, come il pesce che l’osso se l’è messo dentro, nello scheletro, per navigare e smettere di proteggersi fuori con una corazza… e poi senso del destino… e dunque bisogna essere un poco profeti.
E poi i mostri, le balene, le creature del sogno, che sono dentro di noi, enormi, molto più del piccolo involucro di corpo che ci contiene. Cose enormi come la morte, l’anima, l’amore, la paura, Dio, God, Tutto Quant’. Tutto quello che è infinitamente più grande di noi, ed eppure sta in noi. E’ questo che abbiamo cercato di mettere in questo spettacolo e in questo lavoro.
Perciò ora salpiamo, e procediamo a vista di cabotaggio, con un piccolo gazzettino di navigazione, che non contiene rotte, ma indicazioni avute da chi è passato in quei luoghi prima di noi. Incontreremo forse cannibali, e poi amanti, e penzoleranno impiccati in punta di pennone, incontreremo i fantasmi della raffica bianca, lo Harz delle fiabe dell’est, il terrore, il bianco colore dell’assenza. Dovremo lasciarci alle spalle affetti e famiglia e ne subiremo la nostalgia, il dolore del Nostos, del ritorno e del ricordo. Gli inganni dell’attesa, i suoi simulacri. Ci impiglieremo in vite che non sono le nostre, come nell’isola di Calipso, colei che nasconde. Scenderemo nel regno dei morti e interrogheremo il profeta Tiresia.
Incontreremo balene imbalsamate e balene bianche, fino a che il mare ci si richiuderà sopra come una pentola e forse risorgeremo. Andare oltre il ritorno, folli come quando si inizia una nuova vita e si taglia il ritorno dietro di sé. Avremo per compagne le Pleiadi, il diadema del cielo, amico dei naviganti. Scopriremo il nostro coraggio e la nostra codardia nel momento della scelta. Urleremo al cielo la nostra ribellione al silenzio di Dio, alla mancanza di giustizia. Imploreremo la cura alla ferita inflitta dall’amore. Incontreremo chi ci racconterà la storia dall’inizio, come se ci fosse stato. Pregheremo povere statue ornate di conchiglie, che ci guarderanno comprensive, ma non potranno fare niente per noi. Fino ad arrivare al canto delle sirene che ci canteranno la nostra stessa storia, la nostra vita per intero, com’è andata, come avrebbe dovuto essere.
Il loro canto ci restituirà tutto quel poco di divino, la perla intravista e frammentata nel fango della creazione. La luce del nostro cammino, dal niente al niente.
*CAPITANO V.C.


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