Approfondimenti » 17/12/2011
Lettera ad un amico lontano da Brindisi. Di Emanuele Amoruso
Brindisi verso le Amministrative
Lettera ad un amico lontano da Brindisi.
Caro Amico Ti scrivo provando a rispondere alle Tue numerose e costanti disapprovazioni e critiche.
Ribadisci continuamente quanto Brindisi sia bella e l’unicità del suo insieme non valorizzato, e ci ricordi che ci hanno sempre “comandato” da fuori. Per ironia: anche S.Teodoro è amico dei forestieri. Non facciamo “squadra”, ognuno per sé. Non abbiamo identità, non ci consideriamo comunità.
Dici dispiaciuto: slanci solidaristici a parte c’è un tessuto “civile” traballante con zone grigie di compromissione e illegalità diffusa. E’ storia recente la presenza criminale organizzata e pervasiva. Chiedi se si è posto un argine. Ubi jus, ibi societas: sappiamo che è questo il terreno che genera vita civile e opportunità.
Hai voluto sollecitarmi con le 3 P: potere/poteri – politica/politiche – partecipazione.
Ti è noto che poteri “forti” hanno sempre avuto uomini nelle Istituzioni, anche ai vertici. Hanno fatto quanto hanno voluto, usando il ricatto occupazionale, dettando l’ambito delle trasformazioni urbane, affossando innovazione e ricambio del ceto politico, sfigurando il dolce porto mediterraneo che accolse Virgilio morente. Cosa ci lasciano? Macerie, inquinamento, degrado, frammentazione urbana e sociale ma dannosissimo quanto non si vede: quanto ha snaturato le persone, nell’intimo e nella morale. Poi, dopo la fine della prima repubblica, tutto ha subito un’accelerazione nel Paese con l’emergere di classi dirigenti, parte di esse “riverniciate”, esplicitamente votate ai vantaggi di parte, così accentuando il processo degenerativo della politica amorale, familistica, trasformistica.
Qualcuno ci ha provato, ogni tanto, e vorrei che apprezzassi lo sforzo facendo Tuo quanto avrebbe scritto il conterraneo poeta Marco Pacuvio “ut desint vires tamen est laudanda voluntas” (nonostante manchino le forze è tuttavia lodevole la volontà).
Poteri che trovano sempre la “quadra” tra di loro, nel tempo adattano e adottano le misure per riequilibrarsi. Certo qualcuno ci lascia le penne, ma i più furbi, da dietro le quinte, sanno come sopravvivere a tutti i venti del canale d’Otranto.
Mi ricordi che è fuorviante la scelta tra industrialismo o altro. Siamo nella fase storica in cui il possibile futuro sta nella valorizzazione delle risorse territoriali, comunque determinate. Non si può buttare l’acqua sporca con il bambino dentro ma è ovvio che nessuno può più “sfruttare” il territorio ed inquinare a piacimento. I dati sanitari sono allarmanti, così come la nostra insipienza. Sappi che diffusi doppi giochi impediscono da anni la definizione della “convenzione” per la drastica riduzione d’uso del carbone e l’abbattimento degli inquinanti delle centrali e non solo.
Osservi le campagne segnate dagli impianti di energie alternativi: paesaggio desolante e, anziché infiorato, ferruginoso e abbandonato. Dovresti saperlo anche Tu, che peraltro vivi nella città della finanziarizzazione dell’economia, quanto proprio i capitali finanziari di qualsiasi provenienza (pecunia non olet) siano alla base di questa imprevedibile (?) diffusione su tutto il territorio regionale di impianti fotovoltaici. Ricordi quando appassionatamente discutevamo della eterogenesi dei fini? Chi, Ti chiedi, non valuta gli “effetti non desiderati e perversi” dell’agire politico, e dovrebbe farlo?
Purtroppo cosa aspettarsi da classi dirigenti che apprezzano solo i vantaggi immediati materiali e immateriali delle loro scelte? E’ la piaga della politica, non solo meridionale come leggiamo ogni giorno. Possiamo aspettarci qualcosa di diverso quando pochi chiedono alla Politica, certamente la scienza e l’arte più difficile tra le attività umane, di occuparsi del “bene comune”, di diritti e doveri, di valorizzare la dignità di ognuno, del dovere di preoccuparsi per la sostenibilità democratica, messa in discussione da oligarchie e tecnocrazie?
Dove vivo, mi scrivi, già da anni si è capito che è necessario praticare il “coinvolgimento” nei processi decisionali per ogni aspetto che riguarda la comunità. Ciò vale per i servizi, le politiche di trasformazione urbana, la gestione dei rifiuti, il verde, la vivibilità, la scuola, i giovani, l’accessibilità, lo sport e la salute, il commercio, la cultura e le manifestazioni artistiche, per tutte le piccole e grandi cose che segnano il destino di comunità. Dici che i cosiddetti “processi partecipativi” sono alla base della nuova concezione del “governo urbano”. Ma sai che molti pensano e agiscono come quando da ragazzi tiravamo, per ore, infiniti calci al pallone, davanti a Cristo, a S.Teresa oppure al “liscio” della Commenda, e chi portava il pallone voleva fare le “squadre” lasciando alcuni fuori dai giochi. Allora era sgomitare nel gruppo dei pari: oggi è solo, purtroppo, voler tenere in mano il gioco, facendo anche l’arbitro che cambia le regole di continuo. Non si accetta nessun “disturbo” al manovratore, e i cittadini non considerati come “attori” della cosa collettiva, la “cittadinanza” come eresia.
So che segui, attraverso i benemeriti siti web locali, le vicende cittadine. Ed in effetti l’opinione che Ti sei fatta, per le prossime elezioni comunali, corrisponde al vero: vari gruppi di interessi, celati anche dietro le sigle rimaste di quanto chiamavamo “presidi della democrazia, del pluralismo e della società aperta” (mi ricordi i testi di Bobbio, Popper e altri), si danno da fare per mantenere, ovvero prendere, quote di potere. Tutto il gioco sta nella capacità di tessere “reti di interessi”: chi più ne intercetta ha più chance.
Per fare cosa, mi chiedi?
Da anni fai l’elenco di ciò che vorresti che accadesse: trasformare la città perché sia sostenibile, avere un bilancio pubblico partecipato, costruire con i cittadini la dimensione urbana vivibile, creare un ambiente sociale aperto alla innovazione e creatività perché la cultura non sia solo spettacolo da consumare ma modalità di relazionarsi tra persone e idee. Quando eravamo giovani ci illudevamo con “l’immaginazione al potere”: oggi c’è solo il potere dell’immagine. Vorresti che il porto sia risorsa vera, che la città non continui ad espandersi ma provare ad “accorciarla”, che il centro (quasi un deserto, dici) ritrovi la qualità sociale perduta. Appunto: qualità sociale non qualche animazione. Le periferie poi sempre più distanti: chi vi abita, molti anziani, sempre più isolati. Città duale con i “deboli” sempre più tali. Come i giovani sfiduciati, i nostri figli che vanno lontano come tanti della nostra generazione.
Vorresti che chi governerà la città non pensi a come “giocarsi” il PUG (piano urbanistico generale) o come gestire a favore di pochi alcuni importanti finanziamenti.
Purtroppo sai cosa è successo negli ultimi anni, come dappertutto. Constati: si gestisce il potere per aumentare il potere, avere questuanti in attesa, ricevere ossequi e vantaggi, continuare a far credere che esistano due grandi aree politico-culturali distinte e distanti. Di fatto nella gestione delle istituzioni la “differenza” è fatta nella “divisione delle spoglie”, nel ripartire benefici a persone e/o imprese di “aria”: ma non pensare che siano cessati i trasversalismi e, quando occorre, i “soccorsi”.
Le differenze politico-culturali di un tempo? Storia passata, e poi la dimensione “comunale” è fatta di particolarismi di interesse con buona pace anche del lessico aulico della politica i cui linguaggi sono da tempo “artatamente democratici” e, sai anche, datati per comprendere la complessa contemporaneità post moderna e “liquida”.
Chi saranno i candidati, chiedi? Sommando gli effetti “perversi” del leaderismo e della personalizzazione della politica converrai che anche stavolta, complici involontari gli operatori della comunicazione, si farà credere, e si proporrà qualche “salvatore della patria”, (segno evidente della “fase ancora infantile di una comunità” che si crede adulta). Dapprima sussurrato, in conciliaboli, poi visto come la soluzione. Sono anche d’accordo con Te che le “liturgie” formali nell’ambito del centro sinistra si continuano a officiare per “velare” i pochi che realmente decidono, così come le primarie fatte alla “nostra maniera” lasciano più morti e feriti sul campo che cuori appassionati, menti impegnate e idee innovative.
Peraltro mi segnali la recente ricerca sul gradimento dei partiti politici: sono al 14%, quasi la metà di quanto fosse ai tempi di tangentopoli. E’ tutto dire, e costoro ancora scelgono per la “collettività”? Hanno saputo dell’esito recente dei referendum e delle elezioni dei sindaci di Napoli e Milano? Non si pongono domande? Quando daranno risposte?
Apprezzi l’importante presenza del Volontariato e di quanto Comitati e Associazioni hanno fatto, e fanno, per la questione ambientale e non solo. Poni una domanda: è venuto forse il tempo di “andare oltre”la denuncia, la sfiducia e la demonizzazione? Chiedi se continuare a distinguersi, non aprirsi al confronto provando a passare dall “out – out” al “et – et” e favorire il pensiero e la pratica dialogica, non sia superato? Tra loro molti giovani e giro a loro questa e la prossima domanda.
Ognuno parte da una posizione, ma si può con gli altri scoprire dove si può arrivare insieme?
Questo sappiamo: esperimentare la Politica come volontà e consapevolezza di costruzione del binomio pensiero – azione per coniugare interessi e valori. La forma democratica è una buona formula: bisogna continuamente ricreare le condizioni perché possa essere praticata, contro la scissione sociale e le oligarchie onnipotenti. Si possono tenere insieme particolarismi ed universalismi, temperando gli uni e lasciandosi guidare, nella nebbia dell’oggi, dagli altri?
Le questioni sono tante, ed annose. La città può affrontarle ancora con gruppi che guerreggiano e poteri meta politici? La crisi è della politica e in questi giorni in Italia è entrato in gioco il “motore di riserva” Capo dello Stato (Olivetti su Avvenire, 4 dicembre): si deve capire che nulla sarà come prima. E’ bene che Brindisi possa evitare gli ultimi colpi di coda di una “storia” retta da “bande del buco”, da praticoni della cosa pubblica o falsi ottimisti demiurghi? O lo sguardo si fa “lungo”, o il “faro” su Forte a mare continuerà ad esser fanalino di coda.
Mi invii un nuovo gioco di “parole chiave” da coniugare e mettere in relazione. Questa volta hai scelto le 4 D: dedizione, disciplina, diritto, decoro.
Lo estendo a qualche amico e ai giovani.
Leggemmo un tempo che la “fedeltà ad un luogo è forse maggiore in chi è andato via che in chi è rimasto” (Pericle Assennato, anni ’70). Ti so dispiaciuto per ciò che abbiamo o non abbiamo fatto al nostro “bene comune”. Mi rammenti Kavafis che ammoniva a non “sciupare la propria esistenza, perché è come sciuparla in tutto il mondo”.
Ma allora voglio darTi anch’io un gioco di parole chiave: re mare – a mare – riAmare Brindisi.
C’è disagio, ma qualcuno ha voglia di navigare?
Intanto Ti auguro un sereno Santo Natale, ed a Noi tutti auguro che il prossimo sia davvero un Anno Nuovo, provando a trovare rotta e porto.
Tuo, Emanuele Amoruso.
Brindisi, 13 dicembre 2011 – Santa Lucia
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