Salute » 20/06/2012
A Brindisi sei ospedali sono troppi. Di Maurizio Portaluri
La Regione Puglia si appresta a definire e poi ad applicare la cosiddetta "seconda fase" del piano di rientro sanitario, un'operazione di riduzione dei posti letto ospedalieri che permetterą di non subire limitazioni nella destinazione di risorse centrali e nelle libertą di gestione, una per tutte, lo sblocco delle assunzioni.
A dieci anni dal piano di riordino ospedaliero varato dalla Giunta Fitto sembra, per certi aspetti, che il tempo sia trascorso inutilmente.
Faccio pubblica ammenda della mia opposizione a quel piano nel 2002, per quanto fosse gią all'epoca del tutto insufficiente e largamente compromissiorio, e mi dissocio dall'odierno coro di proteste rispetto alle programmate chiusure previste dalla Giunta Vendola, composto dalle stesse forze politiche che si opposero alle precedenti, giudicando comunque l'odierna riduzione di 800 posti letto qualitativamente insufficente a produrre reali risparmi e a porre le basi di una liberazione della sanitą pugliese dalle ragioni della sua arretratezza: molti ospedali, piccoli, poco attrezzati, inutili per l'utenza e talora pericolosi.
Gli 800 posti letto da tagliare qua e lą lasciando aperte strutture che non rispondono pił ai criteri che individuano un moderno ospedale, non daranno ai pugliesi i nosocomi che trovano quando vanno a curarsi al Nord. Dietro la permanenza di strutture che chiamare ospedali č operazione fantasiosa si legge chiaramente la prevalenza di pressioni corporative, di esigenze clientelari, di ben precisi interessi elettorali non certo degli interessi del malato.
In provincia di Brindisi restano aperte strutture senza chirurgia e quindi per ciņ stesso non definibili ospedali moderni. Resta aperto Mesagne a 7 Km dal "Perrino" a cui toglie personale ma non lavoro, la peumologia a San Pietro Vernotico che non avrą mai una moderna terapia intensiva respiratoria mentre Brindisi (l'intera provincia) perderą gli unici reparti di Endocrinologia e Dermatologia e continuerą ad essere priva di specialitą inspiegabilmente assenti in un vero ospedale (chirurgia toracica, cardiochirurgia, pneumologia, gastroenterologia, hospice). In definitiva sei ospedali in una provincia in cui ne basterebbero due ben attrezzati condanneranno chissą per quanti decenni ancora la nostra gente ad emigrare per cercare risposte complesse ma continuando a spendere nel contempo ingenti risorse pubbliche.
Leggo che qualche politico protesta per un reparto insicuro giustamente soppresso qua e lą. Protesta senza avere competenza, suggestionato da qualche operatore o fornitore che vede penalizzati i propri interessi. E' inammissibile che chi non ha responsabilitą della spesa cerchi di frapporre ostacoli sulla via della modernizzazione.
Si riveda quindi la "seconda fase" del piano di rientro, ma nel senso di una vera modernizzazione e non di compromessi al ribasso.
Maurizio Portaluri
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