Approfondimenti » 02/11/2012
Il voto siciliano e i segni di speranza. Di Michele Di Schiena
Non convincono quei commenti sulle elezioni siciliane che definiscono il loro esito un preoccupante specchio dell'Italia. La frantumata e spesso tortuosa storia della politica siciliana, segnata da maggioranze anomale (da quella milazziana a quelle recenti) e da baronie più o meno direttamente influenzate dalla mafia, non riflette invero quella dell'intero Paese. Così come gli esiti elettorali siciliani non preannunciano, come la stessa storia segnala, quelli delle elezioni nazionali. Non è detto perciò (anzi è molto difficile) che le divisioni e le alleanze registrate nella consultazione siciliana si ripetano in occasione delle prossime elezioni politiche.
Ciò premesso va detto che il confronto nella campagna elettorale della prossima primavera non potrà essere circoscritto ai problemi di un rinnovamento limitato all'aspetto generazionale e a certe proteste prive di concrete e ragionevoli proposte ma dovrà avere ad oggetto i temi della questione morale e della politica economico-sociale. Il tema della moralità pubblica sotto il profilo di culture che le possano dare alimento e sotto quello delle innovazioni legislative che la possano garantire e promuovere. Il tema della politica economico-sociale con le scelte che essa esige sui versanti cruciali dei rapporti con l'Europa, della necessità di coniugare rigore e rilancio dello sviluppo, della centralità del lavoro, dell'equità fiscale, della distribuzione della ricchezza e della riduzione delle disuguaglianze. Problemi sui quali "si parrà la nobilitate" non solo dei partiti tradizionali ma anche di certe nuove formazioni politiche e di certi movimenti che fanno della demagogica protesta la loro bandiera.
Se è vero quindi che il responso delle elezioni siciliane non prefigura meccanicamente l'esito delle prossime elezioni politiche, è anche vero che questo responso ha dato indubbi segni di speranza sottovalutati da molte "cassandre" che con il loro pessimismo rischiano di aggravare la crisi e di allontanarne il superamento. Non è infatti di poco conto che in Sicilia sia stato eletto alla presidenza della Regione un uomo estraneo a qualsiasi nomenclatura e fondatamente considerato acerrimo nemico della criminalità organizzata con un passato e un programma politico che parlano di radicale cambiamento, di lotta senza quartiere al clientelismo e alla corruzione e di politiche sensibili alle ragioni dei ceti sociali più deboli e meno tutelati. E neppure è di poco conto che l'elezione di Crocetta sia stata voluta e sostenuta da un'alleanza fra progressisti e moderati centristi che verosimilmente andranno divisi alle prossime elezioni politiche ma che con eguale probabilità saranno indotti ad incontrarsi nell'interesse del Paese all'indomani dell'esito elettorale.
Quanto all'astensione dal voto che nelle elezioni siciliane ha superato il cinquanta per cento, sia consentito ipotizzare che oltre a un preponderante non-voto di protesta vi sia anche quello favorito da ambienti mafiosi con l'intento di delegittimare le istituzioni regionali in un momento nel quale si profila un incisivo rinnovamento e nel quale potrebbe essere sempre più difficile trovare nelle istituzioni e nella politica affidabili ed efficaci referenti. Resta comunque il fatto che l'astensione dal voto in Sicilia è, per le sue dimensioni, un fenomeno preoccupante che interpella le responsabilità della politica e che resta tale anche se è vero che le elezioni politiche sono altra cosa e che noi italiani siamo un popolo con indubbi difetti ma anche capaci, quando è in gioco il futuro del Paese, di convertire la delusione, la rabbia e persino il disgusto in salutare saggezza.
Michele Di Schiena
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