Approfondimenti » 08/12/2012
Cultura, tra passato e futuro. Di Guido Giampietro
In tal modo lo scrittore afgano Khaled Hosseini parla di Herat nel suo romanzo “Mille splendidi soli”: «In questa città non si poteva stendere una gamba senza dare una pedata in culo a un poeta…». Per indicare che Herat un tempo era stata la culla della cultura persiana, la patria di scultori, di pittori e di sufi. Un po’ come lo è stata la Brindisi romana (e non solo romana), quando Cicerone sostava in città presso la nobilissima famiglia di Marco Lenio Flacco. Per non parlare di Virgilio, del concittadino tragediografo Marco Pacuvio (insieme allo zio Quinto Ennio) e di Q. Orazio Flacco che nei “Sermones” descrisse il suo viaggio da Roma a Brindisi.
Certo ne è passata di acqua sotto i ponti. Forse è per questo che ci si è inventati la “città d’acqua”. Quando, più propriamente, bisognerebbe parlare di “città di mare”. Così come, se proprio si vogliono usare gli inglesismi tanto cari agli archistar d’oggigiorno, “seafront” dovrebbe prendere il posto di “waterfront”. Ma questa, come direbbe Kipling, è un’altra storia…
Al momento, invece, diventa prioritaria la necessità di ridurre il gap culturale con le altre province italiane e, soprattutto, venire incontro alle aspettative dei nostri universitari stanziali, già penalizzati dall’appartenenza a Università che brindisine non sono! E come? Tanto per iniziare, favorendo ˗ grazie a una rete WiFi cittadina ˗ il collegamento gratuito a Internet.
Non saremmo i primi a intraprendere questa strada, ma nemmeno gli ultimi. Infatti, la prima città a realizzare in Italia (e tra le prime in Europa) una rete pubblica WiFi è stata Bologna, in seguito all’iniziativa intrapresa dal Comune in collaborazione con l’Università e i partner privati. Successivamente il WiFi gratuito è giunto a Trento, Milano e Venezia (quella stessa con cui Brindisi dovrà competere per il titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019!) che, da città lagunare, si è candidata a divenire città digitale.
A Brindisi la copertura del servizio wireless potrebbe inizialmente riguardare il centro storico e le zone in cui vi sono gli insediamenti universitari (finché resistono!). Poi, gradualmente, estendersi al resto della città. Ciascun utente dovrebbe disporre di un credito quotidiano di accesso di un’ora e trenta minuti con una banda disponibile massima di 256 kb/s. Gli utenti potranno collegarsi da un qualsiasi punto all’interno della zona di copertura definita e sarà loro possibile muoversi liberamente in roaming tra un nodo e l’altro della rete. Per tutti gli studenti di ogni ordine e grado (ma anche per i docenti e il personale tecnico-amministrativo) non dovrà essere richiesta la residenza nel Comune. Per i turisti (quando e se ritorneranno!) l’accesso potrebbe essere consentito previo pagamento d’una cifra simbolica (meglio ancora se fosse gratuito).
Va da sé che l’istallazione della rete WiFi non potrà cambiare, da sola, le abitudini culturali della città, ma può essere un mezzo, insieme ad altri, per un’auspicata inversione mentale. E se l’esempio delle città che si sono incamminate per questa strada non dovesse essere sufficiente a smuovere l’attenzione dei politici nostrani allora bisognerebbe raccontare loro la storia della rana kupamanduka. Secondo gli antichi testi sanscriti della tradizione indiana (V secolo a.C.) la rana kupamanduka trascorse tutta la vita in fondo a un pozzo per paura di quanto c’era fuori. Attenzione, però! Chi rimane nel pozzo si crede al sicuro ma, in questo modo, non scambia idee, informazioni e prodotti con gli altri e così, senza accorgersene, diventa sempre più povero e ignorante.
Facciamo allora in modo che a Brindisi, città d’acqua, (ma io continuerò a chiamarla città di mare) non prolifichino, nei limacciosi fondali dell’indolenza, le rane kupamanduka…
Guido Giampietro
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