Approfondimenti » 16/03/2013
Osservare le stelle… in una mattina di sole. Di Guido Giampietro
Il luminoso atrio assume dapprima l’aspetto di un’agorà ove passeggiano (in senso aristotelico) maestri e discepoli in un andirivieni caotico certamente dotato d’una logica che però mi sfugge. Un momento dopo ˗ terminato l’intervallo ˗ la “piazza” si svuota mostrando, al centro del pavimento segnato dalla rosa dei venti, una chiesuola gelosa custode d’una bussola compagna di rotte ardite. In alto, grandi semisfere˗oblò rubano al cielo i tiepidi raggi d’un fine novembre.
Questi particolari, anche in assenza d’indicazioni all’esterno dell’edificio, sarebbero sufficienti a etichettarlo come la scuola di chi ha scelto d’andare per mare (ma anche per aria). Si parla dell’I.T. Nautico “Carnaro” di Brindisi.
È il prof. Carmelo Pacifico a venirmi incontro per illustrarmi il funzionamento del Planetario didattico. Che non è quello d’antan degli anni Quaranta, quando il Nautico era ubicato nello storico Collegio Navale “Nicolò Tommaseo” che accolse i ragazzi orfani di un’Istria malamente barattata nonostante il grido di dolore del Vate. E che ospitò anche la “meglio gioventù” rappresentata dai cadetti dell’Accademia Navale di Livorno e dai cugini dell’Accademia Aeronautica di Nisida.
Il vecchio e più “semplice” Planetario ˗ modello Galileo ˗ è ora a riposo, ma forse non per molto perché, novella fenice, dovrebbe rinascere come “itinerante” per illustrare le meraviglie del cielo a un pubblico più vasto. Al suo posto, nel laboratorio di Astronomia “Nicola Valerio” (indimenticato insegnante e poi Preside del “Carnaro” dal 1946 al 1975), c’è il modello Aus Jena.
Lo strumento ˗ mi anticipa il professore mentre arranco dietro di lui su per una scalea che sembra una scorciatoia per giungere alle stelle ˗ consiste in una sfera metallica cava, sulla cui superficie sono praticati 1098 fori di diverso diametro. Ogni foro ha la posizione corrispondente a quella di una stella e il diametro è proporzionato all’intensità luminosa apparente della stella stessa, ossia alla sua magnitudine.
Le stelle riportate sono fino a magnitudine 4,75 corrispondente a quelle visibili a occhio nudo in una notte con buone condizioni meteorologiche e buona trasparenza dell’atmosfera. L’apparato consente la visualizzazione di Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Saturno, Giove e del punto primaverile (γ). Inoltre riproduce il fenomeno della precessione e la visualizzazione della Via Lattea.
Ancora qualche passo e mi ritrovo in un suggestivo ambiente a cupola (8 metri di diametro) al centro del quale torreggia lo strumento che, nella penombra, appare come un robot lunare. E scopro di non essere solo perché la sala (capienza 70 posti) è occupata da una chiassosa Terza Media di Salice Salentino.
«Sfortunatamente ˗ esordisce il prof mentre il chiacchiericcio degrada ad accettabile brusio ˗ l’inquinamento atmosferico e la luce diffusa dell’illuminazione cittadina c’impediscono d’osservare il cielo in tutto il suo splendore. Ma anche in condizioni ideali esistono delle difficoltà poiché certi fenomeni avvengono in tempi molto lunghi e in luoghi molti distanti. È facile quindi comprendere quale importanza possa avere un Planetario che consente di riprodurre quasi tutti i fenomeni astronomici osservabili sia di giorno che di notte, a tutte le latitudini e, soprattutto, di poterli vedere accelerati nel tempo…».
“Out of time, out of space” direbbe Edgar Allan Poe. E veramente fuori da ogni dimensione spazio-temporale ci si sente allorché il prof fa calare sui nostri nasi all’insù una stupenda notte stellata. Il silenzio ora è assoluto mentre la penna-laser disegna ghirigori tra le stelle. Ma la cosa più sorprendente è che il verbo del prof s’è adeguato al livello cognitivo dei ragazzi. Così, invece di atterrirli con discorsi sull’obliquità dell’Eclittica o la precessione degli equinozi, parla di costellazioni e di mitologia, ma anche di chicche che non credo trovino ospitalità nei testi scolastici.
Chi poteva infatti immaginare che gli antichi Egizi utilizzassero due stelle del carro dell’Orsa Maggiore ˗ Mizar e Alcor ˗ per controllare la gradazione della vista di faraoni e dignitari di corte? O che septem triones (da cui settentrione) fossero i “sette tori da traino” con cui i Romani chiamavano le sette stelle dell’Orsa? O che il nome dell’ultima stella del carro ˗ Alkaid, in arabo “stella del governo” ˗ fosse stato preso in prestito da Osāma bin Lāden per coniare Al Qā’ida, il movimento terroristico da lui programmato per il “governo” del mondo?
E mentre il professore Pacifico, mixando come un dj tra scienza e mitologia, parla di stelle, le musiche in sottofondo dei Pink Floyd ed Ennio Morricone appaiono il mezzo più adatto per raggiungerle. Mi piace anche pensare che il display d’un telefonino che la ragazzina seduta davanti a me s’affretta a spegnere le abbia confidato parole che solo l’incanto d’una notte stellata ˗ seppure artificiale ˗ possono suggerire.
Il professore, intanto, parla di Orione, descritto da Omero come un gigantesco cacciatore che in cielo, coi suoi cani, insegue la Lepre. Aggiunge che le tre piramidi di Giza, viste in pianta, formano un allineamento identico a quello delle tre stelle della cintura di Orione. Come dire che la disposizione delle piramidi non sarebbe casuale. Senza parlare che queste stelle, Alnilam (in arabo, cintura), Mintaka (fascia) e Almitak (filo di perle) erano quelle che i faraoni, grazie a un foro, traguardavano dalle loro tombe per assicurarsi, al risveglio, d’essere in vita…
E che dire di Ariete e della sua stella Hamal (in arabo, testa d’ariete) che presenta un’assonanza con Hamas, l’acronimo dell’organizzazione propostasi per la distruzione d’Israele? O di Cassiopea, regina d’Etiopia, alla quale ˗ per la sua vanità ˗ venne inflitta la punizione di girare eternamente attorno al polo trovandosi spesso, pur se assisa al trono, in una posizione poco dignitosa (sottosopra)…? O di Cefeo suo sposo, le uniche due costellazioni circumpolari (visibili tutte le notti dell’anno) dedicate a un marito e una moglie?
La conversazione del professore volge al termine. Le luci della sala si riaccendono e il vocio, a lungo represso, ritorna sui giusti toni giovanili. Chissà ˗ mi chiedo ˗ se qualcuno di questi ragazzi verrà a frequentare il Nautico. C’è da augurarsi che però tutti trovino la propria stella polare, quella in grado d’indicare la rotta da seguire nella vita.
Prima di lasciare l’Istituto ritengo doveroso ringraziare dell’ospitalità la Preside prof.ssa Clara Bianco. Noto che la porta dell’ufficio è aperta e tale rimane anche nel corso del nostro breve colloquio. Fuori i ragazzi vanno su e giù per il corridoio senza farvi caso. Qualcuno getta un’occhiata all’interno quasi per rassicurarsi che la loro Preside sia sul ponte di comando, che tenga ben saldo il timone dell’Istituto. Un altro entra per rappresentare un problema d’interesse collettivo. Trasecolo! Sfilacci di memoria mi fanno rivedere la porta sempre chiusa della Presidenza del mio Liceo e i larghi giri che si facevano per non passarvi vicino. Decisamente i tempi sono cambiati e, da quello che vedo intorno a me, sono cambiati in meglio.
Guido Giampietro
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