Approfondimenti » 27/01/2013
Politiche: tra menzogne di rito e bisogno di verità. Di Gabriele D'Amelj Melodia
Sul tema della menzogna esiste già una ricca bibliografia. Per secoli, quella che è stata definita “ scienza dell'inganno “ è stata oggetto di studio e di approfondimento da parte di filosofi, psicologi, antropologi. Le varie strategie mendaci appartengono alla natura sociale dell'uomo. Si mente al proprio partner, al capoufficio, al professore, al funzionario delle Imposte e, ovviamente, all'elettore. Ed è proprio sull'arte di mentire in politica che vorrei proporre qualche modesta riflessione, stante la viva attualità dell'argomento in relazione ai fuochi d'artificio (logici e verbali) da poco aperti per la campagna elettorale.
A dire il vero, non è che ci sia bisogno d'essere a ridosso di una competizione per individuare, nel variegato bestiario italico, tracce di comportamenti ingannevoli ed omissivi con cui gli animali politici nostrani marcano il territorio di predazione.
Senza andare troppo indietro nel tempo, e solo a titolo esemplificativo, ricordo la decisa smentita resa in tv dall'allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato in merito ad un prelievo forzoso sui conti correnti bancari che entrò poi in vigore il giorno successivo (luglio 1992 ).
Più di recente, il motto popolare “ nega, nega sempre “, coniato per mascherare amorazzi clandestini, si è reso utile anche nell'ambito delle porcate politiche di basso livello. Il Deputato Scajola dichiarò solennemente d'aver acquistato un appartamento “ a sua insaputa “; il Presidente Fini cadde dalle nubi, come Checco Zalone, quando scoppiò “ l' affaire “ casa di Monte Carlo. Infine il cavalier Silvio, oggettivamente il più dotato di risorse bronzee, fece ridere mezzo mondo con la storiella di Ruby “ la nipote di Mubarak “.
I sermoni propinati dalle star della politica in campagna elettorale, tutto sommato sembrano essere meno perniciosi. Contengono infatti quel tipo di menzogna che S:Tommaso chiamava “ bugia giocosa ( mendacium iocosum ), per distinguerla da quella “dannosa” e da quella “utilitaria”. La malignità delle balle è mitigata dalla considerazione che, in fondo, esse sono soltanto finzioni dialettiche rituali.
Tra il politico emittente il messaggio illusorio e l'elettore destinatario viene così a costituirsi il gioco sociale delle parti. Entrambi sono consapevoli dell'essenza chimerica delle promesse fatte.
Gli elettori sono diffidenti, restano sulla difensiva. Al contrario dei militanti, tetragoni uomini di fede, quasi tutti seguono i big quotidianamente presenti nei salotti televisivi solo per assistere allo spettacolo, al teatrino, perché difficilmente cadranno nella trappola di accordare un ulteriore credito a chi li ha delusi e mazzolati.
L' italiano medio è vendicativo, sa che il voto di protesta è l'unica “arma letale” che potrebbe salvarlo. Per questo i pifferai non hanno speranza di vedere ancora topini ipnotizzati sulla loro scia. Malgrado questo però,seguitano a proporre tutto il loro trito repertorio della comunicazione verbale e non, per creare empatia, per sedurre e convincere, recitando sino all' ultimo un copione che, questa volta, non produrrà applausi.
L'anno montiano di sacrifici e rinunce, e il precedente decennio di allegre follie berlusconiane, hanno reso più maturo e consapevole il popolo sovrano. Gli elettori pretendono di avere governanti che coniughino l'etica dei valori personali all' etica della responsabilità. I cittadini hanno voglia di serietà e di verità.
Forse la
verità assoluta non esiste, ma il bisogno di verità sì.
Gabriele D'Amelj Melodia
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