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Approfondimenti: Una bonifica silenziosa. Di Guido Giampietro



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Approfondimenti » 19/01/2013

Una bonifica silenziosa. Di Guido Giampietro

Ora è Brindisi che, a causa di misteriosi segni tracciati sul mare, può mandare in crisi gli alieni. Proprio come loro hanno fatto con noi terrestri disegnando a Montegranaro – ma anche in tanti altri luoghi nel mondo – cerchi di grandi dimensioni ed altre strane figure sui campi di grano. Insomma, come avrebbe detto Pier Capponi, se gli alieni suonano le loro trombe, noi brindisini stiamo suonando le nostre campane.
Ma, fuori di metafora, chi sta scampanando e cosa esattamente stanno vedendo gli alieni dall’alto dei loro osservatori spaziali? Fissano attoniti le misteriose “ghirlande” di boe gialle e rosse che da mesi la ditta incaricata del dragaggio del porto interno va continuamente spostando sullo specchio d’acqua del Seno di Ponente. E come in un caleidoscopio la lenta rotazione del tubo mostra figure simmetriche sempre nuove, allo stesso modo, sulle acque comprese tra il Villaggio Pescatori e il Castello di Terra, l’incessante riposizionamento delle “ghirlande” da parte d’un pittoresco battello crea mobili giochi d’astrusi disegni.

Questa storia ha ufficialmente inizio il 13 dicembre 2007, ma è del 19 marzo 2009 il comunicato stampa con cui l’Autorità Portuale di Brindisi invita i rappresentanti degli organi d’informazione ad assistere alle operazioni di recupero in mare delle autovetture (saranno circa venticinque quelle tirate su) che si trovano nei fondali del porto interno. È questo solo un momento delle operazioni di dragaggio che per tre anni vedranno l’impiego d’un mezzo progettato per rastrellare, fino a mezzo metro di profondità, ben trentamila metri quadrati di fondale, liberandolo dalla presenza di idrocarburi e metalli pesanti, oltre che da strati e strati d’inquinamento organico risultante da tonnellate di reflui urbani (non depurati) riversati nel tempo dal canale Cillarese e dai quartieri Minnuta, Paradiso e Casale.
Si tratta d’un intervento (sollecitato anche dai cittadini delle zone interessate, deliziati per anni dalle zaffate di miasmi pestilenziali) che s’inquadra in un “piano più ampio di risanamento ambientale e di riqualificazione di un’area vitale per lo sviluppo del territorio e delle attività produttive, culturali e turistiche di Brindisi”. E per realizzare tutto questo l’Associazione Temporanea di Imprese TESECO spa – Intercantieri Vittadello spa (aggiudicataria d’un appalto d’oltre 32 milioni di euro) opera sia con un cantiere a mare sia con un impianto ubicato nei capannoni ex SACA. In questi ultimi, dai sedimenti aspirati attraverso idropompe e poi riversati nelle vasche di stoccaggio viene separata la parte acquosa da quella solida. E mentre la prima, lavorata in loco, viene rigettata in mare, i fanghi, dopo il trattamento chimico e il procedimento di disidratazione, vengono trasferiti a Taranto presso una discarica per rifiuti speciali non pericolosi.

Il tutto avviene – se non fosse per le evoluzioni delle boe-salsicce e i seppur saltuari disturbi olfattivi – in maniera discreta e in un quasi religioso silenzio. Tutto regolare, allora? A mio avviso, non tutto. E l’anomalia sta proprio nel silenzio – non in senso acustico, ma mediatico – in cui si sta svolgendo l’operazione. Perché su un evento importante come questo, a parte le manzoniane grida iniziali, non è trapelato più nulla. È vero che Sciascia diceva che “si ama più tacere che parlare”, ma lui apparteneva ad un’altra cultura e perciò, con tutto il rispetto che gli porto, in questo caso non fa testo.
A dimostrazione di quanto oggigiorno la comunicazione sia importante vale la pena notare che la Società New Basket Brindisi, in occasione dei recenti lavori di adeguamento del Pala Pentassuglia, ha inserito nel proprio sito web un filmato che ha consentito ai tifosi (ma anche a chi tifoso non è, visto che il Palazzetto è un bene comunale e, per ciò stesso, di tutti i cittadini) di rendersi conto dello stato e dell’avanzamento dei lavori.
E invece, per il porto, cioè per un bene di gran lunga più importante, la parola d’ordine è stata, finora: silenzio! Cosa importa, si potrebbe obiettare, se si tace su quello che stanno tirando su? L’importante è che quella schifezza venga rimossa e facciano tornare le acque “chiare, fresche e dolci” come quelle d’un tempo ˗ nemmeno tanto lontano ˗ in cui lì si facevano addirittura i bagni. E invece importa! Perché se, come dice Salvatore Niffoi, “la vita nel mare è tutta sotto, nascosta a chi non sa vedere oltre il visibile…” allora noi brindisini abbiamo-tutto-il-diritto-di-sapere-cosa-c’è-lì-sotto. Melma? Bene, allora ce lo dicano chiaramente: abbiamo tirato su tot tonnellate di melma puzzolente!
E se, invece, in quell’angolo strategicamente importante del nostro porto (da lì – non lo dimentichiamo – salpavano le navi dei Romani e quelle dei Crociati e i grandi velieri e…) ci fosse qualcosa che ci rimandasse ai tempi antichi? Emergessero, cioè, testimonianze della nostra storia? Fantasticherie? Non ne sono tanto sicuro. Benita Sciarra, (Scavi e Scoperte nell’area urbana di Brindisi in “Ricerche e Studi III – 1967”), parla del ritrovamento (nel 1793) nella banchina (non meglio precisata) del porto “di molti marmi tra cui una statua di Diana (?) e di 26 monete d’oro, cioè due di Traiano, venti di Adriano, una di Antonino Pio e tre di Faustina” (materiale trasportato nel Museo Borbonico di Napoli – l’attuale Museo Archeologico Nazionale – e di cui si è persa ogni traccia). E, sempre la Sciarra, riferisce che “nel fondale del porto interno, nell’esecuzione di lavori di dragaggio fu rinvenuta una lastra marmorea con iscrizione (Brindisi, Museo, n. 2083 inv.) I sec. d.C.” e che “nel seno di levante furono rinvenuti a metri otto di profondità diversi rocchi di colonne - Relazione 1937 in Arch. Soprintendenza Taranto”.

È sufficiente questo per far venire il dubbio che lì sotto qualcos’altro possa essere rinvenuto? E che sia perciò opportuno che qualcuno (Autorità Portuale o Impresa) debba fornire notizie in merito? Io credo proprio di sì. Sia ben chiaro, non perché questa esigenza d’informazione derivi da una clausola del Capitolato lavori. Sono infatti consapevole che gli Enti interessati non abbiano alcun obbligo contrattuale in tal senso. Di contro, a mio avviso, ne hanno uno morale ben maggiore, che prende le mosse da una considerazione valida ogni qualvolta si entra in rapporto con la Storia della città. E dal momento che anche la storia millenaria dei suoi fondali ci appartiene, da questo scaturisce il nostro diritto alla conoscenza!
Costantino Kavafis, il poeta che affacciato a una finestra del Grande Hotel delle Indie Orientali (l’attuale Internazionale) attendeva l’apparire del vapore proveniente da Alessandria d’Egitto, con a bordo Giuseppe Ungaretti, così scriveva: “Non toglieteci la possibilità che possano tornare a rilucere ancora scintille di un antico splendore”.
Un’invocazione più che mai attuale per noi brindisini. E anche un sacrosanto monito rivolto a tutti affinché, nell’apprestarsi a costruire la città del futuro, non ci si dimentichi del passato o, peggio ancora, non lo si calpesti!

Guido Giampietro


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