Home | Le notizie | Lo sport | I canali | Le tue foto | Brindisi Links | E-mail |

.Le news di Brundisium.net
.Lo sport: calcio, basket, volley

.I canali di Brundisium.net:

...· Approfondimenti
...· Appuntamenti
...· Arte
...· Beauty & Wellness
...· Brindisi vista da...
...· Cinema
...· Economia
...· Formazione e Lavoro
...· Frequently Asked Questions
...· Isola di G. Sciarra
...· Le tue foto
...· Libri
...· Musica
...· Personaggi
...· Poesia
...· Pubblica utilità
...· Salute
...· Scompartimento
...· Stelle e Strisce
...· Teatro
...· Università
...· Viaggi
...· Video

Brundisium.net
.Ti dico la mia
.Saluti
.La bacheca del calcio
.Il tabellone del basket
.Il muro del volley
.Baci e carezze
.Alma Mater
.La Chat di Brundisium.net
.Indice del sito
.Invia le tue foto
Brundisium.net
Approfondimenti: Viaggio nel tempo. Di Guido Giampietro



Ultime pagine I canali Ricerca

Approfondimenti » 12/01/2013

Viaggio nel tempo. Di Guido Giampietro

Seth Lloyd, cinquant’anni stempiati e gli occhi da ragazzino smanettone, è un fisico con una certa fama. Uno di quelli che da anni cerca di capire cosa accade nell’invisibile, in quel mondo che solo la matematica qualche volta riesce a raccontare, che si chiama universo quantico o subatomico. La tesi più nota di questo professore è che l’universo stesso sia un gigantesco computer quantistico. È lui che gira, calcola, genera un software, sviluppa destini e tesse delle trame di cui noi siamo parte. Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni.
L’universo che funziona come Windows. Solo che non gira su una macchina limitata come il nostro pc, ma sul leggendario computer subatomico, quello che un manipolo di fisici, sparsi qui e lì nel mondo, sta cercando di realizzare, come sfida finale al mistero della creazione.
Insomma, viaggiare indietro nel tempo sarebbe ˗ in linea teorica e per particelle elementari ˗ possibile! Fin qui la notizia di cronaca riportata da Vittorio Macioce sulle pagine de Il Giornale di qualche tempo fa. Una notizia destinata a far sognare quanti, nella macchina del tempo (quella, tanto per intenderci, del romanzo di H. G. Wells), ci hanno sempre un po’ creduto e sperato. Come il sottoscritto. Non certo per mettere in atto pericolose manipolazioni storiche come fanno Troisi e Benigni in Non ci resta che piangere. Ma solamente per andare a curiosare nella storia nostrana. Un voyeurismo innocente, il mio, anche se …
Tanto per iniziare, ruoterei velocemente a ritroso la manopola del tempo fino a far fermare l’indice all’incirca a 4000 anni addietro, in piena Età del Bronzo. Andrei così a sbirciare in uno degli insediamenti proto-urbani più vicini a noi, quello di Punta Le Terrare, strategicamente prescelto per il controllo dell’accesso al porto. Attratto, più che dal misero villaggio di scomode capanne sovrapposte e dalle grame condizioni di vita di quei nostri lontani progenitori, dalla magnifica cornice del territorio ˗ un vero Eden perduto! ˗ sul quale, qualche millennio più tardi, sarebbe sorta la messapica Brunda. Un territorio ricoperto, a perdita d’occhio, da boschi di lecci e querce, come la “quercus alba” dai rami lunghi come proboscidi di elefanti e di un grigio quasi nero quando sono bagnati.
Forse già quegli antichi brindisini, ancora prima dei greci, credevano che le querce avessero il potere magico di attrarre i fulmini e perciò piantavano le loro capanne nelle vicinanze perché li proteggessero, non allontanando il fulmine, ma accogliendolo, assorbendone l’impatto. Boschi oscuri come un abisso, per quanto erano fitti, nei quali s’aggiravano cinghiali, caprioli, lupi e, soprattutto, cervi maestosi e del tutto ignari che avrebbero prestato il nome alla città destinata a nascere attorno a quella insenatura tanto simile ai loro palchi di corna.

Ma le maggiori attenzioni le dedicherei al periodo che più m’intriga: quello romano. Farei così una prima puntatina nel 49 a.C., agli inizi della guerra civile tra C. Giulio Cesare e C. Pompeo Magno, per scoprire se fu proprio Cesare ad avere la “brillante” idea di tagliare al console-nemico la via di fuga per l’Oriente ostruendo con massi e grandi zattere la zona del porto corrispondente all’attuale Canale Pigonati.
E constatare chi, tra i suoi fedeli legionari, pose materialmente in atto quello sciagurato proposito che nel 1446, con l’affondamento d’un bastimento carico di pietre, fu riproposto da Giovanni Antonio del Balzo Orsini, Principe di Taranto, al fine di difendere i suoi domini dagli attacchi dei Veneziani. Senza sapere che in tal maniera si sarebbero cagionati “danni irreparabili al commercio e all’igiene della città” ˗ così come riferisce il Vacca ˗ rendendo paludoso e maleodorante un bacino che, nel passato, era servito alle dee per specchiarsi, per quanto la sua acqua era tersa e odorosa.
Riconfigurando i parametri del viaggio, con un quasi insignificante spostamento temporale mi porterei al 21 settembre del 19 a.C. per capire come ˗ e soprattutto ˗ dove è morto Virgilio. Insomma, solleverei il velo di mistero che grava su questa benedetta non-casa che non si è mai vista e nemmeno intravista! E tutto questo a vantaggio della verità storica e dei tanti turisti (ai brindisini, credo, interessi poco) che, giunti fin qui per vedere l’ultima dimora del sommo poeta latino, sbattono il muso contro una lapide che, posata in occasione del bimillenario della sua nascita, dà il fatto come certo. Quando, invece, certo non è! Intanto, vista l’impossibilità di vedere cosa c’è dietro l’attuale facciata e, in attesa della macchina del prof. Lloyd, si potrebbe almeno proporre ai turisti una riproduzione dell’incisione del Werner. E non fa nulla se in essa la casa appare più di tipologia medievale che romana. Meglio di niente …

Poi, trovandomi già in piazzetta Virgilio, oramai da esperto “crononauta” smanetterei sulla macchina del tempo per capire ˗ una volta per tutte ˗ se le colonne romane sono veramente quelle terminali della via Appia o se, a detta di alcuni, tra cui la studiosa Rosanna Alaggio, “… è possibile affermare, con sufficiente margine di sicurezza, che le due colonne furono realizzate con materiale di spoglio e collocate nel sito in cui ancora oggi si trovano, nel corso dell’XI secolo e, verosimilmente, a celebrare la rinascita della città ad opera del funzionario bizantino [il protospatario Lupo, ndr] ad una quota e nel punto del fronte urbano con il più favorevole asse prospettico per chi navigasse verso il porto interno”.
Una … mazzata di niente questa rivelazione, che farebbe passare in secondo piano l’annosa questione della donazione ai leccesi del 1660-61 (ricusata con inaudita acrimonia dall’attuale sindaco) di una delle colonne ad opera del notaio Vavotico, a quel tempo a capo dell’Amministrazione comunale.

Non avendo questo mio viaggio nel tempo un’esclusiva (e riduttiva) ricerca storica, ma volendo anche essere un’indagine sociologica e di costume, dedicherei una piccola parentesi al … gossip. Mi “sposterei” così al 9 settembre 1225 e cercherei di guadagnare un posto in prima fila (tra i cavalieri gerosolimitani da una parte e quelli teutonici dall’altra) nella Cattedrale di Brindisi gremita fino all’inverosimile per le fastose nozze tra Federico II di Svevia e l’undicenne (o quattordicenne, ma non cambia granché il concetto) Isabella di Brienne, figlia di Giovanni, re di Gerusalemme.
Intanto l’occasione sarebbe più che ghiotta per ammirare i famosi mosaici che dovevano risalire alla primitiva cattedrale normanna edificata da Ruggero II e andati quasi completamente distrutti in seguito al terremoto del 1743. E quindi gustarmi gli addobbi eseguiti per l’augusta circostanza e la sontuosità dei vestiti delle dame, in uno con le lucide armature dei nobili cavalieri e dei Crociati. Ma, soprattutto, vorrei accertarmi della bellezza di questa sposa bambina a cui, sembra, Federico abbia preferito ˗ fin dalla prima notte di nozze! ˗ la più avvenente cugina Anais. Insomma, mi piacerebbe capire fino a che punto Federico antepose alle ragioni del cuore quelle di stato e se, in definitiva, fu davvero un grande imperatore, per giunta innamorato di Brindisi tanto da apostrofarla “filia solis” (senza immaginare che, otto secoli dopo, quell’appellativo elevato dall’attuale Presidente della Provincia a brand d’un intero territorio, avrebbe rischiato di provocare una grave crisi istituzionale!).

Chiuderei questo tuffo nel passato con una ricognizione al Palazzo di Città degli inizi del secolo scorso, allo scopo d’assistere alle sedute consiliari che hanno scandalosamente sanzionato le offese più grandi fatte a Brindisi. Quelle di fronte alle quali le violenze dei dominatori succedutisi nel corso dei secoli rappresentano ben poca cosa. Per questo mi piacerebbe ascoltare le “motivazioni” addotte dai quei nostri rispettabili concittadini a giustificazione della gratuita distruzione delle testimonianze storiche cittadine. Vorrei fissarli negli occhi quei relatori e contare una per una le mani che si sono levate per decretare la sparizione delle antiche mura, delle possenti Porte, dei Bastioni, del (vecchio) teatro Verdi, del più nobile tra i quartieri, quello incolpevolmente affacciato sul seno di Ponente …
Milan Kundera, a proposito del passato, diceva che “il suo abito è fatto di taffettà cangiante e, ogni volta che ci voltiamo a guardarlo, lo vediamo con colori diversi”. Forse è meglio vederlo così il passato, come dice lui, senza alcun aiuto da parte di mostruose macchine del tempo che rischierebbero di riportare alla luce realtà sempre scomode da mandare giù …

Guido Giampietro


Ultime pagine I canali Ricerca

Rassegna stampa
Brundisium Tv
Sfondi per il desktop
Fiamma - La sala giochi
Brindisi Links


Chi siamo | Contattaci | Credits | Note per gli utenti | Indice del sito | | Brundisium.net in home page