Approfondimenti » 06/06/2013
Venere double fas. Di Gabriele D'Amelj Melodia
VENERE DOUBLE FAS
L'altra faccia, poco nota, della dea della bellezza
Se pensate che Venere, la dea della bellezza sensuale, sia soltanto quella oleograficamente rappresentata nelle dediche, nelle invocazioni che aprono poesie e racconti epici o nella miriade di tele e statue della tradizione, che la tenera, pudica fanciulla nata dalla spuma del mare sia solo una dolce donnina piena di grazia dispensatrice di fiori e di baci...be', allora vi sbagliate di grosso.
Afrodite, alias Venus, detta anche Ciprigna, cioè nata nel mare di Cipro (“...che la bella Ciprigna in folle amore/ raggiasse...”Dante, PAR.Canto VIII, incipit), Ninfea, Epistrofia, Asteria, Morfo, Citerea e Callipigia (dalle belle chiappe, questo epiteto lo conoscono tutti!) figlia di Zeus e di Dione, sposa di Efesto (Vulcano) che cornificò con una moltitudini di amanti (Ares, Ermes, Poseidone, Dionisio, Adone, Anchise, con cui generò il “Pio” Enea, ecc), è il mitico simbolo dell'avvenenza femminea ma, al pari degli immortali colleghi, è una dea antropomorfa e quindi anche una donna. Come tutte le rappresentanti del c.d. sesso debole, ha infatti le sue virtù e i suoi difetti, le sue paranoie, le sue debolezze. Il retro della medaglia ci svela il lato orribile, composto da un groviglio di sentimenti negativi che vanno dall'invidia alla gelosia morbosa, dalla cattiveria pura alla brama di vendetta. Già Stazio, nella Tebaide, descrive “L'ira di Venere”, irrefrenabilmente scoppiata perché, a suo giudizio, le vestali non la stavano onorando a dovere.
Ma è nell'”Asino d'oro”(“Le Metamorfosi”) di Apuleio, in particolare nel libro che ci racconta la favola di “Amore(Eros) e Psyche”(L'anima), che troviamo... la più sorprendente e inaspettata...metamorfosi di Venere. Gelosa pazza della fresca avvenenza di Psyche, colpevole anche di aver fatto innamorare suo figlio Amore (detto anche Cupido), la dea si abbandona agli istinti più bassi, tramando una vendetta ferale nei confronti della giovinetta.
Pensate che, quando, al colmo della collera, incontra Cerere e Giunone, costoro, vedendola stravolta, le chiedono ragione di quel volto gonfio di ira e “di quello sguardo torvo che sciupava la bellezza dei suoi occhi luminosi come le stelle”. Altro che l'”Alma Venus, Aenerdum genetrix, hominum divumque voluptas “ cantata da Tito Lucrezio Caro nella famosa “Invocazione” del ”De Rerum Natura”! Altro che “L'immortale Afrodite dal trono adorno“ omaggiata da Saffo!
Qui siamo di fronte ad un' Erinni furente, ad una suocera terribile che sottopone la povera ragazza a prove tremende, fino all'ultima, davvero insuperabile, di scendere giù nell'Ade a farsi riempire da Proserpina un'ampolla di nettare della bellezza. Meno male che la brutta storia si svolge nell'ambito di una fabella (favoletta) , e così la magnanimità di nonno Giove rabbonisce la figlia Venus e sull'Olimpo viene subito organizzato un bel banchetto di nozze per ufficializzare la relazione tra i due giovani.
“E -conclude Apuleio- quando i tempi furono maturi per il parto”, nacque una figliola che noi chiamiamo Voluttà”. Non aggiunse il canonico “E vissero felice e contenti” ma questo è sottinteso. E Venere? Continuò ad ispirare poeti e pittori per l'eternità, fornendo gli aggettivi derivati dal suo nome anche a certe malattie tipiche di quegli apparati che le sono consoni..
ICONOGRAFIA PRINCIPALE
I pittori che hanno raffigurato la dea dell'eros si dividono, grosso modo, in due schiere di
antitetici esteti, a) quelli che l'hanno vista come una moderna pin up dal fisico slanciato
(Botticelli, Cranach, Lotto, Bronzino, Tintoretto, Reni, Velasquez) e quelli invece che l'hanno concepita come una matrona dalle forme generose e dalle terga monumentali ( Guercino, Tiziano, Rubens, Hayez, Ingres e, naturalmente, Botero). Volendo ridurre al massimo gli esempi-pilota da non dimenticare, citiamo:
1) BOTTICELLI:“La nascita di Venere”, con una eterea dea che con una mano copre il seno e con l'altra le pudenda (oggi si direbbe la “patatina”).
2) RUBENS:“Venere allo specchio”, con una biondazza rubensianamente “culona”
E per la scultura:
3) ALESSANDRO DI ANTIOCHIA: “La Venere di Milo”, statua troppo sopravvalutata, forse solo a causa delle sue mutilazioni.
4) CANOVA: “Venere Italica”, sembra la sorella di Paolina, bella e seducente, con una postura a ¾ per meglio far risaltare le superbe natiche alla brasiliana di cui era dotata
la stupenda figlia di Zeus(Giove). Ma era poi figlia del re degli Dei o della spuma di
mare?Questo è uno dei tanti misteri dell'affascinante e complicata mitologia classica.
Gabriele D'Amelj Melodia
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